A oltre trent'anni dall'assedio Vukovar appare come una bella città di provincia, con quasi tutti gli edifici del centro ristrutturati, compresa la torre simbolo della città, oggi un museo. Le divisioni però rimangono e in molti hanno ormai abbandonato la città
“Abbiamo fatto nove ore di autobus per arrivare, ma essere qui è molto importante”. Su una collina non lontano dal centro di Vukovar, Tamara Beletić accompagna un piccolo gruppo di studenti venuti da Cittanova in Istria.
Come altre scolaresche attorno a loro, stanno per visitare l’edificio simbolo dell’assedio della città nel 1991: la torre dell’acquedotto, che durante la guerra fu bersagliata dall’esercito jugoslavo e dai paramilitari serbi con più di 600 colpi di artiglieria.
Nel 2020 la torre è stata ristrutturata e oggi è un museo con una bella vista sul Danubio e sulla vicina Serbia. “Avevo la loro età quando è scoppiata la guerra… Non ne sapevo molto. L’ho seguita in televisione, come se fosse un film”, prosegue l’insegnante.
“Spero che durante questa gita loro abbiano imparato qualcosa sul conflitto e su quello che è successo all’epoca”, aggiunge Tamara Beletić con lo sguardo rivolto verso i suoi studenti.
Un programma del governo croato prevede che tutti gli allievi all’ottavo anno delle elementari (l’equivalente della nostra terza media) vengano in visita a Vukovar.
La “città degli eroi” – com’è spesso chiamata in Croazia – occupa un posto particolare nell’immaginario collettivo. Il suo assedio, che si trascinò per quasi tre mesi dall’agosto al novembre del 1991, segnò l’inizio delle ostilità in ex Jugoslavia e la caduta della città, il 18 novembre 1991, è commemorata ogni anno con una processione a cui partecipano le massime autorità dello Stato e migliaia di veterani.
Quello che succede a Vukovar ha insomma grande risonanza nella società croata ed è anche per questo che il sindaco del comune, arrivato al suo terzo mandato, è riuscito negli ultimi anni a ritagliarsi un ruolo politico di primo piano, fino ad arrivare al potere nelle ultime settimane.
Parliamo di Ivan Penava, presidente del “Movimento della Patria”, una formazione di estrema destra che dopo le elezioni legislative del 17 aprile è diventata il principale alleato di governo del Primo ministro Andrej Plenković. Sindaco e deputato, Ivan Penava è stato eletto vice-presidente del parlamento.
Per capire cosa può portare il nuovo governo croato, per la prima volta sostenuto da un partito apertamente filo-ustascia, siamo andati a vedere che aria tira nella Vukovar di Penava.
Vukovar, trent’anni dopo
A più di trent'anni dall’assedio, Vukovar appare a prima vista come una bella città di provincia. Quasi tutti gli edifici del centro sono stati ristrutturati e il comune vanta nuovi parchi, centri commerciali e anche una piscina ultramoderna.
I fondi europei hanno contribuito alla trasformazione della città. “Vukovar è rinata dalle ceneri come una fenice”, ci confida con orgoglio il vicesindaco Filip Sušac. Anche i cittadini che incontriamo per le strade del centro ammettono che “le cose vanno molto meglio” e si dicono in generale soddisfatti dell’amministrazione Penava, al potere da dieci anni.
All’interno del mercato coperto, una nuova struttura inaugurata nel 2017, incontriamo Kristina, una giovane donna venuta a vendere i prodotti dell'azienda agricola di famiglia.
“Ho lasciato Vukovar nel 1991 assieme ai miei genitori e sono cresciuta come rifugiata vicino a Zagabria – racconta Kristina – Siamo tornati qui nel 2001 e i primi anni sono stati terribili. Non c’era lavoro e io per anni ho lavorato come cameriera a Dubrovnik”. “Oggi la situazione è migliorata parecchio”, afferma la donna, che oltre a vendere frutta e verdura al mercato, ha un impiego all’ufficio postale.
“Diciamo che trovare un lavoro a Vukovar oggi non è un problema. Un’altra cosa però è trovare un posto nel settore per cui si ha studiato. Io sono laureata in economia, ma per trovare un lavoro nel mio ambito servono conoscenze e possibilmente la tessera di partito dell’HDZ”, prosegue Kristina, secondo cui “gli stipendi da queste parti sono bassi e per questo la gente continua a partire”.
Nonostante il restyling dei suoi edifici, Vukovar continua infatti a perdere abitanti. Alla vigilia della guerra, nel 1991, erano in 46mila a vivere da queste parti. Nel 2001 sono scesi 31mila e l’ultimo censimento nel 2021 ne ha registrati appena 23mila.
Divisione etnica
Ivan Penava è stato eletto per la prima volta nel 2014 quando era ancora membro dell’HDZ, il partito del premier Plenković. A partire dal 2016, ovvero da quando l’attuale premier ha preso la guida del principale partito conservatore croato, Penava ha moltiplicato le critiche nei confronti di Plenković e della sua politica “moderata”.
Nel 2020, l’ala dura dell’HDZ ha lasciato il partito e fondato il Movimento della Patria (Domovinski Pokret) e l’anno dopo, Penava ne ha preso le redini, portando così a termine una parabola politica costruita sul nazionalismo e sull’immagine inamovibile di Vukovar, “città martire” associata sempre e solo al conflitto degli anni Novanta.
In qualità di sindaco, Penava si è fatto notare a livello nazionale per essersi opposto apertamente all'installazione dei cartelli bilingue in alfabeto latino e cirillico, rifiutandosi di applicare le decisioni della Corte Costituzionale.
Fino al censimento del 2021, la minoranza serba a Vukovar aveva infatti diritto al bilinguismo, rappresentando più di un terzo della popolazione. L’ultima rivelazione statistica ha tuttavia sancito il calo dei serbi sotto la soglia del 30%, mettendo così fine all’annosa polemica che ha fatto di Penava una figura di riferimento della destra dura in Croazia.
Alla Casa dell’Europa, un’associazione che lavora tra le altre cose per il dialogo tra la maggioranza croata e la minoranza serba in città, la direttrice Dijana Lazić ammette che “Vukovar è una città che vive ancora nel trauma, anche perché tantissime persone sono ancora date per disperse”.
Le ricerche realizzate dall’associazione mostrano che “i cittadini non sono soddisfatti, anche quelli che hanno votato per l’opzione politica al potere in città”. “Non sono contenti perché Vukovar è troppo spesso un poligono di tiro per i politici, sia a livello locale che nazionale”, prosegue Dijana Lazić, secondo cui “a ogni tornata elettorale le relazioni tra le etnie si deteriorano”.
Le divisioni rimangono, i giovani sono più radicali dei genitori e la colpa sta nella “negligenza politica”.
Minaccia ai serbi
In cambio del suo sostegno ad Andrej Plenković, riconfermato premier per la terza volta dal 2016, il sindaco di Vukovar e il suo Movimento della Patria hanno ottenuto l’esclusione dei serbi dal prossimo esecutivo.
Seduto in un caffè del centro di Vukovar, Dušan Velimirović, un giovane serbo impiegato come giornalista in una testata locale assicura di non essere particolarmente preoccupato.
“Sicuramente la retorica del Movimento della Patria non aiuta e in città ci sono già regolarmente risse tra serbi e croati. Ma va anche detto che si tratta sempre delle stesse persone e che tutto quello che succede qui è osservato con la lente di ingrandimento”, afferma Velimirović.
A livello nazionale, il giovane giornalista sostiene che “tutti i governi Plenković sono stati finora pro-europei e sono certo il primo ministro non permetterà serie restrizioni ai diritti dei serbi”.
Dall’altro lato, però, “ogni dichiarazione sui social così come l’intero programma del Movimento della Patria sono anti-serbi e penso che ci saranno problemi con [il finanziamento delle] istituzioni serbe”, conclude Dušan Velimirović.
Proprio nei giorni in cui a Zagabria veniva formato il nuovo esecutivo, diversi deputati del Movimento della Patria hanno chiesto il taglio dei finanziamenti al settimanale serbo Novosti. Al riguardo il premier Plenković si è limitato a rispondere “vedremo”.
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