© Syda Productions/Shutterstock

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Per i cittadini delle aree di frontiera accedere a servizi sanitari di qualità può essere difficile. La cooperazione transfrontaliera grazie anche alla politica di coesione Ue può rappresentare una risposta efficace per garantire a tutti il diritto alla salute. Un’intervista

12/02/2024 -  Serena Epis

Nel 2020, la pandemia di Covid-19 ha reso più evidente la dimensione europea della sanità, stimolando un rafforzamento del ruolo dell’Ue in un ambito che è storicamente di competenza degli Stati Membri. Allo stesso tempo, l’emergenza sanitaria ha esposto non solo le fragilità dei sistemi sanitari nazionali, ma anche le disuguaglianze in termini di accessibilità e qualità dei servizi tra i 27 paesi dell’Unione.

In questo contesto, la cooperazione sanitaria transfrontaliera può fare la differenza nel ridurre le disparità tra regioni europee e il conseguente rischio di discriminazione e marginalizzazione. Esistono infatti diversi casi in cui due o più territori limitrofi hanno deciso di unirsi e sperimentare forme di cooperazione nell’intento di offrire quelli che possono essere chiamati a tutti gli effetti “servizi pubblici frontalieri”.

A questo tema è dedicato il volume “La cooperazione sanitaria transfrontaliera: sfide ed esperienze ” pubblicato nel 2022 da CNR - ISSIRFA.

La cooperazione sanitaria transfrontaliera:
sfide ed esperienze 
A cura di: Gabriella Saputelli, Raffaella Coletti
Editore: Giuffrè, 2022

Il volume, frutto di una collaborazione e di uno scambio tra diversi portatori di interessi, tra cui referenti del Dipartimento politiche di coesione, del Ministero della Salute, docenti, ricercatori, esperti di diritto sanitario e di cooperazione territoriale, è diviso in due parti: la prima parte inquadra il diritto alla salute e il principio della libertà di cura all’interno dell’ordinamento europeo, mentre la seconda analizza studi e casi concreti di iniziative di collaborazione sanitaria in diverse aree transfrontaliere dell’Ue.

Abbiamo intervistato Raffaella Coletti e Gabriella Saputelli, autrici e curatrici del volume.

La politica sanitaria non rientra tra le competenze esclusive dell’Ue: in questo settore l’Unione può infatti limitarsi a coordinare ed eventualmente integrare le politiche degli Stati Membri. Esiste comunque un quadro normativo di riferimento a livello europeo?

Il tema della salute è presente già nei trattati: nell’articolo 168 del Trattato sul Funzionamento dell’UE si legge infatti che l’Ue incoraggia la collaborazione tra gli Stati Membri per migliorare la complementarietà dei servizi sanitari nelle regioni di frontiera e per fornire una risposta adeguata ad eventuali minacce sanitarie transfrontaliere.

Esiste poi un quadro comune di riferimento composto da due regolamenti relativi ai sistemi di sicurezza sociale (987/2009 e 883/2004 ) e una direttiva sui diritti dei pazienti in ambito di assistenza transfrontaliera (24/2011 ). Quest’ultima, recepita in Italia nel 2014, mira a tutelare il diritto dei cittadini di poter accedere alle cure in paesi diversi da quello di origine.

Si tratta in ogni caso di un contesto normativo in continua evoluzione. Con la pandemia il tema della salute europea è diventato ancora più importante, sappiamo ad esempio che ci sono stati tanti casi di pazienti trasferiti non solo a livello nazionale ma anche europeo. La pandemia ha avuto un doppio impatto in questo senso: da un lato, ha stimolato l’attenzione nei confronti del tema, dall’altro ha rallentato alcuni processi già avviati per poter rispondere all’emergenza in corso.

In un passaggio dell’introduzione al volume si legge che “le aree transfrontaliere si confermano come essenziali laboratori per il rafforzamento della tutela della salute e dell’assistenza sanitaria a livello europeo”.  Perché le aree di frontiera sono così importanti per rafforzare il diritto alla salute in Ue?

L’emergenza dovuta al Covid-19 non solo ha riportato l’attenzione sull’importanza della tutela della salute a tutti i livelli, ma anche spinto la Commissione europea ad avviare la prima valutazione della direttiva sulla cooperazione sanitaria transfrontaliera. Va specificato che in questa direttiva la parola “transfrontaliera” non viene usata per indicare aree transfrontaliere limitrofe; il senso è piuttosto quello del diritto alla salute che supera i confini e che dunque deve essere garantito in ogni paese.

Tuttavia, dallo studio della Commissione è emerso che questa direttiva viene applicata soprattutto nelle aree di frontiera e il motivo è piuttosto evidente: sebbene in teoria sia possibile andare ovunque per ricevere le cure necessarie, è pur vero che è più difficile recarsi in un posto in cui non si è mai stati, di cui non si conosce la lingua e, soprattutto, che è molto lontano. Questo spiega perché le aree di frontiera sono diventate luoghi in cui sperimentare nuove forme di integrazione. Anche nelle aree di frontiera in realtà non è così facile, perché i sistemi sanitari sono diversi tra loro ed emergono spesso ostacoli di carattere burocratico-amministrativo.

Il libro presenta diversi esempi di buone pratiche e casi di cooperazione sanitaria transfrontaliera di discreto successo. Ne potete citare alcuni?

In tutta l’Ue esistono vari esempi di esperienze di collaborazione sanitaria virtuose e di successo. Nel libro ne vengono presentate alcune, ad esempio tra Francia e Belgio, Francia-Germania-Paesi Bassi, Francia e Germania, Italia e Francia. 

Un capitolo, a cura del Gruppo Europeo di Cooperazione Transfrontaliera GECT GO, è poi dedicato al  caso Italia-Slovenia, che rappresenta uno dei fiori all’occhiello delle esperienze di cooperazione sanitaria transfrontaliera che coinvolgono l’Italia. Nell’ambito del GECT-GO e attraverso il sostegno del programma Interreg Italia - Slovenia le città di Gorizia e Nova Gorica hanno fatto un vero e proprio investimento sulla salute, si parla addirittura di sperimentazioni per un Centro Unico di Prenotazione (CUP) transfrontaliero.

In che modo la cooperazione sanitaria transfrontaliera si intreccia con la politica di coesione?

In generale, l’enorme impatto della pandemia ha fatto sì che il tema della salute avesse una posizione centrale nella fase di programmazione dei fondi per il settennato 2021-2027. Tra le novità principali dell’attuale programmazione c’è ad esempio il programma EU4Health, i cui fondi servono proprio a rafforzare i sistemi nazionali e favorire la collaborazione anche a livello europeo. Questa scelta rappresenta senza dubbio uno sforzo di armonizzazione tra i vari sistemi sanitari e, in generale, un investimento nel settore sanitario chiaramente maggiore rispetto al passato.

Anche nella politica di coesione la salute rappresenta un tema molto rilevante, sostenuta nell’ambito delle risorse FESR (per migliorare le infrastrutture sanitarie) e FSE+ (per aiutare i gruppi vulnerabili ad accedere all’assistenza sanitaria). Da vari anni i programmi di Cooperazione Territoriale Europea (CTE) - Interreg sono poi tra gli strumenti principali utilizzati per promuovere iniziative di cooperazione sanitaria transfrontaliera. Nella fase acuta del Covid-19, le risorse Interreg - così come le risorse della politica di coesione destinate all’obiettivo investimenti per la crescita e l’occupazione - sono state inoltre usate per rispondere all’emergenza.

Nella programmazione 21-27, attualmente in corso, vi sono diversi strumenti per sviluppare la cooperazione transfrontaliera in ambito sanitario. La sfida nel prossimo futuro sarà quella di valorizzare al meglio i risultati che si raggiungono con i programmi CTE nel contesto delle politiche regionali. Nel nostro paese questo è particolarmente rilevante, vista la competenza delle Regioni in materia di “tutela della salute”.

Ci sono prospettive di sviluppo promettenti in questo senso?

Come detto, la pandemia ha acceso i riflettori sull’argomento, che comunque da qualche anno stava già attirando molta attenzione; il crescente interesse al tema della cooperazione sanitaria transfrontaliera è confermato dal numero di studi e ricerche pubblicati di recente. Come CNR ISSIRFA abbiamo appena pubblicato un altro volume sul tema, curato in collaborazione con i colleghi di EURAC Research (Istituto di studi federali comparati), che si focalizza in maniera specifica sull’area Tirolo Alto Adige Trentino

Dal punto di vista pratico, è sempre più evidente la necessità di operare su diversi livelli: a partire dal quadro normativo europeo, che dovrà essere attuato meglio, all’esigenza di rafforzare le relazioni bilaterali tra Stati, soprattutto con riferimento alla gestione amministrativa (si pensi ad esempio al tema dei rimborsi delle spese sanitarie).

In generale, la necessità di superare gli ostacoli burocratici alla cooperazione transfrontaliera non riguarda solo l’ambito sanitario, ma è una sfida centrale nell’attuale periodo di programmazione Interreg; altra sfida di estrema attualità è legata alla già citata esigenza di collegare meglio i programmi di cooperazione transfrontaliera con le politiche regionali. Sono ambiti sui quali nella programmazione 2021-2027 la Commissione europea sta investendo, in termini di risorse e di riflessione. Complessivamente la cooperazione transfrontaliera in materia sanitaria rappresenta senz’altro un campo di studio e sperimentazione aperto e con buone prospettive di sviluppo.

Webinar

Dall’esperienza del GECT-GO ne avevamo parlato anche in un webinar organizzato lo scorso anno in collaborazione con Il Sole 24 Ore. In quell’occasione avevamo esplorato le opportunità di sviluppo in ambito sanitario a livello europeo, tra cui le iniziative di cooperazione sanitaria transfrontaliera, supportate anche attraverso gli investimenti della politica di coesione.

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Energy4Future" cofinanziato dall’Unione europea (Ue). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina "Energy4Future"


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