“Sogno Georgiano”, la coalizione di governo guidata da Bidzina Ivanishvili, aveva promesso di proseguire con l'integrazione euro-atlantica e allo stesso tempo riavvicinarsi a Mosca. Ma non tutto sembra andare come previsto
Ad un mese dall'arrivo al potere della coalizione "Sogno georgiano", le promesse in materia di politica estera si rivelano altrettanto difficili da mantenere quanto quelle di politica interna.
Durante la campagna elettorale, la politica estera era rimasta sullo sfondo: dibattiti e promesse si erano concentrati su questioni economiche e sociali, le tariffe dei servizi e così via. Tuttavia, un paese con la posizione geopolitica della Georgia non può permettersi di ignorare la politica estera. Le promesse dei “sognatori” (termine frequentemente usato per riferirsi ai membri di “Sogno georgiano”, la coalizione uscita vincitrice dalle elezioni di ottobre) sono estremamente contraddittorie e quasi incompatibili fra loro.
Più di tutte, forse, quella di mantenere l'indirizzo filo-occidentale (integrazione europea e nella NATO), ma al tempo stesso migliorare le relazioni con la Russia. Bidzina Ivanishvili ha più volte dichiarato di poter convincere la Russia che l'integrazione europea della Georgia non entra in conflitto con gli interessi di Mosca. Non ha però specificato come intende farlo, lasciando comunque l'impressione ai propri sostenitori di avere un piano in questo senso. Il mese appena passato ha tuttavia dimostrato l'irrealismo delle promesse del "Sogno georgiano".
Sogno e realtà
Nei primi giorni al potere, il primo ministro Ivanishvili ha nominato suo rappresentante personale per i rapporti con Mosca un ex ambasciatore in Russia, l'autorevole analista Zurab Abashidze. Secondo lui, questa è la prima iniziativa che mira a dimostrare la disponibilità della Georgia a migliorare le relazioni con Mosca. Tuttavia, la reazione russa è stata tiepida, come del resto ci si poteva aspettare. Al di là di dichiarazioni più amichevoli rispetto al precedente esecutivo, la sostanza è rimasta la stessa: la Georgia non cambierà la sua politica estera e non intende diventare filo-russa.
A sua volta, Mosca non si fa certo in quattro per riallacciare i rapporti con la Georgia, e l'idea dei “sognatori” che sia interessata all'amicizia con Tbilisi è decisamente esagerata: in realtà, si tratta per la Russia di un problema secondario. La posizione di Mosca è molto chiara: il ripristino dei legami economici tra i due paesi va tutto nell'interesse della Georgia e non fa alcuna differenza per la Russia, quindi Mosca può permettersi di attendere che Tbilisi faccia il primo passo. È sintomatica in questo senso la dichiarazione di Medvedev, anch'essa molto cordiale, ma che pone una condizione imprescindibile per il ripristino delle relazioni: la Georgia deve "riconoscere la nuova realtà", ovvero riconoscere le regioni separatiste.
Si tratta di una condizione impossibile da soddisfare: un governo che riconoscesse l'indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud durerebbe al massimo due settimane. Lo stesso Ivanishvili ha chiaramente affermato che la questione non ammette compromessi: le relazioni diplomatiche fra Georgia e Russia non saranno ripristinate finché la Russia non si rifiuta di riconoscere Abkhazia e Ossezia del sud. E così, la politica estera di "Sogno georgiano" è fallita ancor prima di cominciare: non ci sarà alcun miglioramento, se non nella retorica più neutra e cordiale.
Il massimo che può attualmente ottenere la Georgia è l'apertura del mercato russo ai prodotti georgiani. Tuttavia, contrariamente all'opinione prevalente, ciò non porterà ad una crescita economica significativa. Il mercato russo, infatti, è già affollato di tutto ciò che è possibile immaginare e vi è molta concorrenza. Inoltre, è importante ricordare che fino al 2006 si trattava di un mercato aperto alla Georgia, e questo non era certo bastato a portare prosperità al paese. In ogni caso, un processo di armonizzazione che porti alla riapertura di quello sbocco commerciale sarebbe presumibilmente lungo e complesso, come è avvenuto nel caso della Moldavia.
I rapporti con l'Occidente
Il pacifico cambio di governo in Georgia ha suscitato grande soddisfazione negli alleati occidentali, che vi hanno visto un grande progresso nella costruzione di istituzioni democratiche. Va inoltre osservato che l'Occidente ha svolto un ruolo enorme nel rendere possibile tale alternanza: nel corso della campagna elettorale, il Movimento Nazionale ha dovuto fare i conti con l'opinione pubblica internazionale e non ha potuto utilizzare appieno tutte le sue risorse nella lotta contro i “sognatori”. Anche il riconoscimento della sconfitta elettorale da parte di Saakashvili è legato alla rigida posizione occidentale in merito. Tuttavia, al momento, nemmeno i rapporti fra Ivanishvili e l'Occidente sono idilliaci, soprattutto per le dure critiche suscitate dall'arresto di alcuni ex funzionari del governo Saakashvili.
A prima vista, il Sogno georgiano ha argomentazioni di ferro: non si tratta di arresti politici, ma di specifiche accuse penali. Tuttavia, la realtà è piuttosto diversa, poiché molti arresti si basano su accuse assai poco convincenti, e per giunta di poco conto: offese verbali ai subordinati, una rissa al ristorante di un anno e mezzo fa, una perdita di 3 tonnellate di benzina, e così via. Sullo sfondo di una propaganda elettorale che faceva balenare terribili crimini, questo tipo di accuse fa pensare a motivazioni politiche alla base degli arresti.
Inoltre, i “sognatori” sono impegnati in una guerra aperta ai governi locali eletti nel 2010, nella gran parte dei quali, compreso quello di Tbilisi, il Movimento Nazionale è in maggioranza. La guerra passa principalmente attraverso ispezioni finanziarie e picchetti alle sedi dell'amministrazione locale. Secondo i “sognatori”, si tratterebbe nel primo caso di ordinarie revisioni del tutto estranee alla politica, nel secondo di iniziative della popolazione, non controllate dal "Sogno georgiano". Se nel primo caso l'argomento è verosimile, nel secondo si tratta con tutta probabilità di una menzogna: in Georgia, tutti sanno che nel Sogno non si muove foglia senza l'approvazione personale di Ivanishvili.
Così, nonostante la retorica generalmente benevola da entrambi i lati, le prime settimane non sono state facili per il nuovo governo. Ivanishvili ha reagito alle critiche in modo un po' miope, ad esempio prendendosela con l'autorevole Washington Post per un articolo critico sul nuovo governo, e affermando che nulla cambierà nel paese solo per qualche critica dall'estero. "Il governo georgiano sa cosa succede nel paese e sa come comportarsi", ha dichiarato.
Non è chiaro se sia per questo che Ivanishvili ha rimandato una visita prevista negli Stati Uniti a data da destinarsi: ufficialmente, la cancellazione è legata ai grandi carichi di lavoro. Inoltre, dopo la prima trasferta a Bruxelles, nei prossimi mesi non è prevista alcuna visita all'estero, o in ogni caso non vi sono informazioni ufficiali al riguardo. La politica estera georgiana è quindi rimasta invariata, ma le difficoltà strategiche sono già emerse in modo evidente.
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