Il Torino Film Fest, giunto alla sua 42sima edizione, cambia pelle: nel ricco programma, però, continuano ad avere molto spazio le produzioni dell'Europa balcanica ed orientale, con un occhio di riguardo alle proposte che vengono dall'Ucraina in guerra
Riuscirà l’Ucraina, vincitrice un anno fa del Torino Film Festival con “La Palisiada” di Philip Sotnychenko, a ottenere anche quest’anno il primo premio nella rassegna torinese? In lizza, tra i sedici concorrenti del concorso internazionale, c’è “Dissident” di Stanislav Gurenko e Andrii Al’ferov, storia di Oleg, reduce della Seconda guerra mondiale, che torna a casa. I restanti film, tutti opere prime e seconde, si annunciano in gran parte da scoprire e i nomi già noti sono pochissimi.
Non sono le uniche incognite di una manifestazione giunta alla 42° edizione (in programma da giovedì 22 al 30 novembre, informazioni www.torinofilmfest.org ) e che sta cambiando pelle rispetto al passato. La direzione è stata affidata al regista Giulio Base, che ha compiuto scelte nette: meno sezioni, meno film (120 titoli, contro i circa 200 delle ultime edizioni) e molti più ospiti di nome, anche senza accompagnare lavori nuovi.
Ben 11 le Stelle della Mole, ovvero registi e attori che riceveranno il riconoscimento onorario. I primi cinque premiati saranno presenti nella serata inaugurale: Matthew Broderick, Giancarlo Giannini, Rosario Dawson, Vince Vaugh e Ron Howard. Quest’ultimo è il regista del film d’apertura, il thriller “Eden” con Jude Law, Ana De Armas, Vanessa Kirby e Daniel Brühl, che uscirà presto in Italia. Gli altri premiati sono Emmanuelle Béart, Ornella Muti, Michele Placido, Julia Ormond, Alec Baldwin e Sharon Stone.
In chiusura è prevista l’anteprima del biografico “Waltzing with Brando” di Bill Fishman con Billy Zane nel ruolo di Marlon Brando, cui sarà dedicata una retrospettiva in occasione del centenario della nascita.
Sollecita curiosità e simpatia “AmicheMai” di Maurizio Nichetti con Angela Finocchiaro e Serra Ylmaz, inserito nella sezione non competitiva Zibaldone. È il ritorno dietro la macchina da presa del regista milanese di “Ratataplan” dopo oltre vent’anni, un road-movie che accompagna due donne in viaggio dall’Italia alla Turchia.
Le tre competizioni – lungometraggi, documentari e cortometraggi – saranno giudicate da giurie presiedute da Margaret Mazzantini, Roberta Torre e Michela Cescon, ma nella giuria lungometraggi siederà il regista macedone Milcho Manchevski e nella giuria cortometraggi l’attore serbo Darko Perić.
Per l’Italia nel concorso lungometraggi ci sono due titoli: “n-Ego” di e con Eleonora Danco, rivelata proprio da Torino nel 2016 con “N-Capace”, ed “Europa centrale” di Gianluca Minucci, metaforico viaggio in treno di una coppia comunista nell’aprile 1940.
Si preannuncia interessante il polacco “Under The Grey Sky” di Mara Tamkovich sulle proteste in Bielorussia dopo le elezioni truccate da Lukashenko nel 2020. Ancora la coproduzione Usa / Bulgaria “The Black Sea” di Derrick B. Harden e Crystal Moselle. La storia del newyorchese Khalid rimasto bloccato in una cittadina sul Mar Nero che, accolto dalla gente del luogo, ricambia l’ospitalità insegnando l’hip hop.
Due sloveni competono nel Concorso documentari, si tratta di “The Silence Of Life” di Nina Blažin e “Woman of God” di Maja Prettner. Il secondo è un valido lavoro dello scorso anno che si era distinto al Festival del cinema sloveno di Portorose 2023 ottenendo tre riconoscimenti, il Vesna del pubblico, miglior montaggio e premio Fipresci della stampa internazionale. Un ritratto della quarantenne pastore evangelico Jana nella zona nord-orientale di Murska subota. Una donna nel pieno della vita e della sua missione, molto attiva su vari fronti, che si trova ad affrontare di nuovo traumi del passato e si trova davanti a dilemmi e scelte impreviste.
“The Silence Of Life” è incentrato sull’esperienza di Manca Kosir, una donna forte e positiva che presta volontariato in un hospice. Un affronta il tema della morte, cercando anche la celebrazione dell’amore e della vita.
Nel concorso cortometraggi figurano il romeno “Fine” di Octavian Saramet e il turco “The Surrogate Girl” di Onur Güler.
Di nuovo nella sezione Zibaldone è piazzato il romeno “Eight Postcards From Utopia” di Radu Jude e Christian Ferencz-Flatz, documentario con materiali d’archivio già passato al Festival di Locarno: un bel film, molto interessante e intelligente, che assembla materiale d’archivio tratto esclusivamente da pubblicità post-rivoluzione, dopo la fine del socialismo. Di Jude è assolutamente da vedere “Do Not Expect Too Much From the End of the World”, uscito nelle sale italiane nei giorni scorsi dopo il premio speciale della giuria ricevuto a Locarno nel 2023, uno dei film più belli della stagione.
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