Nelle aree attorno al confine tra Italia e Slovenia ci sono molte opportunità di cicloturismo da trasformare in benefici economici diffusi. Servono però infrastrutture e investimenti, valicando attriti storici: ci si prova con il progetto europeo InterBike III
Finché Slovenia e Italia non imboccheranno la via di un dialogo continuativo e costruttivo lungo il confine che ne tratteggia le forme, non esiste né infrastruttura, né segnaletica che possa definitivamente sbloccare il valore che il cicloturismo potrebbe avere per entrambe, se connesse.
Da presidente di Fiab Udine, ma soprattutto da abitante di un’area quasi transfrontaliera tra i due Paesi, Alberto Deana delinea qual è l’ostacolo da superare per regalare a questo territorio una maggiore rilevanza nel settore. Quella a cui potrebbe tranquillamente ambire, se si condividessero più regolarmente iniziative, servizi e proposte turistiche.
“Sarebbe comunque un percorso in salita, anche se ci liberassimo da alcuni pregiudizi e schemi mentali che frenano le collaborazioni”, poi ammette, ma fa capire che a quel punto basterebbe “solo” rimboccarsi i calzoni. E pedalare
Confini certi e ponti possibili
Soprattutto in Slovenia, anche se si ha la bici elettrica, non ci si può esimere dal forzare i quadricipiti. “Ci sono percorsi impegnativi e meno strutturati per cui serve allenamento, l’intermodalità aiuterebbe molto le connessioni transfrontaliere - spiega Deana - anche se non è solo lo sforzo fisico a disincentivarne la frequentazione da parte dei cicloturisti”.
Quelli italiani, soprattutto, più che temere la fatica, conoscono poco il patrimonio turistico sloveno. La bella Lubiana, forse, ha iniziato a incuriosirli, ma non sembrano ancora particolarmente interessati a esplorare la natura delle aree vicino alle proprie, molto varie e ricche di biodiversità, ma anche poco promosse.
Per sinergie culturali e, forse, forma mentis, ad austriaci e tedeschi non servono volantini per scegliere la Slovenia come meta. Deana li vede ricamare con soddisfazione traiettorie attorno a quel confine ancora troppo ben segnato per la maggior parte degli italiani, che optano soprattutto per giri in giornata.
Racconta che stanno tendenzialmente nel raggio di 30-40 chilometri dalla propria terra, al sicuro da possibili interazioni con chi parla spesso solo la propria lingua composta da suoni per loro estranei.
A scoraggiare la venuta dei cicloturisti sloveni in Italia, sono altri fattori: secondo Deana impattano soprattutto i prezzi alti e la carenza di indicazioni chiare anche per chi non conosce i percorsi, soprattutto se non “i soliti noti” come la Parenzana.
“Restano ancora molti ostacoli a una frequentazione fluida nelle due parti, la possibilità di realizzare una gestione condivisa è lontana - spiega - non abbiamo un rapporto continuativo con una nostra controparte slovena, non abbiamo mai ingranato. Magari la fetta di popolazione slovena che abita qui potrebbe fare da ponte, aiutandoci a interpretare meglio lo spirito del loro popolo”.
Guidando la salita del cicloturismo
Nonostante le salite, il cicloturismo nell’area fiorisce, per lo meno nella parte italiana. È Deana stesso a parlare di “un fortissimo peso sul PIL dell’intera Regione Friuli Venezia Giulia”, citando Comuni come Tarvisio e Gemona del Friuli “che basano la propria economia principalmente su questa attività”.
Sembra che il flusso di pedalatori in estate diventi addirittura complesso da gestire quando sbocca sul mare, confluendo con quello del turismo balneare. “Sulle coste si rischia di non trovare da dormire per una sola notte, a fine ultima tappa - aggiunge - andrebbero forse pensati dei ‘finali alternativi’”.
Con i loro giri fugaci, al massimo con “una puntatina alle terme”, i cicloturisti italiani non contribuiscono molto al PIL sloveno, però. E lo stesso vale viceversa, a detta di chi abita nella zona transfrontaliera.
Una cosa è certa: in generale questa modalità di frequentazione del territorio impatta sempre di più sull’economia italiana.
Nel 2022, secondo un Rapporto Isnart sul Cicloturismo, oltre 33 milioni di presenze hanno contribuito con circa 4 miliardi di euro e nel 2023 sono diventate 56 milioni, superando i 5,5 miliardi di euro.
Ammirando questa continua salita di numeri, nel gruppo dei capitani si può scorgere anche il Friuli Venezia Giulia mentre conquista il “Green Road Award 2024” con la sua Ciclovia Pedemontana e ospita uno dei primi episodi di over turismo nel mondo dei pedali.
Overturismo a tratti
La protagonista, in questo caso, è la Ciclovia Alpe Adria, il percorso di oltre 400 chilometri che accompagna i turisti da Salisburgo a Grado in otto tappe, attraverso antichi tracciati ferroviari e affascinanti tunnel, siti UNESCO e borghi medievali.
Ogni anno lo frequentano oltre 250mila persone, forse qualcuna devierebbe volentieri, se trovasse percorsi alternativi, più “immersivi”, in un territorio con un’identità territoriale forte, saporita e a tratti rimasta ancora intatta.
Quelli meno battuti, per esempio, come i tracciati che sconfinano dai vicini sloveni e potrebbero offrire ai cicloturisti locali e non una doppia sorpresa in un solo viaggio, panoramica e culturale.
L’Unione Europea ha infatti cofinanziato un progetto che sta avanzando concretamente in direzione interregionale, quella giusta per raggiungere la meta.
Puntando sul cicloturismo si prova a connettere meglio le aree transfrontaliere corrispondenti agli itinerari Adriabike (Kranjska Gora-Ravenna), D7 (Robič-Jelšane) e FVG3 ("Pedemontana e del Collio"), per spingere lo sviluppo economico, ma anche l’inclusione e l’innovazione sociale.
Si chiama InterBike III, è iniziato a ottobre 2023, dura 24 mesi e porterà alla realizzazione di una fitta e organizzata rete di percorsi, migliorando le infrastrutture di quelli esistenti e arricchendoli di servizi, ma anche aumentandone la visibilità e l’attrattività.
Uno dei fulcri pulsanti sarà il Comune sloveno di Ilirska Bistrica, con le sue nuove stazioni di noleggio e ricarica biciclette elettriche, ma anche quelli italiani di Concordia Sagittaria, Caorle e Cividale del Friuli, vedranno spuntare servizi e collegamenti volti a rendere la vita più semplice a chi li frequenta per cicloturismo.
Nei due anni di azioni diffuse, rigorosamente transfrontaliere, InterBike III realizzerà anche un’analisi del trasporto pubblico di alcune zone slovene e tre nuove linee multimodali per il trasporto di biciclette. Previsto anche il “transito” di buone pratiche di marketing e di offerte turistiche dall’Italia alla Slovenia.
Per vincere la sfida, il team di progetto sembra dovrà mostrare una elevata “repeated-sprint ability" (capacità di compiere sprint ripetuti, separati da brevi periodi di recupero).
Per arricchire di spunti la piattaforma www.bike-alpeadria.eu, ma soprattutto per lasciarsi alla spalle una volta per tutte il retaggio culturale che finora non ha permesso a queste aree di confine di beneficiare di una spinta coordinata e su entrambi suoi due pedali. Quello sloveno e quello italiano.
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Cohesion4Climate" cofinanziato dall’Unione europea. L’UE non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBCT.
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