Macedonia, il PE prende posizione sulla questione del nome
11 febbraio 2014
Con una maggioranza schiacciante (486 voti a favore, 55 contro e 29 astensioni), lo scorso sei febbraio il Parlamento Europeo (PE) ha approvato una risoluzione sul “progress report” sulla repubblica di Macedonia (FYROM).
La risoluzione, proposta da Richard Howitt, rapporteur del parlamento per la Macedonia e parlamentare dell'Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici, ha ribadito l'invito al Consiglio europeo di fissare al più presto una data per l'inizio dei negoziati di adesione all'Unione europea per il paese balcanico.
Su iniziativa del Gruppo dei Verdi, per la prima volta il PE ha preso posizione sull'annosa disputa che contrappone il paese alla Grecia, che reputa il nome “Macedonia” come parte esclusiva del proprio patrimonio storico e culturale. Questione che di fatto ha trascinato in un vicolo cieco la prospettive di apertura dei negoziati di adesione di Skopje, congelate dal 2005.
“Il Parlamento sottoscrive la proposta di un nome geografico composto [come ad esempio “Macedonia settentrionale” o “Macedonia superiore”, n.d.r.] avanzata dall'inviato speciale dell'ONU Nimetz”, recita l'emendamento in questione. “Il PE è convinto che questa proposta costituisca una buona base per il compromesso, a patto che la nazionalità, l'identità, la cultura e la lingua macedone non vengano messi in discussione”.
Secondo la portavoce dei Verdi per la politica estera e l'allargamento, l'eurodeputata Marije Cornelissen, “con la risoluzione approvata […] il PE ha finalmente preso una posizione chiara” sulla questione del nome. Una decisione che potrebbe portare ad evoluzioni importanti nella risoluzione del contenzioso con Atene.
Nel testo del documento si afferma poi che i contenziosi bilaterali non possono rappresentare un ostacolo per l'inizio dei negoziati, anche se questi devono essere affrontati e risolti in spirito di buon vicinato e basandosi sui principi cardine dell'UE.
Oltre alla disputa con la Grecia, negli ultimi anni anche la Bulgaria ha espresso crescenti dubbi sul futuro europeo della Macedonia. Sofia accusa infatti le autorità di Skopje di sottrarre indebitamente elementi della storia bulgara e di utilizzare un “linguaggio ostile” nei confronti del vicino bulgaro.
Nella risoluzione approvata viene espressa preoccupazione che la lunga e infruttuosa attesa di una data di inizio dei negoziati causa crescenti frustrazioni in Macedonia, oggi un una pericolosa impasse che potrebbe sfociare in più gravi tensioni per il paese, e contribuire alla perdurante instabilità nell'area. La Grecia, investita nel primo semestre del 2014 della presidenza a rotazione del Consiglio dell'Unione europea, è stata quindi invitata a sfruttare questo momento per ridare forza al negoziato.
Durante il dibattito che ha preceduto il voto, il Commissario per l'Allargamento Štefan Füle ha ribadito la posizione della Commissione, in linea con quella del Parlamento, di aprire i negoziati con la Macedonia, definendo poi il 2013 “un anno perso” per il paese.
Non sono mancati commenti critici, che riflettono le difficoltà ancora evidenti sulla strada del compromesso. Per il parlamentare bulgaro Andrey Kovachev (Gruppo del Partito Popolare Europeo), l'allargamento alla Macedonia può essere conseguito “solo sulla base di fiducia e verità”, e non su una dottrina nazionale [quella macedone] “basata su una storia e una verità mitoligizzate” e creata da “uno degli ultimi piani del Comintern e dello Jugo-comunismo”.
La deputata britannica Marina Yannakoudakis (Conservatori e Riformisti Europei) ha posto l'accento sui problemi ancora da risolvere in Macedonia su “riforma giudiziaria, sviluppo economico, diritti umani e relazioni di vicinato” e accusando Skopje di aver “dirottato la storia”, innalzando tra l'altro una contestata statua ad Alessandro Magno.
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