Tra l'autunno e l'inverno già in due occasioni la Moldavia ha dichiarato lo stato d'emergenza per poter saldare i propri debiti con la Gazprom ed evitare la cessazione delle forniture. La querelle, lungi dall’essere figlia di situazioni contingenti, nasconde intrecci di lunga durata
Il freddo che tradizionalmente caratterizza l’inverno moldavo ha rischiato di diventare ancor più pungente a causa della crisi energetica nella quale stava per sprofondare il paese nelle scorse settimane. Il suo principale fornitore di gas, il colosso russo Gazprom, ha infatti chiesto a Moldovagaz, la compagnia che gestisce l’erogazione in Moldavia, di pagare in anticipo le fattura del mese di gennaio, stimata in circa 25 milioni di dollari. Il parlamento moldavo si è trovato costretto a votare per l’introduzione dello stato di emergenza; in questo modo, il governo è stato autorizzato a prelevare fondi dal budget statale per sostenere Moldovagaz ed evitare la cessazione delle forniture. A seguito del voto dell’assemblea, l’esecutivo ha prontamente iniettato liquidità nelle casse della società, che ha, a sua volta, saldato il conto con Gazprom.
Il primo ministro Natalia Gavriliță, del partito PAS (Partito Azione e Solidarietà, lo stesso del capo dello Stato Maia Sandu), ha stigmatizzato l’atteggiamento di Gazprom, alludendo a possibili motivazioni politiche dietro la richiesta di pagamento anticipato. La stessa Sandu ha paventato l’esistenza di motivazioni non puramente commerciali, dichiarando che “la libertà non va scambiata con benefici materiali di breve durata ”. Di contro, l’opposizione ha accusato il governo di aver mascherato con lo stato d’emergenza la sua debolezza nelle negoziazioni con il fornitore russo. Gazprom ha invece negato l’esistenza di qualsivoglia ricatto politico, giustificando le proprie pretese con la difficile contingenza economica attuale.
Non è la prima volta che la Moldavia si trova sull’orlo della crisi energetica. Solo qualche mese fa, ad ottobre 2021, il governo aveva già dovuto dichiarare lo stato di emergenza, sempre per far fronte alle richieste di Gazprom. In quel caso la compagnia russa aveva richiesto il pagamento immediato del debito di Moldovagaz, corrispondente a circa 700 milioni di dollari. Allora Sergiu Tofilat, consigliere della presidenza della Repubblica sulle questioni energetiche, aveva accusato Gazprom di agire con evidenti motivazioni politiche . Secondo lui, le richieste del colosso energetico rappresenterebbero la punizione del Cremlino verso la Moldavia, rea di aver imboccato la strada che porta verso l’Occidente alle recenti elezioni presidenziali e parlamentari.
La querelle Gazprom-Moldavia, lungi dall’essere figlia di situazioni contingenti, nasconde intrecci complessi di lunga durata. Moldovagaz, la compagnia che gestisce l’erogazione del gas nel territorio della Repubblica dal 1999, non è di proprietà statale. Il governo, attraverso l’agenzia per le proprietà pubbliche, controlla il 35.33% delle azioni; il 50% appartiene proprio a Gazprom, che infatti impone cinque suoi rappresentanti nel consiglio di amministrazione . Gazprom detiene inoltre un ulteriore 13.44% delle azioni di Moldovagaz attraverso il cosiddetto “Comitato per la gestione del patrimonio della Transnistria”.
Il contratto stipulato da Gazprom e Moldovagaz obbliga infatti quest’ultima ad erogare il gas ricevuto da Gazprom non solo alla Moldavia, ma anche alla repubblica separatista, dove l’erogazione è gestita da un’altra società, la Tiraspoltransgaz, formalmente una controllata di Moldovagaz.
L’accordo tra Gazprom e Moldovagaz contiene diverse ambiguità, dettagliatamente segnalate da un report pubblicato nel 2017 dall’Istituto per lo Sviluppo e le Iniziative Sociali Viitorul di Chișinău, e riprese dal già citato Sergiu Tofilat in uno studio del 2020. Lo schema contrattuale prevede che Gazprom fornisca il gas a Moldovagaz, la quale poi si impegna ad erogarlo nei territori della Moldavia e della Transnistria vendendolo ai rispettivi governi. Moldovagaz paga Gazprom in due rate: la prima al momento della fornitura, la seconda una volta ricevuto il pagamento da parte delle autorità moldave e di quelle della Transnistria. Tuttavia, mentre Chișinău paga regolarmente per il gas ricevuto, le autorità di Tiraspol non saldano le cifre dovute.
Tiraspoltransgaz accumula così debito con Moldovagaz, che a sua volta accumula debito con Gazprom. Tuttavia, come bene evidenziato dal report del 2017, mentre quest’ultima detiene un debito garantito da beni reali, facilmente esigibile dai creditori, Moldovagaz è il creditore di un’entità che si trova al di fuori di un’area legalmente riconosciuta a livello internazionale, e nei confronti della quale è di fatto impossibile far valere diritti.
L’attuale accordo fa sì che un debito nato in una area ufficialmente inesistente venga trasferito all’interno dello spazio giuridico moldavo, legalizzando il sostegno di Gazprom, e di conseguenza del Cremlino, alla Transnistria. Non è un caso che, quando si è trattato di chiedere il pagamento anticipato dei debiti, Gazprom abbia preteso soltanto la quota accumulata da Moldovagaz, e non anche quella della sua controllata, la Tiraspoltransgaz, sebbene la maggior parte del debito sia stata accumulata da quest’ultima. Una richiesta che, secondo Tofilat, smentirebbe l’approccio puramente commerciale di Gazprom nelle negoziazioni con la Moldavia.
Alla luce di questa situazione, appare evidente la necessità per la Moldavia di diversificare il campo dei suoi fornitori di gas. Un’impresa, tuttavia, non semplice, tenendo in considerazione anche un altro fattore. Più dell’80% per cento dell’energia elettrica necessaria al fabbisogno moldavo è prodotta dalla grande centrale di Cuciurgan, che però si trova in Transnistria, e funziona grazie al gas russo. Liberarsi dal cappio di Gazprom potrebbe, di conseguenza, portare più danni che vantaggi nel breve-medio termine non solo al governo moldavo, ma a tutta la popolazione.
È difficile credere che il nuovo gasdotto Iași-Ungheni, che dovrebbe trasportare gas dalla Romania, possa risolvere la complessa situazione energetica della Moldavia. Porre la questione in termini di opposizione tra libertà e benefici economici di breve durata, come ha fatto Maia Sandu, appare un tentativo maldestro di polarizzare l’opinione pubblica e semplificare una problematica che, forse, necessiterebbe di qualche compromesso (anche retorico) in più.
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