Le forniture di gas russo – elemento chiave dell’economia della Transnistria – potrebbero continuare ancora per qualche anno, anche se su basi fragili. Chişinău cerca di garantirsi sicurezza energetica, ma una stabilità duratura richiede accordi anche con Tiraspol
Secondo il ministro dell’Energia moldavo, dopo la decisione dell’Ucraina di sospendere il transito del gas russo attraverso il proprio territorio, un accordo per garantire l’accesso ininterrotto di Gazprom al mercato del gas moldavo potrebbe essere a portata di mano. Anziché direttamente dalla Russia, il gas verrebbe importato attraverso Turchia, Bulgaria, Romania e, dopo un breve tratto in territorio ucraino, raggiungerebbe la Moldavia. Poi con ogni probabilità verrebbe trasferito in toto a Tiraspoltransgaz, società che si occupa della distribuzione del gas in Transnistria e che nel giugno di quest’anno è stata ufficialmente registrata e ha aperto conti bancari a Chişinău.
Considerando che oltre la metà del bilancio e una fetta considerevole dell’economia di Tiraspol dipendono, direttamente o indirettamente, dalla fornitura di gas sponsorizzata dalla Russia, il raggiungimento di un accordo è di fondamentale importanza per le autorità transnistriane ed è anche nell’interesse del governo moldavo. Quest’ultimo di certo preferirebbe rimanere concentrato sulla sua agenda per l’integrazione europea, invece di essere costretto a gestire una situazione di crisi.
Il fatto che tutte le parti preferiscano lo status quo a qualsiasi alternativa non rende però lo status quo sostenibile, né tanto meno auspicabile a lungo termine. La chiusura dei gasdotti che attraversano il territorio ucraino, prevista entro la fine del 2024, è solo la prima di una serie di scadenze che creano nuovi ostacoli, rendendo sempre più improbabile l’ipotesi di mantenere nel lungo periodo i meccanismi esistenti.
Nel settembre 2026 scadrà l’accordo quinquennale stipulato tra Moldovagaz e Gazprom nel 2021. Inoltre, l’Unione europea è attualmente impegnata a eliminare gradualmente tutte le forniture russe di combustibili fossili entro il 2027. Guardando alla mappa emerge chiaramente che il gas può arrivare in Moldavia attraverso l’Ucraina o attraverso i paesi dell’UE. Se entrambe le vie di approvvigionamento venissero effettivamente chiuse, resta un’incognita su come Gazprom riuscirebbe a garantire una fornitura ininterrotta di gas alla Transnistria.
Per essere chiari, garantire la fornitura di gas non è di per sé un problema: la Moldavia è pienamente integrata nei mercati europei del gas e dell’energia elettrica, quindi Tiraspoltransgaz può accedere al mercato europeo alle stesse condizioni delle altre aziende con sede in Moldavia. Vi è però una differenza fondamentale. Finché la Transnistria riceve il gas da Gazprom, non lo deve pagare. Se invece lo acquistasse a prezzi di mercato, Tiraspol dovrebbe effettivamente pagare per il gas consumato. Tenendo conto delle notevoli fluttuazioni dei prezzi negli ultimi anni, le spese di Tiraspol ammonterebbero indicativamente a mezzo miliardo di dollari all’anno, cifra che corrisponde a quasi la metà del Pil registrato dalle autorità de facto della Transnistria e ne supera l’intera spesa pubblica.
L’interdipendenza energetica destinata a finire
Pur non essendo di per sé insormontabili, gli ostacoli di cui sopra dimostrano chiaramente come i meccanismi prevalenti poggino su basi fragili. Essendone consapevole, Chişinău sta prendendo misure per proteggersi da conseguenze che un’eventuale sospensione delle importazioni di gas russo – sospensione che implicherebbe la fine dell’interdipendenza energetica di lunga data tra Chişinău e Tiraspol – comporterebbe per la sicurezza energetica della Moldavia.
Infatti l’80% dell’energia elettrica consumata da Chişinău è prodotta dalla centrale elettrica di Cuciurgan (Moldavskaya GRES), in Transnistria, di proprietà della compagnia statale russa RAO EES. La centrale utilizza il gas fornito da Gazprom. Attualmente, per via della disposizione delle linee di trasmissione ad alta tensione , anche l’energia elettrica importata dalla Romania deve passare dalla centrale di Cuciurgan prima di raggiungere Chişinău.
Costruendo nuove linee ad alta tensione che colleghino la rete elettrica moldava a quella della Romania, Chişinău potrebbe ricevere l’energia elettrica dall’Occidente, garantendo così un approvvigionamento continuo. Ulteriori misure comprendono il potenziamento delle capacità di produzione nazionale di energia rinnovabile, la costruzione di impianti di stoccaggio dell’energia finanziati dall’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID), e l’installazione di contatori intelligenti per favorire la riduzione dei consumi nelle ore di punta (iniziativa finanziata dal governo italiano e attuata in collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo [UNDP]).
Si prevede che il primo collegamento, che permetterà di importare energia elettrica direttamente dalla Romania (Vulcăneşti-Chişinău) senza attraversare il Dnestr, entri in funzione entro il 2025. Altre linee di trasmissione dovrebbero essere completate entro il 2028-2029. Al momento, importare elettricità dalla Romania sarebbe più costoso, ma una volta terminata la nuova infrastruttura, Mosca semplicemente non sarà più in grado di orchestrare azioni che minaccino la sicurezza energetica della Moldavia.
L’influenza limitata della Russia
Fino a qualche tempo fa, la Russia poteva esercitare pressione sulle autorità di Chişinău in vari modi, essendo stata la prima destinazione dei migranti economici provenienti dalla Moldavia, il principale paese destinatario dei prodotti moldavi legati ad alcuni settori importanti e sensibili dal punto di vista politico come vino e prodotti agricoli, e il paese di provenienza di tutte le importazioni di gas e, indirettamente, di quasi tutta l’energia elettrica consumata in Moldavia.
Se in passato tutti questi elementi potevano essere utilizzati da Mosca per far sentire la sua voce a Chişinău, oggi le forme di dipendenza, per la maggior parte, risultano attenuate, se non addirittura scomparse, compresa la dipendenza più diretta: quella dal gas e dall’energia russa.
Grazie a misure importanti adottate negli ultimi anni e al sostegno dei partner europei, Chişinău ora si sente più protetta dal pericolo del ricatto russo e più sicura di sé nei rapporti con Tiraspol. D’altra parte, Tiraspol non può più contare effettivamente sul suo protettore di lunga data, Mosca per l’appunto, se non per quanto riguarda il sostegno finanziario che attualmente riceve soprattutto attraverso le forniture di gas e il pagamento diretto delle pensioni della popolazione locale.
Maia Sandu, presidente della Moldavia, insieme all’attuale governo, intende rafforzare le recenti dinamiche, accelerando il processo di integrazione europea, anche con un sostegno politico più esplicito attraverso il referendum fissato per il 20 ottobre 2024, giorno in cui si terranno anche le elezioni presidenziali.
In un contesto in cui i tradizionali vettori di influenza stanno diventando sempre più irrilevanti, l’ingerenza nella politica interna della Moldavia potrebbe effettivamente diventare la principale scommessa di Mosca per riconquistare influenza a Chişinău. Sono infatti le forze politiche interne che godono del sostegno russo a rappresentare una minaccia considerevole per l'attuale percorso di integrazione europea della Moldavia, in particolare le forze legate a Ilan Şor (uomo politico, latitante, condannato a 15 anni di reclusione per gravi reati finanziari, attualmente residente in Russia) e l’attuale leadership filo-russa della Găgăuzia.
In vista del referendum e delle presidenziali in programma ad ottobre, è del tutto comprensibile che le interferenze russe siano la principale preoccupazione del governo filo-europeo di Chişinău, intenzionato a rafforzare la propria posizione politica. Condividendo questa preoccupazione, nel maggio 2023 Bruxelles aveva lanciato la Missione di partenariato dell'UE in Moldavia (EUPM Moldavia) allo scopo di rendere il paese più resiliente di fronte alle minacce ibride, comprese quelle legate alla cybersicurezza e alla manipolazione delle informazioni e ingerenze da parte di attori stranieri (FIMI). Dopo un inizio lento, al momento la missione sta attivamente affiancando diverse istituzioni moldave nell’attuazione delle politiche FIMI, spesso però partendo da zero e con risorse limitate all’interno dei ministeri.
“Restano ancora un paio di anni…”
In questo contesto, affrontare la questione della Transnistria chiaramente non è una priorità per le autorità di Chişinău, anche perché il raggiungimento di un ampio accordo con Tiraspol non è un requisito per l’integrazione con l'UE della Moldavia. Inoltre, stando ai sondaggi d'opinione , per il pubblico in generale quella transnistriana non è una questione prioritaria da affrontare.
Per quanto riguarda la disponibilità di gas russo in Transnistria, Chişinău vede il proprio ruolo come quello di un facilitatore: non ostacolerà la fornitura di gas e garantirà che il volume di gas di cui la Transnistria ha bisogno sia effettivamente disponibile attraverso le condotte che attraversano Romania e Bulgaria. Non intende però – cosa del tutto comprensibile – assumersi qualsiasi responsabilità economica né per il gas né per il suo transito, lasciando che il fornitore (Gazprom) e Tiraspol si mettano d’accordo su queste questioni.
“Stiamo facendo i preparativi per l’inverno sulla base dei possibili sviluppi. Anche [loro] dovrebbero fare progetti per l’inverno”, ha dichiarato in una recente intervista un funzionario del ministero dell’Energia della Moldavia. Anche Victor Parlicov, ministro dell’Energia moldavo, ha messo in chiaro che Tiraspol si dovrebbe preparare. “Finché i prezzi interni del gas nella regione della Transnistria non raggiungeranno il prezzo minimo di mercato, la regione della Transnistria continuerà a dipendere da questa congiuntura, che non può durare all’infinito. […] E potrebbero sorgere gravi difficoltà. Per questo è necessario fare i preparativi. Restano ancora un paio di anni, e penso che questo tempo debba essere utilizzato con saggezza”.
“… e questo tempo va utilizzato con saggezza”
Soluzioni temporanee potrebbero permettere di mantenere gli accordi esistenti ancora per un po’ di tempo. Però quando si guadagna tempo, è davvero importante assicurarsi che venga utilizzato con saggezza. Questo vale non solo per le autorità transnistriane, ma per tutti i soggetti coinvolti: il tracollo dei sempre più fragili meccanismi di sussidio che sostengono l’economia della Transnistria provocherebbe una crisi immediata nella regione, crisi che Chişinau semplicemente non sarebbe nella posizione di ignorare. Anche dall’Unione europea ci si aspetterebbe un intervento deciso.
Allora cosa dovrebbero fare gli attori chiave?
Tiraspol, per molti versi, ha adottato una strategia d’attesa, considerando che diversi possibili esiti dell’invasione russa dell’Ucraina potrebbero cambiare notevolmente il contesto attuale. La guerra però potrebbe protrarsi ancora a lungo e, negli scenari più plausibili, l’attuale posizione della Transnistria diventerebbe comunque insostenibile. Per quanto sia difficile, le élite politiche ed economiche locali dovrebbero riconoscere con maggiore chiarezza la necessità di riforme e dialogo, rendendosi conto che, nonostante la retorica assordante, il sostegno della Russia è sostanzialmente debole.
Allo stesso modo in cui l’anno scorso ha tradito gli impegni assunti nei confronti degli armeni del Karabakh, incolpando la leadership di Yerevan per le drammatiche conseguenze della propria inazione, oggi Mosca potrebbe abbandonare Tiraspol dando la colpa all’Occidente. In questo contesto, Tiraspol non dovrebbe fare pieno affidamento sulla continua assistenza e il sostegno di Mosca. In Transnistria, una parte dell’élite politica si sovrappone a quella economica. Le opportunità, attuali e future, di una cooperazione commerciale con l’UE potrebbero fungere da incentivo, se non da leva, per superare la situazione attuale.
Chişinău ha ragione ad insistere affinché Tiraspol si impegni ad elaborare un piano di emergenza, ma dovrebbe esplicitare maggiormente la propria disponibilità e sostegno nella ricerca di soluzioni praticabili per una transizione che sarà inevitabilmente difficile. La retorica ufficiale dovrebbe sottolineare con maggiore chiarezza l’interesse di Chişinău per il benessere degli abitanti della Transnistria (che per la maggior parte hanno già la cittadinanza moldava, o comunque ne hanno diritto), contrastando il discorso negativo attivamente promosso dalle autorità e dai media di Tiraspol. Considerando l’attuale contesto intriso di tensioni, servono sforzi attivi di sensibilizzazione per chiarire che Chişinău non ha alcun interesse a tenere la Transnistria "sotto assedio" né a rendere la vita dei suoi cittadini più difficile.
Infine, sostenendo Chişinau nel contrastare la manipolazione e l’ingerenza russa, l'Unione europea e i suoi stati membri dovrebbero sottolineare quanto sia importante trovare una soluzione che tenga in considerazione il benessere dei cittadini della Transnistria, senza dare per scontato che essi siano inevitabilmente vettori di influenza russa e destinati a mettere a repentaglio il percorso della Moldavia verso l’UE.
Pur essendo del tutto giustificata, l’attenzione che Bruxelles tradizionalmente rivolge al processo di integrazione e ai meccanismi di mercato dovrebbe essere integrata da misure che tengano conto delle dinamiche sociali ed economiche locali, ad esempio fornendo un ampio sostegno per arginare gli effetti negativi di quello che si rivelerà un periodo di transizione inevitabilmente difficile, e probabilmente inquieto, per la popolazione locale.
Questo articolo è stato scritto nell'ambito del progetto “Analisi di contesto e di scenario di crisi in Moldavia e Transnistria”, realizzato in collaborazione con l'Agenzia per il Peacebuilding .
Il progetto è realizzato con il contributo dell’Unità di Analisi, Programmazione, Statistica e Documentazione Storica – Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ai sensi dell’art. 23 – bis del DPR 18/1967. Le opinioni contenute nella presente pubblicazione sono espressione degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
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