Nei giorni scorsi in Montenegro è stato scoperto un tunnel sotterraneo utilizzato per entrare nel deposito dell’Alta corte di Podgorica, luogo dove vengono archiviati oggetti e documenti usati nei processi come prove. Secondo gli esperti è l’ennesima sconfitta dello stato nella lotta alla criminalità organizzata
(Originariamente pubblicato dal quotidiano Vijesti , il 14 settembre 2023)
Lunedì 11 settembre è stato scoperto un tunnel sotterraneo utilizzato per irrompere nel deposito dell’Alta corte di Podgorica dal quale, stando ai dati resi noti finora, sono stati portati via diversi oggetti, comprese alcune pistole addotte come prove nei procedimenti penali a carico dei capi di uno dei più potenti gruppi criminali montenegrini, noto come clan di Kavač.
Gli esperti interpellati dal quotidiano Vijesti interpretano l’irruzione nell’Alta corte come segno della sconfitta dello stato nella lotta alla criminalità organizzata, un segno che suggerisce che alcuni centri di potere credono di essere intoccabili e sono disposti a tutto pur di sfuggire alla giustizia.
Secondo Stevo Muk, giurista e membro del Consiglio della procura del Montenegro, l’irruzione nel deposito dell’Alta corte dimostra che alcuni gruppi criminali sono disposti a utilizzare tutti i mezzi a loro disposizione per influenzare l’esito dei procedimenti penali che li vedono coinvolti.
Episodi come questo – spiega Muk – evidenziano la necessità di agire tempestivamente per innalzare al massimo il livello di sicurezza delle istituzioni giudiziarie. “Tale impegno inevitabilmente implica la ristrutturazione dell’edificio esistente o, in alternativa, la costruzione di un nuovo edificio in grado di ospitare un deposito di oggetti di prova in linea con i più alti standard di sicurezza. La prontezza dei vertici dello stato nel prendere una decisione in tale direzione, stanziando risorse adeguate per la sua attuazione, sarebbe il segno della volontà politica di risolvere questo problema”, sottolinea il giurista.
Il tunnel, lungo almeno trenta metri, scavato per raggiungere il deposito dell’Alta corte, parte da un edificio sito in via Njegoševa che costeggia lateralmente la sede di uno dei più alti organismi giudiziari del paese. Alcune fonti interpellate da Vijesti ritengono che la costruzione del tunnel sia durata un mese e mezzo al massimo poiché l’appartamento da cui sono partiti i lavori è stato affittato a fine luglio. Evidentemente si è voluto approfittare del fatto che ad agosto la maggior parte dei dipendenti dell’Alta corte era in ferie.
L'ennesima sconfitta di uno stato debole
Per Sergej Sekulović, consigliere del premier Dritan Abazović ed ex ministro dell’Interno, l’incursione nel deposito dell’Alta corte rappresenta una sconfitta dello stato. Sekulović spiega che questo episodio, su cui va assolutamente fatta chiarezza, ha reso ancora più evidente la necessità di intraprendere profonde riforme del sistema.
“La custodia inadeguata degli oggetti di prova è un problema che si trascina da tempo, solo che veniva affrontato con grande nonchalance, ritenendo impossibile uno scenario come quello degli ultimi giorni. Lo stato deve ritrovare la propria forza e dimostrare chiaramente di essere più forte della criminalità organizzata. Spero che i danni siano minimi, quanto accaduto però dimostra che c’è chi non teme affatto lo stato. Il Montenegro deve riconquistare la stabilità politica perché solo così riusciremo a costruire un sistema giudiziario forte e resiliente”, sostiene Sekulović.
L’ex ministro sottolinea poi che è giunto il momento che tutti gli attori politici e della società civile raggiungano un consenso sulla lotta alla criminalità organizzata.
“Questa questione non può essere oggetto di polemiche. Ovviamente, a condizione che il sistema venga ripulito dall’interno. Siamo di fronte ad un’equazione semplice: un sistema politico instabile e conflittuale equivale ad un sistema di criminalità organizzata e di corruzione stabile e ad alto livello”, conclude Sekulović.
Secondo una fonte di Vijesti ben informata sulle indagini in corso, è stato uno dei dipendenti dell’Alta corte ad accorgersi per primo del disordine nel deposito in cui vengono custodite le prove processuali. Il tunnel invece è stato scoperto solo in un secondo momento, durante il sopralluogo e la stesura dell’elenco degli oggetti mancanti.
Nel corso di una conferenza stampa convocata martedì 12 settembre, Boris Savić, presidente dell’Alta corte, ha dichiarato che l’ingresso del tunnel è stato trovato in un luogo ben nascosto e che sicuramente ci è voluto molto tempo per portare a termine l’impresa, aggiungendo però che nel deposito “non manca quasi nulla”.
Reagendo alle dichiarazioni del presidente dell’Alta corte, Nikola Terzić, capo ad interim della polizia montenegrina, ha affermato di non credere che qualcuno abbia scavato un tunnel fino alla sede dell’Alta corte per puro svago.
“A differenza del presidente dell’Alta corte, il quale ha dichiarato che dal deposito non è stata portata via quasi alcuna prova, io non credo che qualcuno abbia intrapreso un’azione così impegnativa per puro svago. Anche se preferirei che lui avesse ragione e io torto, temo che la verità sia un’altra”, ha affermato Terzić.
Un caso insolito ma non inaspettato
L’avvocato Božo Prelević – noto anche per essere stato il primo ministro dell’Interno serbo dopo la caduta del regime di Slobodan Milošević – afferma di non aver mai sentito parlare di un caso analogo. “Non mi risulta che una cosa del genere sia mai accaduta in nessuna parte del mondo. Tale irruzione non è possibile senza l’aiuto di qualcuno dall’interno. Se un’istituzione [come l’Alta corte di Podgorica] si è rivelata così fragile in termini di sicurezza, significa che ci sono alcuni centri di potere che continuano a sfuggire al controllo dello stato, credendo di essere intoccabili”.
Tea Gorjanc Prelević, direttrice dell’ong Akcija za ljudska prava [Azione per i diritti umani] di Podgorica, ricorda invece alcuni episodi avvenuti negli ultimi anni che, a suo avviso, avrebbero dovuto spingere le autorità ad aumentare il livello di sicurezza delle istituzioni giudiziarie.
“La scomparsa del fascicolo sul caso riguardante le intercettazioni telefoniche di alcuni giudici dell’Alta corte di Podgorica, svelate nel 2011 dal giornalista Petar Komnenić, e poi quell’incendio scoppiato nel Tribunale di Podgorica nel 2016 in cui è andato distrutto l'ufficio amministrativo, dovevano essere interpretati come un avvertimento, un segnale della necessità di innalzare la sicurezza di tutti gli archivi giudiziari del paese ad un livello adeguato e di impegnarsi nell’accertare la responsabilità per gli errori commessi fino ad allora. A quanto pare però, era necessario che qualcuno scavasse un tunnel fino al deposito di un tribunale per rendersi conto di dover finalmente agire. A meno che anche questo buco non venga semplicemente tappato, procedendo come al solito”, commenta Tea Gorjanc Prelević.
Alla domanda se ritiene che quest’anno il Montenegro abbia compiuto qualche progresso nella lotta alla corruzione e la criminalità organizzata, anche nell’ottica del processo di adesione all’Unione europea, Stevo Muk risponde affermando di aspettarsi che la Commissione europea nella sua prossima relazione sul Montenegro riconosca alcuni risultati raggiunti dalla Procura speciale e dal Reparto speciale della polizia montenegrina.
“Mi auguro però che nella sua relazione la Commissione europea metta in luce anche diversi punti di debolezza e l’inefficacia di alcuni altri reparti di polizia, come anche il fatto che non si è mai cercato di sfruttare meccanismi esistenti, previsti dalla Legge sugli affari interni, per ‘ripulire’ la polizia dai quadri la cui integrità professionale risulta compromessa”, conclude il giurista.
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