In calo rispetto agli anni precedenti, l’aborto selettivo continua ad essere un problema attuale in Montenegro. La ricercatrice Jovana Davidović, che ha esplorato il fenomeno, rileva la permanenza di forti convinzioni patriarcali nella società insieme ad una scarsa attenzione dei media
Stando ai dati diffusi dall’Ufficio nazionale di statistica (MONSTAT), in Montenegro nel periodo compreso tra gennaio 2008 e settembre 2023, su un totale di 117.346 nascite, il numero di neonati maschi è stato superiore di 4.606 unità a quello delle femmine.
Un divario che emerge anche da una ricerca del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) che ha incluso il Montenegro tra i nove paesi con il rapporto dei sessi alla nascita più sbilanciato al mondo: la sex ratio naturale è di 105 maschi ogni 100 femmine, mentre in Montenegro il rapporto è di 110 maschi per 100 femmine. La principale causa di tale squilibrio – si sottolinea nell’analisi dell’UNFPA – è il ricorso all’aborto selettivo, una pratica direttamente legata a convinzioni e modelli culturali patriarcali.
Gli aborti selettivi – avvertono gli esperti – vengono eseguiti abusando dei test prenatali. Benché esista un registro delle interruzioni di gravidanza, gestito dall’Istituto di salute pubblica di Podgorica, non ci sono dati disponibili sugli aborti legati al sesso del feto.
Jovana Davidović ha conseguito un dottorato di ricerca con una tesi dal titolo “Convinzioni patriarcali e rappresentazione mediatica delle relazioni di genere: il caso dell’aborto selettivo in Montenegro”. Dalla sua ricerca è emerso che il 40% della popolazione montenegrina (a prescindere dal sesso) è favorevole a diverse pratiche patriarcali che si consumano entro le mura domestiche, tra cui spicca la tendenza a relegare la donna ad una funzione riproduttiva.
“Un intervistato su quattro è convinto che per una donna il privilegio più grande sia quello di avere un figlio maschio. Inoltre, il 43% dei cittadini e delle cittadine ritiene importante avere ‘un erede maschio’”, spiega a OBCT Jovana Davidović.
La ricerca è stata condotta su un campione di mille intervistati.
“Osservando gli sviluppi degli ultimi due decenni – precisa Davidović – in Montenegro ogni anno in media nascono 400 maschi in più rispetto alle femmine. Il rapporto normale tra neonati maschi e femmine dovrebbe invece essere di 130-165 unità all’anno. I numeri registrati indicano inequivocabilmente la presenza dell’aborto selettivo poiché il persistere di un divario così ampio non può essere legato a processi naturali”.
Dall’analisi è inoltre emerso che il 50% dei cittadini montenegrini crede che una donna sia incompleta se non diventa madre. Davidović mette in guardia su un aspetto paradossale, ossia sul fatto che un cittadino su cinque, pur ritenendo che l’aborto debba essere vietato, è favorevole all’aborto selettivo se non ci sono già figli maschi in famiglia.
“Questo significa che il sistema patriarcale sostiene il ricorso all’aborto quando risulta funzionale all’eliminazione dei feti femminili. Se le persone che ritengono che l’aborto non sia mai accettabile sono disposte a fare un compromesso accettando l’aborto selettivo, allora è chiaro che l’idea dell’inferiorità delle bambine è profondamente radicata nella coscienza collettiva [in Montenegro]”, sottolinea Davidović.
La seconda parte della sua tesi di dottorato è dedicata all’analisi della rappresentazione mediatica dell’aborto selettivo nel periodo tra il 2012 – quando l’UNFPA per la prima volta aveva espresso preoccupazione per il problema della selezione del sesso in Montenegro – e il 2019.
Se da un lato – come emerso dalla ricerca – il discorso mediatico sull’aborto selettivo è stato in gran parte in linea con gli standard etici e professionali, dall’altro i media hanno raramente affrontato la questione in modo approfondito: su un totale di 245 testi analizzati, addirittura un quarto tratta il tema solo indirettamente.
“Quindi, in un testo su quattro il tema dell’aborto selettivo viene affrontato in modo marginale, non lo si cita né nel titolo né nel sottotitolo, non è il tema principale dell’intervista o del reportage, e non viene mai menzionato su iniziativa del giornalista, bensì dell’intervistato”, spiega Jovana Davidović.
Stando alle sue parole, l’emarginazione del tema dell’aborto selettivo nel discorso mediatico è legata ad una comprensione inadeguata dell’importanza della questione nella sfera pubblica.
Quanto alla sex ratio, negli ultimi tre anni in Montenegro si è registrato un cambiamento: in media nascono 250 maschi in più rispetto alle femmine. Quindi, il tasso di aborti selettivi – come sottolinea la ricercatrice – è in leggero calo rispetto al periodo 2000-2010 quando in media nascevano 380 maschi in più all’anno. Tuttavia, questo calo non significa che il problema della selezione del sesso sia risolto, considerando che i numeri attuali sono quasi due volte superiori ai valori normali.
“La mia ricerca – spiega Davidović – ha dimostrato che le idee patriarcali giocano un ruolo importante nella formazione degli atteggiamenti nei confronti dell’aborto selettivo, ed è un dato tutt’altro che sorprendente. Il patriarcato non è un concetto astratto e impercettibile, è ovunque, permea ogni nostra riflessione sul sesso, sul genere e sui ruoli di genere. È un sistema di idee che persiste ormai da tanto tempo, ed è irrealistico aspettarsi che venga sconfitto a breve termine. Ora il sistema patriarcale sta cercando in qualche modo di resistere alle politiche e alle idee femministe, quindi si sente spesso dire che ‘le donne sono quelle che mantengono in vita il patriarcato’ e che ‘il femminismo danneggia gli uomini’, o ancora che ‘la donna è una lupa per la donna’”.
In una società patriarcale, le tesi come quelle sopra citate vengono promosse con l’intento di impedire la solidarietà e la creazione delle reti di sostegno tra le donne, elementi fondamentali per raggiungere l’uguaglianza di genere.
“L’idea che il femminismo ‘minacci’ gli uomini solitamente deriva da una sostanziale incomprensione del concetto di femminismo. Lo scopo del femminismo non è quello di discriminare gli uomini, bensì di trasformare la società in modo da creare una comunità più giusta e più inclusiva per tutti, indipendentemente dal sesso e dall’identità di genere. Cambiare la coscienza è un processo lungo e impegnativo. Per cominciare, è importante che ognuno comprenda in quale misura le convinzioni patriarcali incidono negativamente sulle nostre scelte personali e sulla qualità della vita”, conclude Davidović.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!