La preferenza per il figlio maschio e la conseguente pratica dell'aborto selettivo sono ancora presenti in Montenegro. Ne abbiamo parlato con Diana Kiscenko, antropologa lituana interessata alle tematiche di genere, che attualmente insegna all’università Riga Stradins
Potrebbe descrivere la pratica dell’aborto selettivo, in particolare in Montenegro?
Una delle maggiori cause per cui le donne decidono di effettuare un aborto selettivo, in Montenegro come in altri stati, è la preferenza per il figlio maschio. Al giorno d’oggi, l’aborto selettivo è facilitato dalla presenza di nuove tecnologie. La cosa più interessante è che, se consideriamo gli ultimi 30-40 anni, possiamo notare come il rapporto maschi/femmine alla nascita sia cominciato a crescere a metà degli anni ’80, molto probabilmente per lo sviluppo e la diffusione di nuove tecnologie in tutto il mondo e ovviamente anche in Montenegro. La situazione si è stabilizzata a partire dagli anni 2000 e negli ultimi due decenni questo indicatore sarebbe in declino: questo indica che sicuramente stanno avvenendo dei cambiamenti all’interno della società, anche nei ruoli di genere, eppure la pratica dell’aborto selettivo non è stata ancora eliminata del tutto.
Com’era la situazione durante il periodo socialista in Montenegro?
Durante il periodo socialista in Montenegro, lo stato cercò di sostenere l’uguaglianza tra i sessi garantendo il diritto al lavoro, alla protezione sociale, all’istruzione e alla salute a tutti, ma in realtà c’erano delle differenze tra quella che era la situazione della donna nella sfera pubblica e nella sfera privata, accentuate in base alla posizione sociale ricoperta e al luogo in cui si viveva. Le donne erano incoraggiate ad essere attive a livello politico, prendendo parte ai processi decisionali e alla vita politica all’interno dello stato, con lo stesso che garantiva che tutto questo avrebbe portato ad una maggiore parità di genere.
Per le donne fu possibile ottenere in questo periodo maggiori diritti, come il diritto all’aborto a partire dal 1952, mentre con la Costituzione del 1974 venne garantita una maternità retribuita di 12 mesi a tutte le donne. Nella realtà, però, molte di loro avevano possibilità molto limitate di partecipare alla vita politica nel paese ed erano costrette a lavorare sia all’interno che fuori di casa. Nonostante le misure progressiste adottate in Montenegro durante il periodo socialista, sono rimaste le dinamiche patriarcali nel rapporto uomo/donna così come un’attitudine negativa nei confronti delle figlie: la loro nascita era percepita come una tragedia e le madri erano colpevolizzate per non aver dato alla luce un figlio maschio, avvenimento considerato un trionfo dagli uomini della famiglia.
In che modo queste dinamiche stanno influenzando ancora oggi il paese?
Mi piacerebbe rispondere prendendo in considerazione un esempio che ho citato nel mio articolo , ossia quello di Ivana e di sua madre. Ivana è una giovane donna di circa 25 anni che vive a Podgorica ed è totalmente contraria all’aborto selettivo, in quanto non dimostra una preferenza per il figlio maschio, mentre sua madre è una donna sulla cinquantina, che risiede sempre nella capitale e ha due figlie e un figlio. La madre si è recata in Serbia diverse volte per abortire in modo da poter avere il tanto agognato figlio maschio dopo due figlie femmine. Ivana manifesta una prospettiva più progressista e moderna e questo dimostra un forte cambiamento tra le generazioni, eppure sente la costante pressione familiare e sociale di avere un figlio maschio. Avere un figlio maschio, infatti, è visto come qualcosa di più desiderabile a livello sociale, ma anche le continue domande sulla sua vita personale che le vengono fatte durante i pranzi e le cene in famiglia e il disappunto che il marito le ha mostrato quando ha scoperto che il suo primo figlio sarebbe stato una bambina la fanno sentire continuamente sotto pressione. Questo dimostra come questa pratica e queste idee siano ancora presenti nella società montenegrina dei giorni nostri e la influenzino, anche se probabilmente in misura minore.
In che modo la preferenza per il figlio maschio è connessa alle pratiche attraverso cui veniva garantita l’eredità dei beni familiari?
Storicamente, in Montenegro, gli uomini hanno sempre avuto più potere anche perché il nome, la proprietà e tutte le risorse della famiglia venivano sempre trasmesse ai figli maschi e questo significava che solo gli uomini potevano ereditare. Gli uomini, solitamente, vivevano vicino alla propria famiglia per prendersene cura, mentre le donne si sposavano, allontanandosi dalla propria famiglia per occuparsi di quella del marito e della sua casa. Inoltre, dalle donne ci si aspettava che dessero alla luce numerosi figli, ma non avevano il diritto di ereditare nulla, né da parte della propria famiglia né dalla parte della famiglia del marito, in quanto la loro unica funzione era quella riproduttiva.
C’è sempre stata una preferenza per il figlio maschio per non disperdere le proprietà e le risorse della famiglia: anche oggi dare beni in proprietà alle figlie creerebbe uno sbilanciamento nel modello patriarcale presente nella società, in quanto le donne otterrebbero maggiore valore al di fuori della loro funzione riproduttiva. Questo significherebbe rendere più ricche non solo le donne, ma anche i loro mariti e le rispettive famiglie, quindi garantire risorse ad una famiglia sconosciuta e toglierle alla propria. Oggi, a livello sociale, la situazione è molto complessa e presenta alcune differenze: per esempio, nella parte settentrionale del Montenegro è una pratica usuale quella che vede i genitori aprire delle procedure legali con un avvocato per garantire che tutte le proprietà e i beni della famiglia vadano al figlio maschio escludendo le donne, mentre ci sono molte giovani ragazze che a Podgorica hanno il proprio appartamento perché sono state in grado di comprarselo autonomamente.
Su questo tema qual è il ruolo delle organizzazioni non governative nella società civile montenegrina?
Le organizzazioni non governative sono molto importanti nell’evidenziare la presenza dell’aborto selettivo in Montenegro. Ho potuto osservare che a livello locale questo argomento è stato portato alla ribalta a partire dal 2017. In quell’anno, una campagna chiamata “Neželjena ” (non voluta) è stata lanciata dal centro dei diritti delle donne (situato a Podgorica). La campagna ha anche presentato una petizione per prevenire l’abuso di test prenatali, eseguiti principalmente in Serbia, per scoprire il sesso del bambino e anche per aumentare la consapevolezza riguardo alla discriminazione di genere nel paese.
Molti giornalisti si sono occupati ampiamente di questo tema, che alla fine ha avuto una grande copertura mediatica, ma a livello locale e internazionale c’è ancora una mancanza di fonti accademiche sull’aborto selettivo. Personalmente, sono un po’ critica riguardo al titolo di questa campagna che dice che le figlie non sono volute in Montenegro, perché ho notato che ora la situazione sta pian piano cambiando e in molti casi alle famiglie preoccupa più la situazione finanziaria, riguardo alle risorse economiche che hanno per garantire un’infanzia felice ai loro bambini, piuttosto che il loro sesso.
Crede che questo problema che affligge il Montenegro sia percepito e conosciuto nel mondo?
Se consideriamo alcuni paesi come India o Cina, il fatto che ci sia una preferenza per i figli maschi e uno squilibrio di genere è ben visibile e diverse ricerche sono state compiute, libri scritti, documentari girati e discussioni portate avanti. Non c’è la stessa conoscenza rispetto a ciò che sta avvenendo per paesi situati nel sud-est Europa, come Albania, Kosovo, Nord Macedonia e Montenegro e alcuni paesi del Caucaso, come Azerbaijan, Armenia e Georgia. Negli ultimi dieci anni, sia attori internazionali che locali hanno portato alla ribalta quello che sta avvenendo in Montenegro, anche grazie all’intervento delle organizzazioni non governative e al lavoro di diversi giornalisti che hanno scritto articoli e realizzato interviste, ma di sicuro mancano fonti di tipo accademico. È difficile, comunque, rispondere a questa domanda, perché di sicuro questo problema è riconosciuto in alcune parti della società, mentre in altre è ancora sconosciuto. Per esempio, quando ho cominciato a parlare di aborto selettivo in Lituania, le persone erano sorprese, in quanto non sapevano che questa pratica fosse ancora presente in Europa. Sapevano della Cina e dell’India, ma niente riguardo a ciò che sta avvenendo in Montenegro e nella regione e come queste idee tradizionaliste siano ancora in vita.
Diana Kiscenko ha avuto l’occasione di partecipare a un progetto di Horizon 2020 chiamato “Inform: closing the gap between formal and informal institutions in the Balkans” e, allo stesso tempo, ha cominciato a fare ricerca sull’aborto selettivo e la preferenza per il figlio maschio in Montenegro. Ha anche compiuto una ricerca sul campo in Montenegro a partire dal 2017, in particolare raccogliendo interviste. La sua ricerca etnografica è disponibile qui .
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