Continua la crescita del campo sovranista e anti-occidentale in Romania: alle politiche vince il Partito socialdemocratico, ma l'estrema destra filo-russa conterà sul 30% dei senatori e deputati nel prossimo parlamento di Bucarest. Difficili i negoziati per una nuova maggioranza
Oltre 9,4 milioni di romeni (circa il 52% degli elettori aventi diritto) hanno votato domenica nelle più importanti elezioni parlamentari degli ultimi 35 anni.
La tornata si è svolta in un clima teso, mentre l’ufficio Elettorale Centrale (BEC) sta ricontando i voti del primo turno delle elezioni presidenziali, tenuto il 24 novembre, in seguito alla richiesta della Corte Costituzionale. Oggi pomeriggio la stessa Corte si esprimerà anche sulla richiesta di annullamento del primo turno delle presidenziali espressa da uno dei candidati, Vasile Terheş, che sostiene di avere le prove di brogli.
Trentuno partiti e alleanze e diciannove organizzazioni politiche delle minoranze nazionali hanno presentato candidature.
Ad urne chiuse, ad uscire rafforzata nel futuro parlamento di Bucarest è l’estrema destra: circa il 30% dei deputati e senatori romeni apparteranno ai tre partiti sovranisti che hanno superato la soglia di sbarramento, due di questi per la prima volta.
Il più grande partito della Romania resta però il Partito Social Democratico (PSD), europeista ed atlantista. La Romania riconferma quindi la sua direzione euro-atlantica, ma gli equilibri di potere sono stati profondamente trasformati da queste elezioni politiche.
Con circa 23% dei voti, il Partito Social Democratico (PSD) resta il maggiore partito della Romania. Negli ultimi 35 anni, con poche eccezioni, il PSD è stato quasi sempre al governo. Se il PSD riuscirà a creare una coalizione di unità nazionale con altri partiti democratici ed europeisti come l’USR (11%), il PNL(14%) ,e l’UDMR(7%), potrebbe continuare a governare.
In questo modo l’orientamento pro europeo e pro atlantico sarebbe riconfermato. Affinché questo scenario diventi possibile, tutte le forze politiche menzionate dovrebbero annunciare il loro sostegno alla candidata dell’USR, Elena Lasconi che al ballottaggio per le presidenziali sfiderà l’indipendente filo russo, Călin Georgescu, sostenuto da tutti partiti sovranisti.
E’ proprio il presidente della Romania che nomina il primo ministro, che a sua volta dovrà formare il nuovo governo.
A conteggio quasi ultimato, i risultati parziali indicano il Partito Social Democratico come prima forza nel prossimo parlamento (22,95%), seguito dall’Alleanza per l’Unità dei Romeni AUR (18,5%), dal partito Nazional Liberale – PNL (14,51%), dall’Unione “Salvate la Romania” - USR (11,89%), da SOS Romania (7,49%), dall’Unione Democratica degli Ungheresi di Romania -UDMR (6,56%), e dal Partito dei Giovani – POT(6,16%).
Sette partiti faranno quindi parte del futuro parlamento. Riesce a superare la soglia del 5 % il nuovo POT (Partito dei Giovani) una formazione sovranista cresciuta nell'ultima settimana dopo aver annunciato di sostenere il candidato filorusso Călin Georgescu, vincitore del primo turno delle elezioni presidenziali.
In nuovo parlamento romeno sarà quindi sovranista per circa 30% dei suoi senatori e deputati. Il movimento sovranista, che sfida l’orientamento filo occidentale della Romania è la grande novità delle elezioni politiche di domenica. Avere in aula tre partiti sovranisti e tre europeisti rappresenta invece una radiografia di un paese diviso tra le aspirazioni occidentali e tendenze filorusse.
Nelle elezioni parlamentari, la guerra in Ucraina ha influito in modo importante sulle scelte dell’elettorato, con i discorsi dei partiti sovranisti, contro la guerra e contro il sostegno all’Ucraina che hanno influenzato una buona parte dell’elettorato.
I sovranisti hanno puntato sul nazionalismo, hanno fatto leva sulla componente cristiano ortodossa dei romeni e hanno respinto i diritti della comunità LGBT.
Il parlamento di Bucarest viene eletto per un periodo di quattro anni, con 137 senatori e 332 deputati Sarà un parlamento frammentato, che preannuncia negoziati difficile per la futura maggioranza. Tutto dipende dal PSD, e se e come riuscirà a raggruppare intorno a sé tutte le forze filo-occidentali.
Reazioni
Marcel Ciolacu, primo ministro uscente e leader del PSD ha sottolineato che “i romeni ci hanno confermato come principale forza politica in Romania. E' un segnale importante che i cittadini hanno inviato alla classe politica. Continuiamo a sviluppare il Paese con i fondi europei, ma allo stesso tempo proteggiamo la nostra identità, i valori nazionali e la fede".
Dal suo canto, il presidente ad interim del PNL, Ilie Bolojan, ha dichiarato che i liberali sono disposti a partecipare ad una coalizione di governo: “Il PNL è disposto a partecipare a tale coalizione: possiamo essere un fattore di modernizzazione per il nostro paese, e la base della discussione sarà il programma di riforme che abbiamo intrapreso”.
Il PNL ha governato insieme al PSD negli ultimi anni, ma esce indebolito dalle elezioni, con oltre dieci punti percentuali in meno rispetto a quelle del 2020.
Il secondo posto nelle preferenze dell’elettorato è ora occupato dal partito sovranista di estrema destra AUR (Alleanza per l’Unità dei Romeni).
Elena Lasconi, presidente dell’USR e candidata alle elezioni presidenziale, ha dichiarato “uniti, possiamo fare miracoli. Se siamo uniti, i bot russi su TikTok non potranno distruggere la nostra democrazia”, aggiungendo che “non abbiamo dimenticato i loro carri armati quando hanno occupato il nostro paese e non abbiamo dimenticato quanta sofferenza hanno portato.”
Per il presidente dell’AUR George Simion, le elezioni sono state una svolta che la storia ricorderà e che “nulla può sconfiggere una nazione unita, un popolo che prende in mano il proprio destino.”
Inizia ora la settimana decisiva in vista del ballottaggio presidenziale previsto per l'8 dicembre tra il candidato filorusso Călin Georgescu e l’europeista Elena Lasconi.
Dopo il primo turno che ha visto Georgescu arrivare primo, nelle grandi città delle Romania, ogni sera migliaia di persone - soprattutto giovani e studenti - scendono in piazza per protestare ed esprimere la loro paura che il paese possa modificare il proprio orientamento pro-occidentale.
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