©  Fire-n/Shutterstock

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L’accesso a filiali e sportelli bancari in Romania e Bulgaria non è scontato: quasi la metà della popolazione romena continua a pagare le bollette in contanti, mentre soprattutto nelle aree rurali le filiali bulgare continuano a chiudere

07/01/2025 -  Dan Popa

(Questo articolo è stato originariamente pubblicato dalla testata romena HotNews  nell'ambito del progetto PULSE)

Quasi la metà della popolazione romena vive in aree rurali, dove le banche sono poche e lontane tra loro. Inoltre, solo 1.000 dei 10.000 sportelli automatici del Paese si trovano al di fuori delle città. Non c'è quindi da stupirsi che molti romeni e romene prediligano il contante.

Per di più, nelle zone rurali e nelle città di medie dimensioni pochi negozi sono dotati di terminali di pagamento elettronico: anche volendo, in molti casi risulta impossibile pagare con carta di credito. Un’ulteriore difficoltà è rappresentata dal fatto che la popolazione romena è in rapido invecchiamento, secondo l'Istituto nazionale di statistica del Paese.

La Romania è tra i primi 15 Paesi al mondo per percentuale di popolazione che non possiede un conto in banca, con un tasso di circa il 40%, simile a Paesi come Kenya e Kazakistan. In termini assoluti, quasi 7 milioni di romene e romeni sono “invisibili” alle banche.

Inoltre, secondo i dati della Banca Mondiale , un quarto dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti romene riceve ancora lo stipendio “in busta”.

Le sfide della digitalizzazione

Perché in Romania le persone preferiscono usare i contanti piuttosto che aprire un conto in banca? Le ragioni sono molteplici: il 34% della popolazione dice di non fidarsi delle banche, mentre il 33% sostiene che i servizi bancari sono troppo costosi; il 14% dice di non avere abbastanza soldi e per il 10% la banca è troppo lontana.

Per completare il quadro, circa la metà (47%) dei cittadini paga le proprie bollette in contanti. Questo dato colloca la Romania all’ultimo posto tra i 27 Paesi dell'UE nell'edizione 2021 dell'Indice di digitalizzazione dell'economia e della società .

Le banche romene, sottoposte a pressioni per tagliare i costi, stanno cercando di digitalizzarsi. I progressi, secondo un rapporto della Banca Nazionale romena, sono tutt’altro che omogenei: “Il ritmo è più veloce per le banche di grandi e medie dimensioni, che hanno un potenziale di crescita e una capacità di investimento maggiori”. Tra le problematiche legate alla digitalizzazione citate dalle banche, vi sono gli alti costi tecnologici, la necessità di attrarre personale qualificato e il bisogno di garantire una solida sicurezza informatica.

Anche la digitalizzazione, laddove presente, ha degli svantaggi, come la chiusura di alcune filiali e la perdita di posti di lavoro. Cosciente di ciò, la banca centrale mantiene una certa prudenza: “Le transazioni in contanti restano la scelta più diffusa, sia tra i privati che tra le aziende. Dato che una porzione significativa della popolazione vive nelle aree rurali e utilizza prevalentemente il contante, raccomandiamo che la transizione verso soluzioni di pagamento digitali sia graduale e che le banche rimangano adeguatamente presenti a livello locale”.

Considerando l'invecchiamento della popolazione, le conseguenti limitate competenze informatiche e le già ampie disparità di accesso ai servizi finanziari (sia per regione che per fascia di reddito), la banca nazionale romena è intenzionata a scongiurare il rischio di esclusione finanziaria della sua popolazione.

In Bulgaria, il contante la fa ancora da padrone

Il pagamento in contanti è ancora la scelta più comune in Bulgaria, ma negli ultimi tre anni ci sono stati grandi cambiamenti: l'introduzione dei bonifici istantanei da banca a banca e l'ascesa del settore delle tecnologie finanziarie (fintech) hanno portato ad un aumento vertiginoso dei pagamenti online.

In Bulgaria, la scelta tra “contanti o carta” assume anche una dimensione politica, in quanto il contante è il carburante della corruzione, dell'economia sommersa e della criminalità organizzata, tutti problemi rilevanti per il Paese.

Negli ultimi mesi del 2023, la Bulgaria è stata inserita nella “grey list” del comitato di controllo GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale) per l'insufficienza dei suoi sforzi nella lotta al riciclaggio di denaro. Tra le ragioni di questa decisione vi è il fatto che l’economia bulgara si basa ancora sul denaro contante.

Finora, il Parlamento bulgaro ha bloccato ogni tentativo di limitare i pagamenti in contanti. L'ultimo caso in ordine di tempo risale alla fine del 2023, quando il Ministero delle Finanze ha tentato senza successo di abbassare il tetto dei pagamenti in contanti da 10.000 leva (5.112 euro) a 5.000 leva (2.556 euro).

Da nove anni a questa parte, i parlamentari continuano ad opporre il veto a questa proposta, adducendo la dubbia motivazione che in molti piccoli centri abitati non vi sono filiali bancarie. In realtà, nelle zone rurali pochissime transazioni superano i 5.000 leva, in un Paese in cui il salario medio ammonta a circa 2.300 leva (1.175 euro).

Anche in Bulgaria, il problema riguarda soprattutto le aree rurali  

Secondo il database Global Findex della Banca Mondiale, in Bulgaria l'84% delle persone maggiorenni possiede un conto corrente. Aprirlo è facile, tranne nelle zone rurali, dove le filiali sono inesistenti. La normativa europea secondo cui le banche devono proporre tariffe più vantaggiose per i conti dalle caratteristiche basiche viene di fatto sabotata dagli istituti bancari, riluttanti a promuovere tali prodotti.

Rimane il problema dell'accessibilità fisica a filiali e bancomat nelle città e nei paesi più remoti della Bulgaria. Il numero di sportelli automatici è sceso da 5.751 nel 2016 a 4.977 nel 2022 (il Paese conta attualmente 72 sportelli automatici ogni 100.000 abitanti). Anche le filiali bancarie continuano a chiudere, in tutto il Paese ma soprattutto nei piccoli centri.

Al contempo, il numero di terminali di pagamento elettronico è passato da circa 86.600 nel 2016 a circa 124.000 nel 2022, mentre il valore dei pagamenti con carta è salito da 8 miliardi di leva (4,1 miliardi di euro) a quasi 18 miliardi di leva (9,2 miliardi di euro) nel periodo 2019-2022.

Tsvetelina Sokolova (Mediapool, Bulgaria), Justė Ancevičiūtė (Delfi, Lituania), György Folk e Viktória Serdült (HVG, Ungheria), Petr Jedlička (Denik Referendum, Cehia), Aphrodite Tziantzi (Ef.Syn., Grecia) e Silvia Martelli (Il Sole 24 Ore, Italia) hanno contribuito alla realizzazione di questo articolo. 

 

Questo articolo è stato prodotto nell'ambito di PULSE, un'iniziativa europea coordinata da OBCT che sostiene le collaborazioni giornalistiche transnazionali.


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