Trasformare un’area dismessa di Belgrado in una specie di Dubai balcanica. E’ l’impegno preso dall’attuale amministrazione serba in vista delle elezioni di marzo. Scarsa trasparenza e un modello di sviluppo urbano giudicato insostenibile, però, gettano ombra sul progetto
A Belgrado, sulla riva destra della Sava, c’è un lembo di terra di dimensioni ragguardevoli che pare essersi sottratto alla forza plasmatrice della pianificazione urbana. Si tratta di un’ampia area pianeggiante, compresa tra la riva del fiume e i binari della ferrovia, che da decenni ospita vagoni dismessi, qualche sparuto capannone industriale, e una processione di relitti arrugginiti, un tempo battelli gloriosi, adagiati sulle banchine. Eppure è dagli anni ‘50 che l’Anfiteatro della Sava, questo il suo solenne toponimo, ispira la fantasia di architetti, urbanisti e pianificatori territoriali. Fino a oggi, però, tutti i progetti di riqualificazione sono rimasti sulla carta.
Adesso sembra che sia di nuovo tempo di riprovarci. L’operazione si chiama “Beograd na vodi”, Belgrado sull’acqua, e a detta del suo promotore, il Partito Progressista Serbo (SNS) guidato dall’ambizioso Aleksandar Vučić, si tratta del più grande progetto di sviluppo mai concepito nel paese. Per realizzarlo, il governo serbo si è scelto un partner che, almeno sulla carta, è all’altezza della magnitudine dell’impresa: la Eagle Hills, azienda costruttrice degli Emirati Arabi Uniti presieduta dal magnate Mohammed El-Abbar, lo stesso che a Dubai ha eretto Burj Khalifa, l’attuale edificio più alto del mondo.
Belgrado sull’acqua promette di rivoluzionare l’Anfiteatro della Sava trasformandolo in un quartiere all’avanguardia, dotato di soluzioni architettoniche avveniristiche degne delle metropoli che si affacciano sul Golfo Persico. Sull’intera superficie (circa 90 ettari) sorgeranno edifici a uso abitativo, uffici, il centro commerciale più grande dei Balcani, scuole, teatri, cliniche mediche, parchi e giardini, hotel di lusso e una marina per gli yacht, il tutto sormontato da una spettacolare torre di 180m, la Belgrade Tower. Per costruirlo ci vorranno dai 5 ai 7 anni, e un investimento globale di poco inferiore ai 3 miliardi di euro. Parola di Vučić e di El-Abbar, che a metà gennaio hanno presentato al pubblico il mastodontico progetto.
Acque poco trasparenti
Alla presentazione, i padrini di Belgrado sull’acqua si sono profusi in un coro unanime di lodi e rosee previsioni. Al-Abbar ha elogiato la capacità di un progetto di tale portata di generare un notevole indotto stimolando vari settori dell’economia, in particolare quello turistico. Secondo Siniša Mali, presidente della giunta provvisoria di Belgrado, verranno creati circa 200.000 posti di lavoro. Vučić si è sbilanciato affermando che la realizzazione del progetto consentirà la ripresa dell’economia serba e l’uscita del paese dalla crisi. Al fine di accelerare l’espropriazione dei terreni e il trasferimento delle strutture esistenti (è prevista la costruzione di una nuova stazione ferroviaria), Belgrado sull’acqua dovrebbe essere dichiarato a breve progetto di interesse nazionale.
I promotori di quella che è stata definita la “Manhattan serba” hanno tutto l’interesse a procedere rapidamente con l’approvazione del progetto e l’inaugurazione del cantiere. Le elezioni politiche sono vicine e Belgrado sull’acqua è un’ottima carta da giocare in campagna elettorale. Ma ad alcuni settori della società civile tutta questa fretta non piace. Il capitolo serbo di Transparency International, ad esempio, ritiene che l’opinione pubblica non sia stata dovutamente informata e lamenta il fatto che non sia prevista alcuna gara d'appalto.
Sulla natura della partnership siglata dal governo serbo con l’impresa costruttrice, in effetti, non è stata fatta molta chiarezza. Non si sa, ad esempio, in che misura si tratti di un investimento estero o di un accordo creditizio, quale sia la forma legale della collaborazione, chi abbia realizzato il progetto costruttivo e sulla base di quali studi. Ma non si tratta di un caso isolato. L’aggiramento delle consuete procedure burocratiche attraverso una specie di ‘corsia preferenziale’ per gli investimenti è una prassi consolidata nei rapporti commerciali tra Serbia ed Emirati, come spiega Dragan Janjić in un suo approfondimento.
L’Anfiteatro della Sava, croce e delizia dell’urbanistica belgradese
A battezzare l’Anfiteatro della Sava con questo nome fu l’architetto russo Grigorij Pavlović Kovaljevski, che nei primi anni ‘20 riparò a Belgrado in fuga dalla Rivoluzione bolscevica. Il suo progetto, incluso nel Piano urbanistico generale di Belgrado del 1923, prevedeva la costruzione di edifici a uso abitativo e commerciale nell’area adiacente alla stazione ferroviaria. Dopo la Seconda guerra mondiale l’Anfiteatro viene temporaneamente accantonato, poiché tutta l’energia creativa degli urbanisti serbi è catalizzata dall’edificazione di Novi Beograd, ‘città ideale’ del modernismo socialista. C’è però uno studente che in quegli anni si laurea con un progetto sull’Anfiteatro. E’ Ranko Radović, che in seguito si affermerà come architetto, docente di teorie e tecniche costruttive, e fondatore della Scuola di architettura di Novi Sad.
Il vero salto di qualità accade però negli anni ‘70, con l’adozione del nuovo Piano urbanistico generale di Belgrado. Uno studio realizzato dalla Commissione urbanistica indica l’Anfiteatro come nuovo centro culturale, turistico e affaristico della città, proponendo soluzioni architettoniche audaci e colossali. Nonostante il parere positivo della giunta, però, lo studio non verrà mai realizzato. Una decina d’anni dopo, nel 1986, si indice un concorso internazionale per l’ammodernamento di Novi Beograd. Molte delle proposte in gara riguardano anche l’Anfiteatro, ma ancora una volta i progetti restano nel cassetto.
Alla fine degli anni ‘80, la Commissione urbanistica realizza lo studio “Varoš na vodi”, Borgo sull’acqua. L’idea è quella di costruire un’isola artificiale al centro della Sava, e di collegare le due rive del fiume con una rete di canali e vie d’acqua. Sull’isola sarebbero dovuti sorgere palazzi e strutture turistiche. Nel 1995 è la volta di “Europolis”, cavallo di battaglia del Partito socialista di Milošević nella campagna elettorale delle elezioni amministrative del 1996. Il progetto è una semplice compilazione di idee già esistenti, e non verrà mai realizzato.
Come si costruisce il futuro?
Il progetto Belgrado sull’acqua promette di porre fine a un’impressionante serie di tentativi falliti di riqualificazione urbana. Ma in molti si chiedono se l’operazione risponda davvero alle esigenze di Belgrado e dei suoi abitanti. L’associazione Ministarstvo prostora (Ministero dello spazio), da sempre sensibile al tema dello sviluppo urbano sostenibile, ha pubblicato una lettera molto critica nei confronti del progetto.
Il passaggio più tagliente recita così: “Trasferiremo la stazione ferroviaria e quella degli autobus lontano dal centro città per fare spazio a una marina per gli yacht privati. Costruiremo hotel di lusso nella speranza di diventare una destinazione turistica mondiale. Risolveremo il problema della disoccupazione con posti di lavoro temporanei nei cantieri. Edificheremo il più grande centro commerciale dei Balcani [...] dal momento che quelli esistenti non si affittano da anni. Costruiremo appartamenti di lusso in una città dove migliaia di persone hanno problemi di alloggio”.
La lettera si conclude con un invito a riconsiderare i paradigmi dominanti dello sviluppo urbano. L’Anfiteatro della Sava, così come molte altre aree cittadine, potrebbe essere oggetto di una strategia di riqualificazione differente che privilegi la dimensione pubblica e quella ecologica. Solo con questo approccio, si afferma nella lettera, si può davvero “migliorare la qualità della vita di tutti gli abitanti di Belgrado, e rendere la città attraente per molte più persone, non solo per i possessori di yacht sulla Sava o sul Danubio”.
Ma questo resta un obiettivo difficilmente raggiungibile finché si progetta pensando alla campagna elettorale invece che al futuro della città.
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