Gallery 1250° è una galleria espositiva fondata a Belgrado da sei giovani artisti-artigiani. Accomunati dalla passione per la ceramica rievocano un mondo antico, poetico e sognante, come il sapore di Savamala, vecchio quartiere portuale lungo la Sava. Intervista a Marija Seman, tra i fondatori di Gallery 1250°
Marija Seman, Iva Brkić, Miona Stefanović, Ivana Spoljarić, Igor Stangliczky, Bojana Jokmanović. Sono i sei artisti che nel 2012 aprono Gallery 1250° - All about ceramics , una delle tappe della mappa interattiva danubiana curata dall'associazione "Viaggiare i Balcani". Pur essendo accomunati dall’utilizzo della ceramica nella produzione delle loro opere d’arte, ogni artista forgia l’impasto di argilla facendosi trasportare dalle proprie idiosincrasie, inseguendo traiettorie solitarie.
Quelle di Miona Stefanović l’hanno portata per le vie di Savamala, vecchio quartiere portuale di Belgrado rinato negli ultimi anni grazie all’apertura di centri culturali come il "Kulturni Centar Grad ", nonché agli street artist belgradesi che lo hanno eletto a proprio spazio espositivo. Passeggiando per Savamala, sul muro di una casa all’angolo di qualche via è possibile imbattersi in due pesciolini di ceramica che si guardano rapiti e, come in un fumetto, nella nuvoletta sopra uno di loro è scritto "ljubav", amore. Dopo alcuni passi, su una facciata di mattoni a vista volano delle mongolfiere, mentre in un anfratto poco distante, su un funesto orizzonte nero di un murales, un cane rimane interdetto sotto la pioggia.
Anche Marija Seman deve aver camminato per Savamala. Sembra però che qualche forza invisibile l’abbia spinta sino alla riva del fiume Sava, a contemplare i cargo di passaggio o le tante navi da rimorchio che riposano lungo l’argine, spesso abbandonate e agonizzanti, ormai prossime a decomporsi.
Perché le barche? Che significato rivestono per te?
All’origine dell’idea di utilizzare la barca come tema che in futuro sarebbe diventato l’oggetto dei miei lavori, si trova il fatto che il mare e le barche sono due indissolubili concetti legati alla tradizione della mia famiglia, che in questo modo ho portato avanti e immortalato. In un presente in cui ogni cosa può essere velocemente e facilmente scambiata, la mia barca “Abulahija” ormeggiata lungo un molo a Pola è uno dei pochi beni famigliari rimasti, e porta su di sé le tracce di anni di navigazione. Osservando il suo invecchiare, ho avuto l’impressione che la barca abbia acquisito una sorta di autenticità, nella quale ho trovato l’ispirazione per i miei lavori.
Le tue barche sono dunque “reali”?
Sì. Mentre lavoro ho sempre davanti a me fotografie e schizzi di barche da cui traggo ispirazione. Di questi "oggetti" mi interessa la loro struttura e i diversi materiali con cui sono costruite. In particolare, sono attratta dalle barche che a causa dello scorrere del tempo si stanno lentamente logorando. Qui a Belgrado, lungo la Sava esiste un “cimitero” di imbarcazioni. Carcasse, cargo, rimorchi che impolveriscono sulla banchina. Quello che provo a fare è dar nuova vita a questi scheletri abbandonati e arenati, attribuendo loro un enorme posto nonché significato all’interno delle mie opere. Talvolta quando il livello dell’acqua scende vengono a galla relitti di barche affondate, barche da rimorchio, e tale spettacolo mi risveglia sempre la fantasia.
A parte la ceramica quali altri materiali utilizzi?
Mentre lavoro provo ad ottenere l’immagine di una vecchia barca e della sua carcassa sgusciata, che il tempo ha corroso e sezionato. Mi sono concentrata solo su particolari elementi della barca e nel processo di stilizzazione e trasposizione sono giunta a nuove soluzioni di forme e composizioni. Accanto alle basi di ceramica, ai tessuti e agli smalti ho utilizzato anche dettagli il cui simbolismo è direttamente legato alle barche. Tali dettagli sono composti di diversi tipi di metalli (fil di rame o ferro, viti, pezzetti corrosi) raccolti in depositi, per le strade o all’interno di laboratori, che ho poi applicato sulla ceramica. Vivo quasi come una sfida questo assemblaggio di materiali diversi, che lentamente plasma e dà forma alle mie sculture.
Puoi descriverci brevemente i lavori degli altri cinque artisti? Condividete stili e linguaggi espressivi?
Direi di no, piuttosto partiamo dallo stesso punto di partenza per poi concentrarci sul proprio percorso personale. Durante gli anni di studi, ognuno di noi ha compiuto ricerche approfondendo temi e stili, per poi trovare una forma espressiva che oggi lo rende riconoscibile all’esterno. Per esempio Iva si concentra su colori tenui, mentre Ivana predilige tinte forti che innesta su linee astratte. Allo stesso modo i miei lavori potrebbero essere definiti sculture di ceramica, mentre Igor produce unicamente recipienti come tazzine e piatti. Quando qualcuno mette piede nella nostra galleria percepisce una continuità di fondo tra i diversi oggetti esposti, ma se si concentra un poco sui dettagli si accorgerà che sono il prodotto di sei autori diversi.
Ha qualche significato particolare il nome del vostro spazio?
Ciò che ci accomuna è la ceramica, e la fase più importante della sua lavorazione è la cottura, che avviene alla temperatura di 1250 gradi. Proviene da qui il nome della nostra galleria.
Avete occasione di esporre i vostri lavori anche al di fuori degli spazi di Gallery 1250°?
La cosa più importante per noi è farci conoscere come artisti. La partecipazione alle mostre è sempre tra le nostre priorità, anche se sono contesti molto diversi da Gallery 1250°, dove viene svolta principalmente un'attività di vendita. Parallelamente esponiamo in giro per il mondo, o trascorriamo periodi di studio presso colonie artistiche. Recentemente i nostri lavori sono stati ospitati all’interno di mostre collettive in Spagna, Svizzera, Portogallo, Italia e Croazia.
Gallery 1250° nasce anche come risposta alla mancanza di spazi urbani dove poter esprimere ed esporre la vostra arte. Qual è la situazione della scena culturale indipendente a Belgrado? Potresti descriverci il progetto "Belgrade Design District"?
A Belgrado non esistono gallerie che espongano i nostri lavori principalmente perchè mancano spazi che condividano i nostri gusti estetici, in cui potremmo inserirci. A dire il vero, la nostra galleria è l’unica in tutta Belgrado dove si può trovare solo e unicamente prodotti fatti a mano. La scena culturale belgradese è abbastanza vivace, o almeno prova a tenersi in vita. Luoghi come il "Belgrade Design District" hanno dato davvero una grande rinfrescata a questa città.
La storia legata al vicolo Čumićevo è molto affascinante. Questo è stato il primo grande magazzino della capitale, aperto negli anni trenta del secolo passato. Nell’ultimo decennio del Novecento si è trasformato in un luogo piuttosto spettrale, e le vetrine un tempo ricolme di merci provenienti dall’occidente si sono trasformate in vuoti locali. Per trasformare questo palazzo in un punto interessante sulla mappa di Belgrado, c’è bisogno di radunare designer e artisti cittadini, unire idee ed energia creativa e ridare linfa vitale a questo posto dimenticato, decrepito e abbruttito. Questo stiamo facendo, impegnandoci e combattendo affinché questo luogo nel cuore della città resista e non si trasformi nell’ennesimo garage o parcheggio per automobili.
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