Il 2005 dovrebbe essere l'anno decisivo per il Kosovo, l'anno in cui sono previsti i colloqui sulla definizione dello status della provincia. Fino ad ora è stato difficile trovare un'intesa tra i vari interessi in gioco. Ciononostante gruppi indipendenti stanno mettendo a punto nuove soluzioni, una di queste è il Kosovo come euroregione
In vista della soluzione finale dello status, la futura sistemazione del Kosovo e Metohija (Kosmet) è una delle questioni cruciali per la difesa dei Serbi di questa provincia e l'élite politica serba ne è cosciente, ciononostante a Belgrado non è ancora stato adottato un chiaro ed univoco concetto di decentramento. Oltre alle numerose proposte avanzate dal governo, dai singoli partiti e dalle organizzazioni, nessuno concetto si è imposto in modo tale di godere dell'appoggio della maggior parte dell'opinione pubblica o della maggioranza dei partiti del parlamento, o semplicemente ritenuto accettabile dalla amministrazione internazionale del Kosmet.
Il più recente contributo alla definizione del Kosovo è stato presentato in pubblico qualche giorno fa dal gruppo nominato "Partenariato per il Kosmet" ("Partnertsvo za Kosmet"), alla cui fondazione ha contribuito il presidente del Movimento serbo per la resistenza (SPOT) Momcilo Trajkovic. Questo modello, realizzato sull'esempio della Baviera, per il Kosovo prevede una massima indipendenza e intende questa regione come una "euroregione" nell'ambito della Serbia. Il Partenariato dovrebbe raggruppare i rappresentanti del governo, dell'opposizione, gli esperti, gli imprenditori e i rappresentanti delle organizzazioni non governative, e Dusan Janjic, coordinatore del Forum per le relazioni etniche, il quale ha aderito al Partenariato subito dopo la sua fondazione, ci spiega le linee di questo tipo di azione e i passi che si dovrebbero compiere per realizzare l'idea di un Kosovo come euroregione.
Janjic: il Partenariato è sorto dalla necessità di accelerare i processi in Serbia e di trovare un accordo per il problema del Kosovo. In quest'anno saranno avviati i colloqui sullo status finale della provincia, ma la Belgrado ufficiale non ha una strategia per questi colloqui. Il Partenariato è stato avviato da gruppi che si trovano d'accordo sulla prospettiva europea del Kosovo e considerano che sia necessario sfruttare l'esistente esperienza europea. L'intenzione è che si apra in pubblico un dibattito democratico su tutte le opzioni del futuro status del Kosovo. Per ora nel quadro del Partenariato esistono due proposte, una del Gruppo indipendente guidato da Trajkovic e comprende il Kosovo come euroregione, l'altra è simile ed è stata avanzata dal Forum per le relazioni etniche. La nostra idea è che con l'aiuto di questi due progetti esistenti si giunga ad una soluzione comune che sarebbe accettata dalla maggior parte dell'élite politica serba.
Fino ad ora chi si è unito al Partenariato e che aiuto potete aspettarvi?
Janjic: Per adesso la nostra proposta è stata appoggiata dal Movimento Forza Serbia (PSS), Nuova Serbia (NS) e dal Movimento serbo per la resistenza (SPOT), ma abbiamo ricevuto notizia che verrà sostenuta anche dal Movimento serbo per il rinnovamento (SPO). L'idea verrà presentata prima di tutto ai partiti del cosiddetto blocco democratico - Partito democratico (DS) e Partito democratico della Serbia (DSS), e poi alle organizzazioni non governative, mentre gli altri partiti, soprattutto il Partito radicale (SRS), dovrebbero entrarvi a livello di esperti. Il nostro intento è di creare un ampio insieme di forze che mediante i colloqui sulla strategia definiranno, più razionalmente di quanto fatto finora, i passi verso la soluzione definitiva dello status del Kosovo. Non possiamo più permetterci di parlare solo delle opzioni di divisione del Kosovo o del ritorno delle forze serbe nella provincia, piuttosto è necessario promuovere una politica attiva al posto di quella reattiva, una filosofia dello sviluppo europeo e della soluzione dei conflitti. Ovviamente non ci aspettiamo l'appoggio di tutti i partiti, ma speriamo che il Partenariato divenga una significativa iniziativa all'interno della Serbia.
Che concetto di euroregione potrebbe essere adottato per il Kosovo?
Janjic: L'euroregione, come modello che già viene adottato in Europa, in Kosovo sarebbe proprio una terza repubblica sotto monitoraggio europeo. La strategia di inquadramento per l'amministrazione del Kosovo, quale è stata realizzata dal Forum, prevede che lo status finale sia concepito nell'ottica della prospettiva europea del Kosovo e della Serbia, mentre il processo di stabilizzazione e di associazione con l'Unione europa dovrebbe essere condotto su tre binari - in particolare per la Serbia, il Montenegro e il Kosovo, ciò significherebbe pure lo sviluppo dei piani di azione per queste tre entità, con l'assunzione dei medesimi standard. Il controllo della formulazione e dell'accettazione dei piani di azione verrebbe eseguito dal governo della Serbia e Montenegro, e nel caso del Kosovo dalla missione della comunità internazionale. Tuttavia, se si volesse parlare comunque della creazione di una moderna euroregione in Kosovo, sarebbe necessario che anche la comunità internazionale imprimesse una svolta nella politica, e che con l'edificazione delle istituzioni passasse all'accoglimento degli standard chiave, come lo sviluppo della società, l'economia, le infrastrutture, le questioni di sicurezza, i ritorni e la lotta contro il crimine organizzato e il terrorismo. Il depositario di questo processo dovrebbe essere l'UE. L'Euroregione-Kosovo significa che il Kosovo avrebbe dei rappresentanti a Belgrado, ma anche un alto livello di autonomia. I cittadini del Kosovo avrebbero i loro passaporti, la loro bandiera, i domicili regionali e ciò risolverebbe molti problemi. Ovviamente, se una tale soluzione non fosse accettabile da parte albanese e serba, non resta che Belgrado e Pristina dialoghino sull'avanzamento, ma allora lo si deve fare in accordo con i principi di Helsinki, che comprendono pure la soluzione pacifica della questione delle frontiere.
La vostra proposta prevede la creazione di una sola euroregione o sarebbe applicabile anche fuori dal Kosovo?
Janjic: Il nostro concetto non si riferisce solo al Kosovo, perché il processo non può essere avviato solo a Belgrado e Pristina, ma parallelamente in tutta la regione, il che significa che ai colloqui dovrebbero far parte anche la Serbia, il Montenegro, il Kosovo, l'Albania e la Macedonia. All'inizio si tratterebbe di colloqui tra i rispettivi rappresentanti, e più tardi dovrebbe prendervi parte anche la NATO e dare un aiuto alle questioni relative alla sicurezza.
Avete anche un piano per le regioni nei territori degli stati che avete nominato?
Janjic: Parliamo di micro-regioni europee, per le quali è di fondamentale importanza l'aiuto dell'UE e gli investimenti mediante i progetti. La prima di tali micro-regioni potrebbe essere applicata al nord del Kosovo, comprendendo anche il versante del Sangiaccato e del Keljmendi, che si trova nell'Albania settentrionale. Questa microregione multietnica dovrebbe essere sviluppata secondo il programma europeo "Leader No.1", investire nell'agriturismo e investire nella produzione locale, mentre i partner strategici sarebbero, prima di tutti, l'Italia e la Grecia. La seconda microregione comprenderebbe Decani, Rozaje e Trpoja, l'ideale sarebbe rivolgersi al turismo e all'allevamento, e lì esistono già iniziative di varie organizzazioni non governative italiane. La terza microregione riguarderebbe Prizren, Kukes e Tetovo, nelle quali è già sviluppato il commercio, ma si potrebbe realizzare un agro-business. La quarta microregione comprenderebbe Gnjilane, Kumanovo, Vranje e Presevo e sarebbe basata sullo sviluppo dell'industria del tabacco. Tutte le microregioni si basano su un'idea corporativa, vale a dire sul rinnovamento della zadruga come base delle unità economiche. L'intento di una tale organizzazione è l'aiuto alla stabilizzazione delle basi sociali della società e la stimolazione della piccola e media impresa, con le quali si creerebbero le condizioni per un rapido sviluppo economico. Le microregioni stabilizzano la società, rinforzano l'economia locale e diminuiscono l'importanza delle frontiere, e la sostanza delle microregioni proposte è quella di bloccare la strada dei traffici illegali.
Possono essere aggiunte in tale progetto anche le città divise del Kosovo e le enclavi?
Janjic: Credo che per la soluzione dei problemi del Kosovo siano fondamentali i progetti di introduzione e mantenimento della fiducia. Una delle cose principali è certamente l'apertura di Pristina a tutti i cittadini del Kosovo, ma anche la diminuzione dell'estremismo nelle comunità albanesi. L'OSCE deve continuare a lavorare alla democratizzazione della società kosovara, ma è più importante includere i Serbi nella vita politica del Kosovo e ciò in un modo del tutto differente rispetto a quello adottato dall'UNMIK, per il quale ai Serbi vengono date condizioni e termini definitivi. Credo che non tutti i comuni del Kosovo possano avere la stessa struttura e lo stesso statuto. È illusorio, per esempio, che Pristina, la quale ha un alto numero di abitanti sia un unico comune, mentre è necessario porre una differenza tra i comuni monoetnici e quelli multietnici. Per questo tipo di piano è necessario del tempo, ma anche la creazione di una coalizione tra i partiti albanesi e quelli serbi, perché senza di questo non ci si possono attendere dei cambiamenti positivi. Una delle soluzioni per la divisione delle città è il modello che è stato adottato a Belfast o a Nicosia e comprende l'inclusione delle organizzazioni del settore civile che contribuiranno alla soluzione delle questioni riguardanti la sicurezza e lo sviluppo economico, con la società organizzata di ambo le parti della città. Quando è in questione Mitrovica, è organizzata solo la parte meridionale, quella albanese, mentre la parte settentrionale adesso dovrà organizzare i comuni e dopodiché iniziare il dialogo con la parte meridionale sulla reintegrazione. Qui si potrebbe adottare il modello dei colloqui di Ginevra su Gerusalemme, ovviamente sotto il patrocinio dell'UE.
Tutto ciò sarà accettabile anche per il governo serbo e i leader dei Serbi del Kosovo?
Janjic: Il problema coi leader serbi in Kosovo è che con loro si è agito in modo piuttosto deludente e poi che non sono disposti ad essere partner. I leader serbi vivono in isolamento e per questo è necessario che vengano incoraggiati al dialogo con gli Albanesi. Quando si tratta del governo serbo, possiamo parlare di due periodi. Il primo, dall'esposizione del premier Kostunica, in cui è stata promossa un'apertura per una politica attiva verso il Kosovo, ma dallo scorso autunno si è passati ad una specifica politica di semplificazione che si basa sulla soluzione di problemi singoli, come è adesso L'Aia, e la soluzione dei problemi del Kosovo è stata trascurata. Ora, il governo politicizza ogni questione, compresa pure la questione dell'elettricità per i Serbi, e con ciò pone se stesso in una posizione di scacco matto. In questo momento, sia il governo serbo che Soren Jessen Petersen conducono una politica sbagliata, una politica di esclusione che ci porta ad un punto morto. Pertanto, il problema più grosso è che il governo di Belgrado non agisce attivamente, e i Serbi del Kosovo, impauriti di un possibile ripresentarsi del 17 marzo, hanno perso la fiducia nelle istituzioni internazionali e si sono rivolti verso la Belgrado ufficiale, che costantemente li esclude dai colloqui. Non mi aspetto che il governo abbia intenzione di sostenere questo piano, perché questo non è il primo piano per la soluzione dei problemi del Kosovo, e il governo non ha chiarito la sua posizione nemmeno su uno dei piani precedenti.
Ci sono delle reazioni da parte della comunità internazionale alla vostra iniziativa?
Janjic: Queste reazioni ce le aspettiamo entro le prossime settimane, ma, dall'esperienza attuale, credo che l'UNMIK appoggi l'idea della regionalizzazione come buon modello per la soluzione della crisi. L'UNMIK a dire il vero non rispetta la Carta europea sull'autonomia locale e sul regionalismo e non ha fatto nulla per integrare i Serbi. Un ostacolo oggettivo è di certo il fatto che le istituzioni internazionali non sono riuscite a creare un consenso all'interno della maggioranza albanese riguardo il modello di riorganizzazione dell'autonomia locale, e se non è stato fatto fino ad ora, sono poche le possibilità che a ciò si ponga rimedio.
Durante l'elaborazione del piano avete consultato i rappresentanti delle comunità albanesi e cosa ci si può aspettare da loro?
Janjic: Gli esperti albanesi hanno fatto molti progetti in relazione al decentramento che hanno punti in comune con questo piano. Alcuni sono stati fatti dai colleghi del KIPRED e del Comitato per i diritti umani kosovaro, e si sono tenute pure diverse tavole rotonde in cui ci si è occupati di questa questione. Tutti gli attori sono d'accordo sul fatto che il decentramento sia necessario, e obiettivamente sono partner coi quali è possibile creare una collaborazione. Quando parliamo dei partiti politici degli Albanesi kosovari, si tratta soprattutto di ORA, che anche dal suo programma concorda con questa idea, ma anche il DPK di Rexhepi. Tuttavia, il maggior ostacolo per dei colloqui fruttuosi è la paura degli Albanesi di un possibile ritorno dello Stato serbo in Kosovo. Quando questa paura sarà allontanata sarà possibile dialogare su tutti i temi. Però, noi in questo momento siamo orientati verso la creazione di una partnership nell'ambito della Serbia, e quando lo avremo fatto inizieremo a riconoscere i possibili partner in Kosovo. Crediamo che esistano le potenzialità per la collaborazione e il dialogo, ma per adesso ancora non ci sono o almeno non nella misura necessaria, soprattutto a causa della paura, ma anche a causa della comunità internazionale, la quale non riesce proprio a trovare una strategia adeguata e funzionale per il Kosovo.
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