L'urna sferica (foto Gian Paolo Sammarco)

L'urna sferica (foto Gian Paolo Sammarco)

In Serbia, Chiesa e Stato si accordano per trasferire le spoglie di Nikola Tesla, da decenni esposte nel museo a lui dedicato, presso il tempio ortodosso di San Sava. Un’iniziativa anomala che incontra le resistenze del pubblico, degli scienziati e degli eredi del grande luminare

10/03/2014 -  Federico Sicurella Belgrado

“Non c’è niente di più naturale che le spoglie di questo grande pensatore siano preservate nel luogo più sacro del popolo serbo, il tempio di San Sava. Niente di più logico che tre grandi nomi della storia, della cultura e della scienza serba riposino uno accanto all’altro”. Sono queste le parole con cui lo scorso 28 febbraio il Patriarca Irinej, capo supremo della Chiesa ortodossa serba, ha salutato la firma dell’accordo che prevede la ricollocazione dell’urna di Nikola Tesla presso l’imponente cattedrale ortodossa belgradese. Gli altri due firmatari sono il presidente della giunta provvisoria di Belgrado, Siniša Mali, e il ministro dell’Energia Zorana Mihajlović, portavoce del governo centrale.

La dichiarazione del Patriarca rivela molto del carattere dell’iniziativa, che appare come un evidente quanto discutibile tentativo di ‘convertire’ la figura di Tesla in un simbolo etnico-religioso (con il rischio di vanificare i precedenti tentativi di ‘riconciliazione’ con la Croazia). Inoltre, a molti non è sfuggita la calcolata ambivalenza del leader religioso nel descrivere lo scenario prospettato: San Sava e Karađorđe Petrović (gli altri due grandi nomi a cui si fa riferimento) non sono infatti sepolti nella cattedrale, e neppure a Tesla spetterebbe questo privilegio. Il piano prevede invece di erigere una statua nel parco limitrofo, da affiancare a quelle già esistenti di San Sava e Karađorđe. Questo, vale la pena ricordarlo, sarebbe il terzo monumento a Tesla eretto a Belgrado, dopo quello di fronte alla Facoltà di elettrotecnica e quello che dà lustro all’omonimo aeroporto.

L’aspetto più controverso di questa vicenda, tuttavia, è la natura stessa dell’accordo. I nodi problematici sono almeno tre: primo, si tratta di un compromesso inedito tra autorità civili e vertici ecclesiastici, che getta un’ombra sull’autonomia e la laicità dello Stato. Secondo, la decisione esula dal mandato della giunta provvisoria di Belgrado (subentrata a seguito delle dimissioni del sindaco Dragan Đilas), che la vincola ad occuparsi solo di questioni di accertata urgenza. Terzo, l’accordo è stato stipulato senza consultare né la direzione del Museo Nikola Tesla, dove l’urna è custodita dal 1957, né i legittimi eredi del grande scienziato.

La risposta del pubblico: Lasciate in pace Tesla!

Spille "Difendiamo Tesla" (foto (F. Sicurella)

"Defend Tesla" brooches (photo F. Sicurella)

Quando hanno deciso di lanciare l’iniziativa Ostavite Teslu na miru (Lasciate in pace Tesla) sui social network, i promotori si aspettavano di raccogliere al massimo qualche centinaio di adesioni. Invece, nel giro di una settimana il numero di sostenitori ha superato i 35.000, segno che il tentativo di strumentalizzazione della memoria di Nikola Tesla ha smosso le coscienze di molti. L’8 marzo si è svolta una manifestazione di protesta presso il Museo Nikola Tesla, in via Krunska 51. A prendere la parola, di fronte a un pubblico di qualche centinaio di persone, sono stati i rappresentanti del movimento Spasimo nauku (Salviamo la scienza), che da mesi si batte contro la noncuranza del governo nei confronti della crisi del mondo scientifico serbo. Tra di essi c’era anche Milovan Šuvakov, il fisico che l’anno scorso fu co-autore di una rivoluzionaria scoperta relativa all’interazione gravitazionale.

La richiesta avanzata dai manifestanti è chiara: l’accordo è illecito e va quindi annullato. Se questo non dovesse succedere, il movimento si è detto pronto ad adire alle vie legali. In questa azione, il movimento Lasciate in pace Tesla può contare sull’appoggio di tre alleati importanti. Il primo è il direttore del Museo, Vladimir Jelenković, che già in passato si era opposto a ogni proposito di trasferire l’urna rivendicandone il carattere di bene culturale. Il secondo è l’autorevole settimanale Vreme, che parla di “arroganza pre-elettorale” e condanna la vicenda come un tentativo di captatio benevolentiae da parte del Partito progressista serbo (SNS), grande favorito alle prossime elezioni. La copertina dell’edizione del 6 marzo parla chiaro : “Giù le mani da Tesla”.

Il terzo alleato, probabilmente quello decisivo, è William H. Terbo (ex Trbović). Terbo è il più stretto parente vivente di Nikola Tesla, ed è anche rappresentante legale degli eredi del luminare per conto della Tesla Memorial Society di New York, città in cui Tesla visse e lavorò molti anni, prima di morirvi nel 1943. Fondata nel 1979, la Society si occupa di tutelare e promuovere l’eredità intellettuale del grande scienziato. Nei giorni scorsi, Terbo ha inviato una lettera alle autorità serbe per rivendicare il proprio diritto a essere consultato in merito alla decisione di trasferire le ceneri del suo antenato (testo della lettera in inglese ). Sebbene la lettera non esprima una chiara presa di posizione, è verosimile presumere che Terbo si opporrà all’iniziativa. Come si è ricordato più volte nel dibattito in corso, è proprio per volontà degli eredi che l’urna di Tesla venne trasferita da New York presso il Museo, dove si trova tuttora.

Appropriazioni indebite

La protesta di sabato 8 marzo ha ottenuto un primo successo concreto. Siniša Mali, presidente della giunta provvisoria, non ha aspettato lunedì per dichiarare ‘congelato’ l’accordo sul trasferimento dell’urna. “Proprio in ragione del dissenso emerso abbiamo deciso di sospendere la decisione e rimetterla nelle mani della futura amministrazione”, ha dichiarato Mali domenica scorsa.

L’esito della disputa, quindi, resta ancora incerto. Tuttavia, a fronte dell’energica reazione dell’opinione pubblica, delle irregolarità procedurali e del coinvolgimento dei rappresentanti legali degli eredi, appare chiaro che il progetto caldeggiato dalla Chiesa ortodossa non avrà vita facile. Il gruppo Lasciate in pace Tesla non ha intenzione di abbassare la guardia. “Il fatto che abbiano congelato il loro accordo non significa che noi congeleremo le nostre attività”, è il messaggio comparso oggi sui social network.

Comunque vada a finire, questa vicenda ha il merito di aver messo in luce i rapporti di potere tra la Chiesa ortodossa e il sistema politico serbo, che in periodo di campagna elettorale paiono farsi sempre più stretti. Il caso Tesla, infatti, non è l’unico esempio di ingerenza del potere ecclesiastico nella vita civile. Proprio il 28 febbraio, giorno della firma dell’accordo sul trasferimento dell’urna, la Chiesa ortodossa serba ha dovuto rinunciare a un altro tentativo di ‘appropriazione indebita’, questa volta di suolo pubblico. Nel quartiere di Stepa Stepanović, periferia di Belgrado, una squadra di operai al servizio di un certo Padre Stojadin aveva infatti intrapreso la costruzione abusiva di una chiesa, in un’area destinata a ospitare una struttura sanitaria. Gli abitanti della zona si sono ribellati all’abuso, e dopo tre giorni di proteste l’ispettorato edilizio ha disposto la chiusura definitiva del cantiere . I sostenitori del movimento Lasciate in pace Tesla si augurano un analogo lieto fine.


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