Danijela Orkestar (foto G. vale)

Danijela Orkestar (foto G. vale)

Prosegue il resoconto del viaggio lungo il Danubio organizzato da Confluenze e ViaggieMiraggi. In questa puntata ci si addentra nella Serbia rurale, incontrando il presidio Slow Food che produce la rinomata «rakija iz Rakije». Il tutto accompagnato dalla Danijela Orkestar

10/12/2019 -  Giovanni Vale

"Non è facile organizzarsi perché viviamo tutti in città diverse della Serbia e ognuno ha il proprio lavoro. L’orchestra, però, è la priorità, per cui riusciamo comunque a trovarci per le prove e ad avere un calendario per i concerti". Danijela Veselinović è raggiante quando parla di musica. I suoi tre fratelli, Slobodan, Bogdan e Bojan, stanno sistemando gli strumenti sul prato mentre il gruppo si accorda una breve pausa. La «Danijela Orkestar», con otto elementi, è l’unico ensemble di ottoni a guida femminile di tutta la Serbia. "All’estero la cosa non stupisce, ma qui sì, eccome!", esclama la trombettista. "I commenti che riceviamo sono però sempre molto positivi", assicura.

Fondato nel 2003, quando Danijela aveva appena 10 anni (e i suoi fratelli poco meno), il complesso si esibisce ora in tutta la Serbia, è ormai di casa al festival di Guča e da qualche anno suona anche all’estero. "Ora stiamo pensando di registrare anche un disco", anticipa Danijela. Riafferrata la tromba, la giovane musicista riparte verso il resto della banda, che pian piano si ricompone. Tutto intorno a noi, si vedono boschi a perdita d’occhio e un’unica stradina sterrata che si inerpica sulla montagna. Mentre gli ottoni si rimettono a suonare, chiedo ad un altro viaggiatore: "Ma come siamo arrivati così lontano?".

Nel cuore della Serbia rurale

È il nostro quinto giorno di viaggio. Dopo aver attraversato la Voivodina e visitato Belgrado, ci troviamo ora nel bel mezzo della Serbia, a Gledić, a metà strada da Kragujevac e Valjevo. Per arrivare fin qui, ci sono voluti tre mezzi di trasporto: prima il nostro battello, con cui stiamo scendendo il Danubio, poi l’autobus e infine la jeep, per salire fino alla località di Rakija, sperduta tra i frutteti. Qui, si trova il presidio Slow Food «Crvena Ranka», che produce la rinomata «rakija iz Rakije», ovvero la grappa (rakija) di Rakija, utilizzando le prugne della varietà autoctona «Crvena Ranka».

La Voivodina con le sue minoranze, il confine imperiale e le storie dei sajkaši sembrano ormai lontani anni luce, così come la capitale, Belgrado, e le vicende del Novecento. Un livello dopo l’altro, stiamo esplorando l’identità serba e siamo ora arrivati nella sua parte più rurale, forse più intima. Si tratta di un’area e di paesaggi che anche i viaggiatori che già conoscono i Balcani scoprono spesso per la prima volta. Non capita tutti i giorni di essere in una frazione di Gledić. Ma il senso di smarrimento che spiazza molti di noi fa parte del viaggio e serve a mostrare un aspetto fondamentale di questo paese.

"Veniamo qui, perché i Balcani sono una terra soprattutto agricola e nella quale i contadini fanno sempre più fatica, schiacciati da un lato dalla grande distribuzione e dimenticati dall’altro dallo stato e dall’Europa. Venire qui, significa anche dare sostegno ai piccoli produttori locali", spiega Eugenio Berra, coordinatore di Viaggi e Miraggi per i Balcani e tra i principali ideatori del viaggio lungo il Danubio. "Tutta la Serbia è rurale, compresa la capitale che rappresenta una vera e propria metropoli agricola", gli fa eco Mirjana Ostojić, responsabile del convivium Slow Food di Dorćol a Belgrado e seconda organizzatrice.

Mentre la Danijela Orkestar suona, sfilano tra le tavolate le prelibatezze della gastronomia locale, accompagnate dalla Crvena Ranka. "Può sembrare banale, ma portare un gruppo di viaggiatori curiosi e che sanno apprezzare le ricchezze di questi luoghi è il modo migliore per dare fiducia agli agricoltori - riprende Eugenio - fa loro capire che quello che fanno ha un valore e che in questi luoghi può esserci un futuro". Lungo la strada che ci ha portato a Gledić e poi a Rakija, abbiamo visto molte case abbandonate, un’immagine ricorrente nei paesaggi rurali dei Balcani. In questo contesto, il fatto che la famiglia Veljović sia rimasta ed abbia ripreso a produrre grappa 15 anni fa è un piccolo miracolo.

"Uno di quei miracoli che per fortuna accadono sempre più spesso", chiosa Mirjana Ostojić, che spiega che "noi, come Slow Food, siamo sempre alla ricerca di persone così, per allargare la nostra rete e sostenere il loro ritorno alla terra". La storia di Veljović è una storia di successo relativamente recente, segno che le cose possono cambiare abbastanza rapidamente. Il Convivium Slow Food di Gledić è stato aperto appena nel 2011, a cui si è aggiunto due anni dopo il Presìdio della rakija di prugne Crvena ranka, ancor oggi l’unico di tutta la Serbia. "Oggi produciamo tra i 3mila e i 4mila litri di rakija all’anno e l’obiettivo sarebbe arrivare a 7mila, per usare a pieno gli otre tre ettari di frutteti", racconta Dejan Veljović, che mostra con orgoglio la proprietà: "Abbiamo ristrutturato questa vecchia casa in stile moravo del 1913 e abbiamo delle botti in legno di quercia per far invecchiare la grappa fino a vent’anni".

Il senso del viaggio

Circondato dai viaggiatori, Dejan risponde alle domande, fa assaggiare i diversi tipi di grappa e spiega la distillazione portata avanti in modo tradizionale. I miei compagni di viaggio prendono il tempo di ascoltare, di curiosare e di mescolarsi. Non c’è fretta a Gledić e tanto meno una lista di “must-see” da vedere in un paio d’ore. Ed è proprio questo il senso del viaggio che abbiamo deciso di seguire. Un lento sprofondare all’interno della cultura danubiana, per tornare a casa arricchiti di esperienze e, spesso, piacevolmente stupiti dal volto dei luoghi attraversati e della Serbia rurale.

"Devo dire che spesso queste scoperte superano le aspettative dei nostri ospiti", ammette Mirjana Ostojić del convivium Slow Food di Dorćol. A sette anni di distanza dalla sua prima edizione, il peregrinare lungo i sapori del grande fiume ha messo in relazione decine di persone, fatto nascere nuovi progetti e sviluppato alcune realtà esistenti. "I benefici sono sempre più evidenti e si riflettono soprattutto sulla qualità della vita delle comunità coinvolte. Non mi riferisco solo ai nuovi investimenti, ma anche alle esperienze generate dall’interazione con i nostri viandanti", prosegue Mirjana.

Anche Eugenio Berra è ottimista. "Quando nel 2011, io e Michele Rumiz (responsabile dei progetti di Slow Food nei Balcani e nell’Est Europa, ndr.) ci siamo inventati questo progetto danubiano, era molto più difficile presentare questi luoghi come destinazioni di un turismo slow, capace di coniugare culture locali, produzioni tipiche e gastronomia di qualità. Dopo quasi dieci anni, si può dire che la scommessa è vinta". Il successo è evidente anche sul prato di casa Veljović. Turisti, musicisti e produttori locali ballano ormai un kolo frenetico, mentre i bicchierini di rakija continuano ad essere riempiti e svuotati a ritmo di musica. Il repertorio della Danijela Orkestar sembra infinito e quando arriva il tempo di ripartire nessuno ha bene in mente che ora sia.

Domani, lasceremo Gledić per tornare sul Danubio e arrivare fino alle Porte di ferro. Visiteremo quello che è forse l’ultimo strato, il più profondo, del nostro viaggio, quello di un fiume senza tempo, confine romano e culla neolitica, fonte di vita e di commistione tra popoli e culture.

Dall’11 al 18 agosto, «Confluenze. Nel sud-est Europa con lentezza» ha organizzato un viaggio lungo il Danubio serbo, in collaborazione con ViaggieMiraggi e Slow Food. A bordo di un piccolo battello che navigava tra i sapori e le storie del grande fiume, c’era anche un inviato di OBC Transeuropa. La prima puntata del suo diario


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