Migranti, parte la costruzione della barriera sul confine Ungheria-Serbia

15 luglio 2015

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Per il momento si parla di fase “sperimentale”: poche centinaia di metri di rete e filo spinato. Il primo passo però è compiuto e – di fatto – lunedì 13 luglio l'Ungheria ha cominciato a costruire l'annunciata barriera “anti-migranti” sul confine con la Serbia.

Secondo quanto annunciato dalle autorità di Budapest, la decisione sull'estendere o meno il muro su tutti i 175 chilometri del confine (con costi previsti intorno ai 20 milioni di euro) verrà presa nelle prossime settimane.

Nel frattempo, dopo che la recente luce verde del parlamento, che ha approvato anche misure restrittive alla possibilità di richiedere asilo (una decisione in parte rivista dopo le proteste a livello comunitario), l'esercito ungherese ha iniziato ad innalzare i primi metri di barriera non lontano dalla cittadina di confine di Mórahalom.

Nei primi sei mesi del 2015 l'Ungheria ha registrato l'ingresso di circa 70mila migranti e richiedenti asilo, con un forte aumento rispetto alle cifre dell'anno precedente (43mila). La risposta, lungo la controversa strada già aperta da Grecia e Bulgaria, è stata quella di costruire una barriera fisica sul confine con la Serbia.

I migranti, diretti per lo più verso i paesi ricchi dell'Europa centrale e settentrionale, arrivano infatti dalla Serbia, dopo aver attraversato la cosiddetta “rotta balcanica”, che partendo dalla Turchia comprende Grecia, Macedonia o Bulgaria.

La decisione di Budapest ha sollevato non poche perplessità in Serbia, paese candidato alla membership europea ed ha dato vita a proteste da parte di settori della società civile nella stessa Ungheria. L'iniziativa ungherese di innalzare nuovi muri nel cuore dell'Europa è stata fortemente criticata anche dalle Nazioni Unite e dal Consiglio d'Europa.

Il nocciolo del problema, però, non può essere individuato solo nelle decisioni di paesi situati alla periferia dell'Unione. La vera questione, resta la mancanza di una strategia e di una visione strategica a livello UE sulla gestione di un fenomeno complesso e di lunga durata come le migrazioni verso il Vecchio Continente.

Finché questa sarà assente, per i governi di paesi come Ungheria e Bulgaria, sarà facile giustificare l'innalzamento di nuove barricate nascondendosi dietro al mantra della “mancata solidarietà” a livello comunitario.