Il presidente russo ha fatto visita a Belgrado il 17 gennaio scorso. Prova di forza del presidente serbo Aleksandar Vučić che, secondo i media locali, ha portato per l'occasione nelle strade della capitale centomila persone
Circa 100mila persone arrivate da tutta la Serbia, aerei mig che sorvolano la città, colpi di cannone, strade addobbate con i colori della bandiera russa: questa l’accoglienza riservata al presidente russo Vladimir Putin durante la sua visita a Belgrado il 17 gennaio scorso.
Putin è tornato a Mosca con un cucciolo di pastore dei Monti Šar di tre mesi ricevuto in dono dal presidente serbo Aleksandar Vučić, il quale è stato insignito dal suo omologo russo dell’Ordine di Aleksandr Nevskij.
Belgrado ha ottenuto rassicurazioni sul fatto che la Russia continuerà a sostenere la politica serba verso il Kosovo. Inoltre, sono stati firmati più di 20 accordi bilaterali e un contratto commerciale relativo alla costruzione dell’infrastruttura ferroviaria.
Tre parole, "Grazie dell’amicizia"
Questo è, in sintesi, il risultato della visita del presidente Putin a Belgrado. L’impressione suscitata da questo evento, di cui i media serbi continuano a parlare, è di gran lunga più notevole. Per un intero giorno Belgrado è stata completamente bloccata e le principali strade sono state chiuse al traffico, tranne che per oltre mille autobus organizzati dal partito del presidente Vučić e provenienti da tutto il paese, con a bordo i partecipanti ad una manifestazione in onore di Putin. Alcuni dei partecipanti intervistati hanno detto di essere venuti “su ordine”, in quanto dipendenti di aziende pubbliche, mentre altri hanno scelto di venire perché sostengono la politica di Vučić.
La Radio televisione della Serbia (RTS) per tutto il giorno ha informato i cittadini sui dettagli della visita, trasmettendo in diretta la conferenza stampa congiunta dei due presidenti; la visita al cimitero dei caduti durante la liberazione di Belgrado nella Seconda guerra mondiale, dove sono sepolti anche soldati russi, e l’incontro di Putin con i rappresentanti del governo serbo e con altri ospiti, tra cui c’era anche il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik.
La visita si è conclusa davanti al Tempio di San Sava nel centro di Belgrado, dove Putin si è rivolto alle persone radunate con sole tre parole, “grazie dell’amicizia”, lasciando deluso il presidente Vučić che, come si è potuto sentire durante la diretta televisiva, ha chiesto al patriarca serbo Irinej di provare a convincere Putin a pronunciare un discorso.
Con la sua tipica espressione inamovibile, Putin ha ascoltato anche il ministro degli Esteri serbo Ivica Dačić che durante il pranzo ha cantato "Kalinka" in suo onore.
Vicinanza
Non sorprende che molti cittadini serbi provino affetto per la Russia. I popoli slavi che professano la fede ortodossa sono legati da molte vicende storiche che li hanno visti stare “dalla stessa parte”. È ancora fresco il ricordo dei bombardamenti della Nato del 1999 sull’allora Federazione di Jugoslavia, quando la Russia appoggiò la Serbia.
“È chiaro che senza la Russia non ci sarà alcuna soluzione [della questione del Kosovo]. Prima di prendere qualsiasi decisione in merito, mi consulterò con il presidente Putin”, ha dichiarato il presidente Vučić durante la conferenza stampa congiunta.
Putin, dal canto suo, ha criticato le autorità kosovare per aver intrapreso “azioni provocatorie”, come l’avvio della procedura per la formazione dell’esercito del Kosovo che rappresenta una violazione della Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, constatando che l’Unione europea finora “ha fatto ben poco” come mediatore nel dialogo sulla normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Pristina.
Nonostante il 75% del totale degli investimenti esteri diretti in Serbia provenga dall’UE e nonostante la Russia non sia nemmeno tra i primi dieci investitori nel paese, tra molti cittadini serbi è diffusa la convinzione che la Serbia non diventerà mai membro dell’UE e che all’Occidente interessi solo che Belgrado riconosca l’indipendenza del Kosovo, a differenza della Russia, considerata uno storico alleato della Serbia.
Questa convinzione, spesso alimentata dalle dichiarazioni dei funzionari statali, a volte raggiunge i limiti dell’assurdo. Il giorno dopo la visita di Putin, alcuni tabloid vicini al governo serbo hanno scritto che a Belgrado le chiamate al pronto soccorso sono diminuite, perché grazie alla presenza di Putin “i cittadini si sentivano molto meglio”.
Dal Turkish Stream al cosmo
Durante la visita di Putin, alla quale hanno partecipato, secondo quanto riportato dai media, anche i rappresentanti di più di 40 aziende russe, sono stati firmati oltre 20 documenti bilaterali, compresi diversi protocolli, memorandum e dichiarazioni di cooperazione. L’unico accordo commerciale sottoscritto durante la visita riguarda la costruzione dell’infrastruttura ferroviaria in Serbia. I media hanno riportato i dati resi noti dal ministero dell’Edilizia, Trasporti e Infrastrutture, secondo cui l’accordo prevede investimenti da parte della Russia per un ammontare complessivo di 230 milioni di euro.
I più importanti documenti firmati riguardano l’ampliamento del deposito di gas di Banatski Dvor dagli attuali 450 a 750 milioni di metri cubi e la costruzione del tratto serbo del gasdotto Turkish Stream. I media serbi citano le stime riportate dal quotidiano russo Kommersant, secondo cui la Russia sarebbe “disposta a investire 1,4 miliardi di dollari per la costruzione di un tratto del gasdotto Turkish Stream nel territorio serbo”. Il ministro dell’Energia serbo Aleksandar Antić ha dichiarato che durante la visita di Putin “sono stati definiti i primi passi da compiere da entrambe le parti”.
Non è dato sapere in che modo la Russia intenda sostenere e partecipare alla ristrutturazione della centrale idroelettrica di Đerdap 2 né quale sia il contenuto degli accordi firmati nel campo dell’innovazione e dell’economia digitale. Secondo quanto riportato dai media, tra i principali documenti firmati c’è anche un accordo sull’uso pacifico dell’energia nucleare, un memorandum di intesa nel campo delle tecnologie digitali e un memorandum sullo sviluppo di innovazioni nel settore dell’energia elettrica. Tra i tanti memorandum e accordi non vincolanti, pieni di “buoni auspici”, ce n’è uno che ha destato particolare attenzione, quello sulla cooperazione nell’ambito dell’esplorazione e l’uso dello spazio cosmico.
Da notare inoltre che non c’è stata alcuna dichiarazione ufficiale in merito alle continue sollecitazioni da parte di Mosca affinché il governo serbo conceda lo status diplomatico al personale russo del centro umanitario situato nel sud della Serbia. Questa richiesta non ha mai incontrato l’approvazione degli alleati occidentali della Serbia e al momento la questione sembra destinata a rimanere aperta.
Folla di sostenitori come dimostrazione del potere e prova di forza
Il messaggio più chiaro emerso dall’incontro tra il presidente serbo e il suo omologo russo riguarda la politica estera dei due paesi. Con la sua visita a Belgrado, Putin ha voluto dimostrare che, nonostante la sconfitta della politica russa in Macedonia e Montenegro, Mosca non ha perso tutta la sua influenza nei Balcani e che ha ancora voce in capitolo sulle questioni riguardanti i confini tra i paesi della regione e lo status del Kosovo. Il presidente Vučić, che dichiaratamente sostiene l’adesione della Serbia all’Unione europea, ha fatto sapere che la vicinanza con la Russia è parte integrante della politica estera serba e che Belgrado non ha alcuna intenzione di appoggiare le sanzioni dell’UE contro Mosca né tanto meno di aderire alla Nato.
Ciò che ha impressionato i cittadini serbi più di qualsiasi dichiarazione rilasciata durante la visita è stata la dimostrazione di potere e di forza messa in scena dal presidente Vučić. La manifestazione che Vučić ha organizzato in onore di Putin sotto lo slogan “Uno dei 300 milioni”, ispirato a un detto serbo che recita “Noi [serbi] e russi siano in 300 milioni”, in realtà è stata rivolta all’opinione pubblica serba, e soprattutto a quei cittadini che, sotto lo slogan “Uno dei 5 milioni”, ormai da otto settimane protestano a Belgrado e in altre città della Serbia.
Il giorno prima della visita di Putin, mercoledì 16 gennaio, decine di migliaia di persone si sono riunite nel centro di Belgrado per una marcia commemorativa in occasione dell’anniversario dell'omicidio di Oliver Ivanović, uno dei principali leader politici serbo-kosovari e un fermo oppositore della politica del regime di Belgrado. A differenza delle persone che hanno partecipato alla manifestazione in onore di Putin su invito del partito al governo, guidato dal presidente Vučić, i cittadini che hanno voluto ricordare Oliver Ivanović si sono riuniti spontaneamente e hanno marciato in un corteo silenzioso capeggiato da uno striscione che recitava le parole pronunciate da Ivanović: “Noi siamo comunque di più”.
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