Dal documentario Brat di Vanja Stokić e Ajdin Kamber - eTrafika

Dal documentario "Brat" di Vanja Stokić e Ajdin Kamber - eTrafika

Migrazione lungo la rotta balcanica, con inchieste sulle reti criminali che operano indisturbati e sull'opera della società civile nel ridare identità ai morti lungo la rotta: premiati all’EU Award for Investigative Journalism 2024 due documentari dai Balcani occidentali

26/11/2024 -  Nicole Corritore

L'EU Award for Investigative Journalism è organizzato da Thomson Media, realtà impegnata nello sviluppo dei media e nella promozione della libertà di stampa, con la collaborazione con un'ampia rete di altri soggetti. Come accaduto l’anno scorso, il concorso è stato organizzato come parte del progetto "Strengthening Quality Journalism in Western Balkans and Türkiye II", che mira a migliorare la visibilità del giornalismo di qualità.

Di recente, sono stati assegnati i premi dell'edizione 2024 , in cui le giurie dei diversi paesi coinvolti, hanno selezionato primo, secondo e terzo posto per singolo paese, e tre vincitori su scala regionale. Tra questi ultimi il primo e il terzo posto sono stati assegnati a due inchieste legate alle persone in movimento lungo la rotta balcanica sottoposte a violenza e respingimenti alle frontiere, con viaggi pericolosi se non mortali, estenuati e costosi nelle mani di reti criminali di trafficanti.

Il primo posto su scala regionale è stato assegnato al lavoro della giornalista Ksenija Pavkov, della Tv N1, dal titolo “Ispod površine: U mreži” (Under the surface: In the net ”, 47').

Un lavoro di indagine che racconta la storia di una realtà criminale che in Serbia, a partire dal 2015 con l’inizio dell’ondata di profughi provenienti dal Medio Oriente che attraverso la rotta balcanica cercava di raggiungere i paesi dell’Ue, tiene saldo in mano il traffico di esseri umani. "Le reti di trafficanti di esseri umani  mi ricordano la mafia italiana. Tutti i gruppi più forti hanno contatti con la polizia e con la BIA (Agenzia governativa di sicurezza della Serbia)", dice una voce fuori campo in apertura della video-inchiesta.

Organizzazioni diventate tanto più lucrose quanto più sono stati costruiti muri e barriere di filo spinato alle frontiere, rafforzate politiche securitarie e rimaste impunite le violazioni dei diritti umani di profughi, rifugiati e richiedenti asilo.

“Il documentario 'In the Net' racconta la storia di un mondo criminale quasi completamente sconosciuto. "Scopri chi sono i trafficanti e come sono organizzati”, cita la presentazione del documentario sul sito di N1, aggiungendo infine delle domande alle quali la video-inchiesta cerca di dare risposte: “Perché il prezzo per il futuro in Europa occidentale può costare diverse migliaia di euro, e a volte anche la vita umana? In che modo la Serbia si è trasformata da un paese che mostrava empatia nei confronti dei rifugiati, a un paese in cui i rifugiati si inginocchiano con la testa chinata davanti al ministro in azione? Dove si nascondono i trafficanti e come fanno a non essere visti dalla polizia? Dov'è la Serbia? Dov’è l’Europa? E dove sono le persone in tutto questo?”.

Il terzo premio è stato assegnato invece al documentario d'inchiesta di Vanja Stokić e Ajdin Kamber, giornalisti del portale bosniaco eTrafika.net, dal titolo “Nezaključeni gubitak, Dokumentarni film Brat” (Ambiguous loss, Documentary film Brother ) girato in 18 diversi luoghi di tre stati dei Balcani. Affronta un’altra pagina quasi sconosciuta, o taciuta, dai media internazionali: le decine di persone provenienti da Asia e Africa che muoiono nei fiumi tra Serbia, Bosnia Erzegovina e Croazia.

Solo pochi vengono identificati e un numero bassissimo di questi morti viene restituito alle famiglie nei paesi di origine. Sepolti in cimiteri locali, senza che dai corpi venga prelevato un campione per l’analisi del DNA, diventa impossibile per le famiglie sapere cosa sia accaduto e dove giacciono i corpi degli scomparsi. E, come cita la presentazione del documentario, "Se un giorno si presentassero nei Balcani alla ricerca dei loro parenti, a causa della mancanza di documenti, le istituzioni non saprebbero quale tomba riesumare. Tombe che, oltretutto, rimangono trascurate e dimenticate."

"Sono partito dall'Afghanistan a fine 2018 con mio fratello. Abbiamo dovuto farlo, perché siamo di una nazionalità (hazara) perseguitata". In apertura è Nasim che racconta del suo viaggio, per fuggire dalla morte dopo che alcuni parenti erano stati uccisi, fino alla Turchia, Grecia, e poi Bosnia Erzegovina, dove nell'attraversamento di un fiume di confine perde suo fratello portato via dalla corrente. Il corpo verrà trovato in Croazia e poi recuperato da alcuni volontari per la sepoltura in Bosnia, vicino a dove Nesim è rimasto da richiedente asilo.

È solo grazie agli sforzi di gruppi di attivisti, e singole persone, che negli ultimi anni sono stati risolti diversi casi per cui le famiglie sono riuscite ad ottenere informazioni, oltre alla restituzione della salma. Sebbene le procedure per l’identificazione e la restituzione dei corpi siano molto complicate e fuori dalla portata economica delle famiglie, con le istituzioni locali che non prevedono alcun sostegno.


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