La situazione dei media e giornalisti in Serbia sta peggiorando sempre più. Lo dimostra la recente uscita di ben cinque associazioni di categoria dal "Gruppo di lavoro per la sicurezza e la protezione dei giornalisti", creato dal governo lo scorso dicembre. Gli attacchi ripetuti contro i giornalisti di KRIK hanno fatto traboccare il vaso
Cinque organizzazioni e associazioni di giornalisti e media serbi – l’Associazione indipendente dei giornalisti della Vojvodina (NDNV), l’Associazione indipendente dei giornalisti della Serbia (NUNS), l’Associazione dei media, l’Associazione dei media online (AOM), l’Associazione dei media indipendenti locali Lokal pres e la Fondazione Slavko Ćuruvija – hanno abbandonato il "Gruppo di lavoro per la sicurezza e la protezione dei giornalisti" istituito dal governo serbo nel dicembre dell’anno scorso.
Il motivo che le ha spinte a prendere tale decisione è l’assordante silenzio di altri membri del Gruppo di lavoro di fronte agli attacchi a cui è esposto il portale investigativo KRIK che si occupa di temi legati alla corruzione e criminalità organizzata.
In questo momento il futuro del Gruppo di lavoro per la sicurezza dei giornalisti appare del tutto incerto, perché con la decisione delle cinque rinomate associazioni di uscirne, quest’ultimo ha perso credibilità, e di conseguenza è stata messa in discussione l’efficacia del suo impegno in un ambito così importante come quello della sicurezza dei giornalisti.
Il ministero della Cultura e dell’Informazione ha invitato le associazioni che hanno lasciato il gruppo di lavoro a ripensarci “per poter continuare a lavorare insieme per migliorare la sicurezza e la protezione dei giornalisti allo scopo di creare un ambiente mediatico migliore”. Ad oggi però l’appello del ministero non ha sortito alcun effetto.
I media filogovernativi, perlopiù tabloid, ma anche alcune emittenti televisive a copertura nazionale, hanno esplicitamente accusato KRIK di collaborare con un’organizzazione criminale guidata da Veljko Belivuk, meglio noto come Velja Nevolja, che è anche leader del gruppo di ultras di calcio “Principi”.
Recentemente, nell’ambito di una grande operazione di polizia, Belivuk e una decina di membri della sua banda sono stati arrestati con l’accusa di essere coinvolti in diversi omicidi e nel traffico di stupefacenti, nonché di aver preparato un attentato al presidente serbo Aleksandar Vučić.
La criminalizzazione di KRIK – uno dei più rinomati portali investigativi e vincitore di numerosi premi in Serbia e all’estero – è iniziata dopo la pubblicazione di una conversazione tra Belivuk e i genitori di un ragazzo scomparso, Strahinja Marković, che si sospetta sia stato ucciso. Stando a quanto riportato dall’emittente televisiva Pink, vicina al Partito progressista serbo (SNS), Belivuk avrebbe consigliato a Nenad Marković, padre del ragazzo scomparso, di rivolgersi ai giornalisti di KRIK.
Subito dopo si è fatto sentire anche il presidente Vučić, invitando l’opinione pubblica serba a “non attaccare né KRIK né nessun altro”, ma il suo appello è sembrato ipocrita e cinico, tanto più perché alcuni funzionari dell’SNS, nelle loro esternazioni pubbliche, hanno continuato ad accusare KRIK di essere legato al gruppo criminale guidato da Belivuk, mentre i media filogovernativi hanno continuato a pubblicare articoli con titoli del tipo: “KRIK è diventato portavoce di Belivuk ”, “Un'intesa segreta tra KRIK e Belivuk ”.
A preoccupare i giornalisti di KRIK, ma anche le associazioni di categoria, è il fatto che gli articoli dai titoli come quelli di cui sopra, oltre a mirare a screditare professionalmente i giornalisti di KRIK, mettono a rischio la loro incolumità.
In Serbia ormai da tempo è in corso una feroce guerra tra due clan criminali, il clan di Škaljari e il clan di Kavač, nella quale hanno perso la vita decine di persone. Il tentativo di collegare i giornalisti di KRIK a uno dei clan coinvolti nel conflitto li rende potenziali bersagli dell’altro clan.
Il caporedattore di KRIK Stevan Dojčinović ha dichiarato che KRIK non ha mai subito attacchi così brutali come quelli attuali, aggiungendo che KRIK scrive sulla banda di Belivuk e sui suoi legami con il potere dal 2016 e “ora all’improvviso stanno cercando di dimostrare che noi collaboriamo con i criminali”.
“Mi sembra piuttosto incredibile ed è ovvio che non mi sento al sicuro, come anche l’intera redazione”, ha affermato Dojčinović.
Ivana Stevanović, direttrice della Fondazione Slavko Ćuruvija , ha dichiarato che hanno deciso di abbandonare il gruppo di lavoro per la sicurezza dei giornalisti a causa del “muro del silenzio” intorno agli attacchi ai giornalisti di KRIK. Stando alle sue parole, il parlamento serbo ha ripreso la narrazione diffusa dai tabloid, continuando a bersagliare i giornalisti di KRIK. Stevanović mette in guardia sul fatto che quello a cui assistiamo è uno dei casi più seri di attacchi ai giornalisti serbi degli ultimi dieci anni.
Tamara Filipović, segretaria generale della NUNS , ha spiegato che la sua associazione è uscita dal gruppo di lavoro perché non è stato compiuto alcun progresso tangibile per quanto riguarda la sicurezza dei giornalisti.
“Non abbiamo notato alcun miglioramento. Anzi, gli attacchi verbali e gli insulti rivolti ai giornalisti, soprattutto da parte dei politici, sono proseguiti anche dopo che siamo entrati a far parte di questo gruppo, nel quale siedono anche alcuni rappresentanti dello stato”, ha dichiarato Tamara Filipović.
A prescindere dall’epilogo della vicenda, la decisione delle associazioni dei giornalisti di uscire dal gruppo di lavoro ha fatto riemergere la questione della sicurezza dei giornalisti, che sembra essere riattualizzata da una nuova prospettiva. Se finora c’era qualche dubbio, ora la maggior parte dei giornalisti e media indipendenti sembra essere convinta che senza un sostanziale cambiamento nell’atteggiamento della leadership al potere nei confronti dei media critici non possa essere compiuto alcun passo in avanti per migliorare la sicurezza dei giornalisti.
Stando ai dati della NUNS, dall’inizio di quest’anno sono stati registrati 21 casi di pressioni e attacchi ai giornalisti. Va ricordato che in Serbia, oltre al Gruppo di lavoro per la sicurezza e la protezione dei giornalisti, è attiva anche una commissione incaricata di fare chiarezza su alcuni omicidi di giornalisti, nonché il Gruppo di lavoro permanente per la protezione dei giornalisti e, su iniziativa dell’ombudsman serbo, è stato raggiunto anche un accordo per creare una “piattaforma per registrare i casi di minacce alla sicurezza e pressioni ai giornalisti e altri professionisti dei media”.
Nonostante i tentativi della leadership al potere di dimostrare, attraverso la creazione di diverse commissioni e gruppi di lavoro, di voler occuparsi della sicurezza dei giornalisti, la situazione in cui oggi si trovano i giornalisti serbi, soprattutto quelli critici nei confronti del potere, è la più difficile degli ultimi decenni, come dimostra, tra l’altro, il caso del giornalista Milan Jovanović, la cui casa è stata data alle fiamme nel 2018.
Quello che preoccupa è il clima generale in cui lavorano i giornalisti, caratterizzato da costanti attacchi ai media indipendenti da parte dei tabloid, ma anche da parte dei deputati del parlamento serbo, soprattutto quelli della coalizione di governo, che accusano i giornalisti di essere “mercenari al soldo degli stranieri” e trattano alcuni media indipendenti come avversari politici.
In queste circostanze, in cui è piuttosto ovvio che il potere sta creando un ambiente in cui i giornalisti si sentono sempre meno al sicuro, è irrealistico aspettarsi che i giornalisti possano essere protetti (solo) creando varie commissioni.
I giornalisti e media serbi sono sempre più consapevoli del fatto che la chiave di volta della sicurezza dei professionisti dell’informazione sta in un sostanziale cambiamento dell’atteggiamento della leadership al potere nei confronti dei media indipendenti. È necessario dialogare con il governo, ma gli ultimi attacchi al portale KRIK e la decisione delle associazioni di categoria di abbandonare il gruppo di lavoro per la sicurezza dei giornalisti dimostrano che il governo non è pronto a cambiare la narrazione dominante allo scopo di proteggere i giornalisti, limitandosi a istituire delle commissioni.
L’atteggiamento dell’élite al potere nei confronti dei media critici è un problema molto più serio della (mancata) partecipazione delle associazioni dei giornalisti e media ai lavori delle varie commissioni e organismi istituiti dallo stato.
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