In Slovenia dal 23 ottobre ad oggi ci sono state ben tre consultazioni elettorali e dal 13 novembre, in cui si è svolto il secondo turno delle presidenziali, si vota interrottamente per quattro domeniche di fila
Oramai in Slovenia i cittadini stanno facendo amicizia con i membri delle commissioni elettorali nelle loro circoscrizioni e nelle prossime due settimane avranno modo di approfondire la loro conoscenza. Dal 23 ottobre ad oggi ci sono state ben tre consultazioni elettorali e dal 13 novembre, in cui si è svolto il secondo turno delle presidenziali, si vota interrottamente per quattro domeniche di fila. Che non sia una cosa seria se ne stanno accorgendo in molti, eccetto forse, chi ha avuto la brillante idea di far passare il paese da una votazione ad un'altra e da una campagna elettorale all’altra.
Non ci resta che andare con ordine. Il 13 novembre scorso era in programma il secondo turno delle presidenziali. A vincere è stata Nataša Pirc Musar, che ha battuto Anže Logar, che al primo turno aveva raccolto il maggior numero di consensi. Candidata con il supporto di Milan Kučan, il primo presidente della Repubblica e la figura forse ancora più carismatica del centrosinistra nazionale, la Pirc Musar, si è imposta senza il supporto dei partiti di governo, che obtorto collo l’hanno appoggiata al secondo turno pur di non far vincere il centrodestra. Le cose non sono andate proprio lisce, tanto che il centrosinistra ha dovuto sudare le proverbiali sette camice per far vincere la Pirc Musar e per convincere gli elettori a votare una candidata che ha sfoderato una retorica più populista che di centrosinistra, se si esclude il suo attaccamento ai valori della Resistenza ed il suo acclarato "antijanšismo". Il risultato è che adesso la maggioranza dovrà convivere con una presidente che gli deve poco o nulla.
Il suo antagonista, Anže Logar ha perso perché i cittadini lo hanno considerato troppo legato a Janez Janša. Lui in campagna elettorale ha fatto di tutto per dimostrare che non erano la stessa cosa. In ogni modo, grazie ai suoi toni gentili, tutt’altro che caratteristici per il centrodestra sloveno, è riuscito a raccogliere un sacco di consensi, tanto da sfiorare la vittoria. Potrebbe essere un insegnamento per Janez Janša e per il suo partito, che probabilmente non saprà cogliere.
Intanto la Pirc Musar ha dimostrato che, come presidente della Repubblica, non mancherà di generare polemiche. Lei, del resto, aveva più volte detto che non avrebbe tenuto la bocca chiusa come il suo predecessore. Così ha iniziato a parlare sin dal giorno della sua elezione ed ha subito fatto arrabbiare la minoranza slovena in Austria affermando che la loro tutela era esemplarmente regolata. Come se ciò non bastasse, con scarsa cortesia istituzionale, da presidente eletta (entrerà in carica solo il 23 dicembre prossimo) è andata anche a far visita alla minoranza slovena in Italia. Lì almeno ha abbandonato gli sferzanti toni usati in campagna elettorale per commentare la vittoria del centrodestra in Italia e nonostante le critiche pronunciate sull’operato di Pahor (e forse anche i dubbi sulla sua tappa alla foiba di Basovizza) ha ribadito che avrebbe seguito la strada della riconciliazione tracciata dai presidenti di Italia e Slovenia.
Domenica scorsa i cittadini sono tornati alle urne per il primo turno delle amministrative. Nel paese i consigli comunali vengono eletti con il sistema proporzionale, mentre i sindaci vengono scelti con il maggioritario a doppio turno. Si voterà per i ballottaggi il prossimo 4 dicembre. Non è previsto nessun premio di maggioranza e non c’è nemmeno un limite per i mandati. A trionfare sono state le liste civiche, mentre molti primi cittadini, in carica da innumerevoli anni (alcuni persino sin dalla costituzione del loro comune) sono stati riconfermati già al primo turno. È accaduto anche a Zoran Janković, sindaco di Lubiana, che occupa la poltrona di primo cittadino dal 2006. È stato rieletto per la quinta volta consecutiva.
A perdere sono stati ancora una volta i partiti politici che invece hanno raccolto solo le briciole ed oramai fanno sempre più fatica ad affermarsi nella politica locale. Significativo il caso di Capodistria, dove la scena era stata a lungo dominata dai post-comunisti che avevano regnato incontrastati sino al 2002. Domenica il candidato sindaco dei socialdemocratici si è fermato al 2%.
A riempire la domenica del 27 novembre ci penseranno invece tre referendum, tutti promossi dal centrodestra che ha avviato una guerra senza quartiere con il governo. Si voterà nell’ordine per bocciare la nuova legge sulla RTV Slovenia, la nuova legge sul governo e le modifiche alla legge sull’assistenza a lungo termine. In cantiere, intanto, ci sono altre iniziative referendarie per bloccare i provvedimenti dell’esecutivo. Il primo risultato raggiunto dall’opposizione è quello di rimandare l’applicazione delle leggi e comunque di impegnare il centrosinistra in una campagna elettorale continua.
Ma di cosa si tratta? Con le modifiche alla legge sul governo l’esecutivo voleva ridisegnare il gabinetto ministeriale su misura per la nuova maggioranza. Una prassi consueta ad ogni avvicendamento di governo. Per i Democratici i ministeri previsti sarebbero stati troppi e così hanno raccolto le firme ed hanno chiesto ai cittadini di esprimersi in merito. Non era mai accaduto che l’opposizione si mettesse a disquisire su come la maggioranza avrebbe dovuto dividersi i ministeri e su quanti avrebbero dovuto essere.
Il provvedimento sull’assistenza a lungo termine, varato dal precedente governo, avrebbe dovuto porre rimedio in un settore dove si registrano carenze oramai da anni. Le soluzioni adottate non sono piaciute alla maggioranza, anche a causa di quelli che sono giudicati costi eccessivi. Ora il centrodestra chiede ai cittadini di costringere il governo ad applicare la loro normativa.
La questione più spinosa, invece, resta quella della RTV Slovenia. Il governo di centrodestra nella scorsa legislatura aveva preso il controllo dell’ente con una serie di nomine e di avvicendamenti soprattutto nel programma informativo di TV Slovenia. Per il centrodestra non si è fatto altro che riequilibrare una informazione pubblica che pende a sinistra, mentre per il centrosinistra non si tratta d’altro che del tentativo dei Democratici di imporre modelli di informazione “ungheresi”. Il centrosinistra ha pensato bene di tagliare il nodo gordiano ridisegnando con una modifica legislativa gli organi gestionali e di controllo dell’ente. La soluzione avrebbe azzerato i vertici aziendali e consentito una serie di nuove nomine. Lo scontro sull’argomento è caldissimo.
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