In Slovenia previsto l'abbattimento di 230 orsi. Nel paese, a gestire per conto delle istituzioni i grandi onnivori, è la potente Federazione venatoria. Un punto della situazione
Sino a cent’anni fa gli orsi in Slovenia erano in via di estinzione. Per un lungo periodo sulla loro testa c’era addirittura una taglia. Il loro numero ha cominciato a crescere dalla seconda metà del Ventesimo secolo. Negli anni Sessanta erano circa 150, dieci anni dopo erano quasi 300 e nel 2001 erano arrivati a 350, poi la popolazione è cresciuta esponenzialmente ed adesso sarebbe arrivata a 1100 esemplari. Secondo alcuni potrebbero essere anche di più.
Inizialmente erano perlopiù confinati nella selva di Kočevje, un'ambiente unico ricoperto di foreste vergini, di abeti e faggi, con piante alte anche 50 metri e vecchie addirittura cinque secoli. Un paesaggio non antropizzato dove oggi gli orsi sono tanti, dove sugli alberi si possono vedere le loro zampate. Con un po’ di fortuna, è possibile osservarli nel loro ambiente naturale da apposite stazioni di appostamento. Uno scenario incredibile, misterioso ed oscuro, che assomiglia a quello delle favole dei fratelli Grimm, che diventa inquietante davanti al fatto che è stato teatro degli eccidi messi in atto nell'immediato dopoguerra dal regime comunista. Squadre di liquidatori passarono per le armi migliaia di collaborazionisti, che vennero sepolti in fosse comuni. A ricordare quegli eventi, poco sopra Kočevje, una via crucis intagliata nei tronchi d’albero ed i cartelli che indicano i luoghi delle esecuzioni.
Sta di fatto che da tempo la foresta vergine non basta più. Senza nemici naturali e con cibo in abbondanza i plantigradi si riproducono con un certo successo e gli esemplari maschi una volta raggiunta la maturità cercano nuovi territori, spostandosi verso le zone abitate. Oramai starebbero arrivando anche al mare. I cacciatori raccontano che alcuni anni fa un orso era stato avvistato anche tra Capodistria ed Isola. In questi anni anche in questa regione si è registrato un aumento sempre più consistente della selvaggina. Gli avvistamenti di caprioli ed anche di cinghiali anche vicino ai centri abitati e soprattutto nei piccoli insediamenti nell’entroterra sono oramai all’ordine del giorno.
A testimoniare che di orsi in Slovenia ce ne sono proprio tanti la notizia che questa settimana due esemplari sono stati investiti nella stessa giornata su una statale nella parte centro meridionale del paese. Uno è morto sul colpo, l’altro è scappato nei boschi ed ora si teme che possa essere ferito e pericoloso.
Le autorità da tempo cercano di gestire la situazione conciliando la necessità di tutelare una specie protetta e dall’altra l’incolumità delle persone. Proprio per questo non mancano decreti di abbattimento nei confronti di orsi che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza degli uomini. Le cronache raccontano di animali trovati a rovistare nei cassonetti delle immondizie o a dormire nei garage.
La soluzione messa in atto da tempo per non far crescere troppo la popolazione è quella degli abbattimenti. La decisione naturalmente è sempre accompagnata da polemiche. Questa volta a storcere il naso è stato lo stesso premier Robert Golob, che ha chiesto chiarimenti prima di dare luce verde all’eliminazione di 230 orsi. L’ordinanza stabilisce esattamente le aree in cui gli animali possono essere cacciati ed anche la tipologia. Si va dagli esemplari giovani, sotto i 100 chili a quelli medi fino a 150 e ai grossi esemplari. Proprio questi sono i trofei più ambiti dai cacciatori.
A gestire gli abbattimenti ci pensa la potente Federazione venatoria, organizzata in tante piccole sezioni locali che amministrano i territori di caccia e le concessioni. Saranno loro a stabilire se cacciare da sole gli orsi o se fare cassa vendendo la concessione ai turisti. Il costo potrebbe variare dal 1.000 ai 10.000 euro a seconda dell’esemplare. La loro non è una semplice associazione che riunisce gli appassionati della doppietta, ma una sorta di istituzione, che affonda le sue radici nel passato e che si presenta in pubblico con tanto di divisa. Tradizionalmente l’arte venatoria era una delle passioni accomunava i vecchi leader comunisti jugoslavi. Lo stesso presidente Josip Broz Tito amava girare nei boschi armato di fucile e persino guidare i suoi ospiti ed i suoi compagni di partito in vere e proprie battute di caccia. Le cronache dell’epoca raccontano come in queste occasioni proprio il Maresciallo riusciva sempre ad abbattere il “il trofeo più prestigioso”. Le malelingue dicono che quando la sua mira faceva cilecca erano i guardiacaccia a piazzargli la selvaggina abbattuta per farlo contento.
Dotati di spirito patriottico e di senso di corpo i cacciatori sloveni ci tengono a non venir presentati come gente che ha solo la passione di sparare agli animali. I suoi membri dicono che sono proprio loro a svolgere un ruolo fondamentale nella tutela dell’ambiente: si va dalla gestione e dalla pulizia dei territori di caccia, alla pratica di riempire le mangiatoie nel periodo invernale per aiutare gli animali a sopravvivere. E’ compito loro anche monitorare la presenza delle singole specie sul territorio. Una pratica questa che serve poi a regolare la caccia, che avrebbe la specifica funzione di tenere la natura in equilibrio.
Non tutti sono d’accordo con loro. Per gli animalisti il fucile non sarebbe la soluzione per tenere sotto controllo il numero di capi. Dito puntato sulla pratica del foraggiamento, che non sarebbe un gesto d’amore nei confronti degli animali, come vorrebbero far credere i cacciatori, ma piuttosto un modo per avere prede a sufficienza e una maniera facile per concentrare gli animali in alcune aree in vista della stagione della caccia.
Nuovi trofei stanno per entrare nelle case dei cacciatori, allegri banchetti si preannunciano in quelle associazioni venatorie che riusciranno ad abbattere la preda. Intanto gli chef sloveni sono pronti a offrire ai loro clienti piatti a base di carne d’orso.
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