Tramonto a Lubiana presso il ponte dei draghi, costruito nel 1901 / Shutterstock

Colpo di scena in Slovenia. A seguito di un rapporto della Commissione anticorruzione la Lista civica guidata da Gregor Virant ha minacciato di ritirarsi dalla compagine governativa a meno che il premier Janez Janša non dia le dimissioni

14/01/2013 -  Stefano Lusa

La situazione sembrava essersi normalizzata. La Slovenia aveva evitato tre referendum su leggi approvate dal governo per far fronte alla crisi economica; le manifestazioni di piazza, andate in scena alla fine di dicembre, erano state colorite ma stavano calando d’intensità; e il paese si era risvegliato dai festeggiamenti di Capodanno con governo che pareva stabile e con uno spread in calo.

All’orizzonte c’era solo la cosiddetta “seconda insurrezione popolare” che, tramite i social network, era stata programmata per venerdì 11 gennaio. L’ipotesi realistica era che non ci sarebbero state masse oceaniche. Le richieste erano tutt’altro che articolate e andavano dalle fantasie sulla democrazia diretta e sul superamento di quella rappresentativa, alla diffusa contestazione dell’intera casta politica ritenuta composta da una massa di profittatori e di corrotti.

Janša e la piazza

La piazza, a dicembre, aveva raggiunto un risultato importante, il sindaco di Maribor Franc Kangler, era stato costretto a dare le dimissioni, mentre gli altri esponenti politici non sembravano curarsi troppo di analoghe richieste che arrivavano al loro indirizzo.

I democratici, del premier Janez Janša, con il solito disprezzo che esprimono per quelli che non la pensano come loro, non avevano mancato di etichettare una parte dei manifestanti come zombi. A dare loro sui nervi, probabilmente, quei vecchi esponenti politici ed attivisti che negli anni ottanta avevano protestato contro l’arresto di Janša, da parte delle autorità militari jugoslave, e che ora erano nuovamente scesi in piazza per esprimere il loro dissenso nei confronti del suo governo.

A questo proposito i contestatori non avevano mancato di elaborare una serie di comunicati da inviare a vari fori internazionali per denunciare i pericoli che starebbe correndo la democrazia slovena per i modi di Janša e per le ricette adottate per far fronte alla crisi economica.

Il borioso premier, forte dei referendum evitati e del consolidamento della sua posizione interna, si era affrettato a chiedere i nomi degli autori di quelle missive e di affermare che queste persone stavano mettendo in cattiva luce la Slovenia all'estero.

Uno scenario a cui Janša si deve essere oramai abituato. Considerato come un insostituibile messia dai suoi adepti è visto invece come un pericoloso principe delle tenebre dai suoi detrattori, che non mancano di imputargli di essere stato un trafficante d’armi al tempo delle guerre jugoslave e di essere pericoloso per la democrazia.

Gregor Virant, ago della bilancia

Sta di fatto che Janša dopo le ultime elezioni è riuscito a prendersi con i giochi di palazzo quello che gli elettori non gli avevano dato con il voto, relegando all’opposizione Slovenia positiva del sindaco di Lubiana, Zoran Janković, che aveva ottenuto la maggioranza relativa.

Artefice di quella svolta è stato Gregor Virant. Il malizioso personaggio, prototipo del nuovo rampantismo politico sloveno, era stato un buon ministro della Pubblica amministrazione del primo governo Janša ed alla vigilia del voto politico gli aveva voltato le spalle fondando un suo movimento. Dopo le elezioni aveva trattato per settimane con Janković, per poi abbandonarlo all'ultimo momento per allearsi con Janša.

Convinto di essere l'ago della bilancia e forse anche di poter raccogliere da Janša la leadership del centrodestra sloveno, Virant non si è lasciato sfuggire l'occasione per scaricare anche lui.

Il rapporto della Commissione anticorruzione

L'opportunità gli è stata data dal rapporto della Commissione anticorruzione che prendeva in esame lo stato patrimoniale dei presidenti dei partiti. Gli unici a non uscirne puliti sono stati proprio i leader delle due maggiori forze politiche.

Janković non avrebbe comunicato alla commissione transazioni finanziarie per 2,4 milioni di euro che sarebbero passati, con una serie di operazioni concatenate da aziende che operano con il comune di Lubiana ad altre legate alla sua famiglia; mentre Janša avrebbe acquistato un appartamento con una parte di fondi di non chiara provenienza e il suo patrimonio sarebbe aumentato inspiegabilmente di 210.000 euro. La commissione non li accusa direttamente di corruzione, ma si limita a denunciare un fondato sospetto.

I due, ovviamente, negano ogni addebito ed i loro partiti non hanno mancato di schierarsi in maniera compatta al loro fianco. Janša ha subito gridato alla congiura politica ed ha fatto anche notare come la pubblicazione del rapporto sia avvenuta proprio alla vigilia dell'ennesima manifestazione popolare.

La protesta non ha mancato dall'essere rilanciata dalle considerazioni della commissione. Venerdì in piazza sono così state chieste a gran voce le loro teste. Ad ogni modo è andato in scena un divertente happening a cui hanno partecipato molte persone mascherate da zombi, accanto ad artisti, musicisti e poeti che hanno inscenato un vero e proprio gioioso spettacolo all'insegna dell'idea che il paese è oramai nelle mani di una massa di corrotti.

10 giorni al governo Janša

Virant, che in qualità di presidente della camera è stato informato delle conclusioni della commissione ben prima degli interessati, ha subito chiesto la testa di Janković e di Janša. Il suo partito ha dato 10 giorni di tempo al premier per dimettersi, se non dovesse farlo la Lista civica ha annunciato che uscirà dalla coalizione. Intanto anche altri due partiti di coalizione, i Popolari ed il Partito dei Pensionati, sarebbero propensi alla sostituzione del premier, mentre gli unici che gli giurano fedeltà incondizionata sono quelli di Nuova Slovenia.

Significativamente il termine posto da Virant scade a ridosso dello sciopero generale proclamato dal pubblico impiego. I democratici per salvare la coalizione potrebbero proporre un nuovo premier, ma non sembra credibile che il partito possa rinunciare al suo presidente. Non mancano speculazioni sul fatto che lo stesso Virant si starebbe muovendo per trovare nuove alleanze, magari per formare un governo tecnico. In questo senso Janković gli ha dato una mano, congelando la sua funzione di presidente di Slovenia positiva, sgomberando così il campo a remore morali per una futura alleanza con il suo partito.

Il paese, così, è precipitato nuovamente nell'instabilità politica, come ai tempi del governo Pahor. L'esecutivo, se non chiede la fiducia, può continuare con un governo di minoranza, oppure può esserci una mozione di sfiducia costruttiva, dove viene eletto un nuovo premier. Possibili anche nuove elezioni anticipate. Se si dovessero accelerare i tempi il voto potrebbe essere in programma, al più presto, alla fine di marzo e il nuovo governo potrebbe entrare in carica prima dell'estate. Per la Slovenia, o per meglio dire per la sua classe politica, la crisi economica può attendere.


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