
Zoran Janković © Matic Stojs Lomovsek/Shutterstock
Prima imprenditore poi politico di successo, Zoran Janković è sindaco di Lubiana da quasi un ventennio. Nei suoi confronti non sono mancate critiche, ma i suoi elettori lo hanno sempre appoggiato: fino all’altro giorno, quando ha scritto una lettera in difesa dell’amico Aleksandar Vučić
Zoran Janković è il padre padrone di Lubiana. Sindaco della città quasi da vent'anni l'ha rivoltata come un calzino, trasformandola in un’ambita meta turistica sfavillante e piena di visitatori. Il connubio vincente è quello di offrire tutti i vantaggi di una capitale europea, uniti a quelli di una piccola città, dove tutto è raggiungibile praticamente a piedi e dove tutto è a portata di mano.
Il sindaco, nato a Smederevo in Serbia, da padre serbo e madre slovena è sempre stato una spina nel fianco per i nazionalisti, che non hanno mancato di puntare il dito sulle sue origini “meridionali”. La cosa non aveva danneggiato la sua carriera, anzi in un certo senso lo aveva avvantaggiato.
Lui era espressione di una Slovenia tollerante ed aperta, e la sua città ospitava i “gay pride” e non aveva nemmeno paura di prendersi cura di una famiglia rom problematica scacciata dal suo villaggio nella Bassa Carniola. Un sindaco deciso, capace di sviluppare Lubiana, risolvere i problemi e di stare senza se e senza ma con i partigiani, partecipando a praticamente tutte le manifestazioni che ricordavano i valori della Resistenza.
Janković è l’ultimo rimasto di una generazione di sindaci sceriffo, che all’inizio di questo secolo avevano governato in più di qualche città slovena. Perlopiù arrivavano dal mondo dell’imprenditoria ed avevano cominciato a gestire la cosa pubblica con i modi sbrigativi tipici dagli uomini d’affari cresciuti nel contesto post-jugoslavo. A Celje, Capodistria, Maribor ed anche in altre località si sono oramai stufati di loro. A Lubiana, invece, almeno fino a ieri, il potere di Janković sembrava inossidabile.
Il sindaco di Lubiana, come tanti altri, in politica c'è finito per caso, visto che era in tutt’altre faccende affaccendato. Aveva fatto fortuna come manager, creando un piccolo impero con la Mercator, una catena di supermercati che prima era diventata leader del settore in Slovenia e poi aveva cominciato a espandersi nel resto dei Balcani.
Il simbolo del successo è stato l'apertura del Mercator Center a Belgrado, un moderno centro commerciale inaugurato nel 2002 nella capitale serba. Doveva essere la testa di ponte per il ritorno in grande stile dell'economia slovena in quello che ai tempi della federazione jugoslava era stato il suo mercato di riferimento. Poi le cose andarono diversamente.
In una Slovenia guidata fino ad allora dal centrosinistra, prese per la prima volta il potere il centrodestra. Una delle ossessioni del suo leader, Janez Janša era quella di far fuori tutti gli uomini legati al precedente governo messi, a suo dire, in tutti i gangli vitali della società. Secondo Janša erano espressione di quel “deep state”, lo stato profondo, ancora legato al vecchio regime comunista ed ai suoi servizi segreti.
A farne le spese fu anche Janković, che persa la direzione della Mercator, divenne una delle icone politiche del centrosinistra. Prima stravinse le elezioni a Lubiana e poi nel 2011, con un centrosinistra in ginocchio dopo i disastri del governo Borut Pahor, si vide arrivare nel palazzo municipale una vasta delegazione di grandi vecchi della politica “progressista”, capeggiati dall’ex presidente Milan Kučan, che lo pregarono di candidarsi alle politiche per non dare nuovamente le redini del paese a Janša.
Fu un disastro. Il suo partito, nato in quattro e quattr’otto prima del voto, vinse le elezioni. Lui però non fu in grado di formare la maggioranza e quando il governo Janša andò in crisi non toccò più a lui costruire la nuova maggioranza, ma ad Alenka Bratušek, che era stata eletta nelle liste del suo partito. Lui intanto era tornato occupare la poltrona di sindaco di Lubiana, l’unica in cui si sentiva bene come quando era alla guida della Mercator.
Negli anni, nei suoi confronti non sono mancate critiche ed anche velate accuse di una gestione poco trasparente degli appalti, che sarebbero andati ad amici ed amici degli amici. Giudizi negativi sono giunti nei suoi confronti anche per non aver saputo affrontare in maniera decisa il problema dell’inquinamento in una capitale alle prese con la cronica presenza di valori alti di polveri sottili nell’aria.
Negli ultimi tempi non manca il malcontento per la gentrificazione del centro, per il proliferare dei locali per i turisti e per un numero sempre maggiore di appartamenti in affitto a breve termine nel pieno centro cittadino. Nonostante ciò, però, la maggioranza dei lubianesi sino a poco tempo fa era saldamente con il sindaco, tanto che non sono mai mancate decise reazioni di fronte a chi avrebbe voluto porre un limite alla possibilità infinita che hanno i sindaci in Slovenia di essere rieletti.
Per la prima volta in quasi vent’anni ora il suo potere sembra vacillare. A contestarlo, infatti, sono i suoi elettori, che sono scesi in piazza contro di lui. A scatenare le polemiche una lettera di sostegno al presidente serbo Aleksandar Vučić, indicato come una sorta di uomo della provvidenza, l’unico in grado di salvare la Serbia in questa difficile situazione, dove migliaia di persone chiedono per le strade di Belgrado e di altre città giustizia e la fine della corruzione.
Una missiva scritta su carta intestata del comune ad un vecchio amico, che non ha mancato di girarla alla stampa. A quel punto si è scatenato il putiferio. Il ministero degli Esteri ha precisato che quella di Janković non è la posizione della Slovenia, il grande vecchio della sinistra slovena, Milan Kučan gli ha detto che sta sbagliando, qualcuno ha abbandonato in segno di protesta gli organismi cittadini, altri come il premier Robert Golob e la presidente della repubblica Nataša Pirc Musar hanno invece preferito fare il pesce in barile.
Lui ha tentato di difendersi precisando che la sua era solo un’opinione personale, che Vučić è un amico e che lui non abbandona gli amici nel momento del bisogno. Lubiana e la Slovenia del resto sono diventate una meta per molti uomini d’affari serbi che non hanno mancato di investire i loro soldi in terreni, immobili ed in svariate altre iniziative commerciali. Qualcuno di essi non sembra poi così lontano da Vučić.
Le cronache del resto raccontano che il presidente serbo è spesso in compagnia del sindaco di Lubiana. Secondo alcuni proprio questa amicizia avrebbe fatto estromettere dalle liste di Movimento Libertà alle scorse elezioni europee l’eurodeputato Klemen Grošelj, uno dei pochi esperti di difesa del paese. Non gli sarebbe stato perdonato il suo severissimo comportamento durante le ultime elezioni presidenziali in Serbia, quando era membro di una delegazione del parlamento europeo che monitorava il voto.
A Janković in passato era stato perdonato l'aperto sostegno che aveva dato in campagna elettorale a Milorad Dodik, il controverso presidente della Republika Srpska, ma adesso il sindaco eterno di Lubiana sembra in serie difficoltà. Le elezioni sono alla fine dell’anno prossimo, ma questo non conta. L’importante è non tradire gli amici, se poi ci sono degli affari di mezzo non tradirli è ancora più importante.
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