Dopo l'offensiva di terra la Turchia fa piazza pulita delle voci critiche
14 ottobre 2019
All'indomani dell'operazione militare nel nord della Siria, chiamata dalle autorità Peace Spring, “Primavera di pace”, la Turchia stringe la morsa del controllo sui media e sull'opposizione. Una morsa che da qualche giorno colpisce giornalisti, emittenti, utenti dei social media e politici di opposizione.
La misura più recente riguarda l'intervento dell'organo di regolamentazione di radio e televisioni. Secondo quanto riportato da Bianet l'Alto Consiglio per radio e tv RTÜK ha dichiarato di voler “silenziare” le trasmissioni legate all'operazione militare “Primavera di Pace” nel nord della Siria.
“Non tollereremo trasmissioni che servono la causa del terrorismo, che possano traviare i nostri cittadini con informazioni false e manipolate”, ha comunicato il Consiglio, spiegando che contro queste emittenti verranno prese le necessarie contromisure e ringraziando invece le emittenti che “contribuiscano all'unità nazionale”.
L'annuncio arricchisce la lista delle iniziative di censura ai danni di quelli che tentano di raccontare l'invasione militare turca in Siria con fonti proprie. Due giornalisti sono stati arrestati per aver riportato le dichiarazioni delle forze democratiche siriane (SDF) contro cui combatte l'esercito turco. Fatih Gökhan Diler direttore del sito di notizie Diken è stato arrestato giovedì e poi rilasciato con divieto di espatrio. Anche Hakan Demir manager dei servizi digitali del quotidiano BirGün è stato arrestato, la polizia ha fatto irruzione a casa sua alle quattro del mattino e lo ha portato in carcere, per poi farlo rilasciare in libertà vigilata e con divieto di espatrio. Il suo avvocato parlando a Bianet ha detto che il suo assistito è stato accusato di “incitamento dei cittadini a favore del nemico e incitamento all'odio” in base all'articolo 216 del codice penale turco.
La sua colpa? Aver pubblicato un articolo sull'operazione militare “ricevuto da agenzie”.
Ma non si colpiscono soltanto i giornalisti. Ad essere incriminati sono stati infatti 78 utenti dei social media, accusati dalla direzione generale della sicurezza di aver diffuso “messaggi falsi e senza fonte atti a danneggiare la reputazione delle forze di sicurezza”.
E ovviamente ad essere nel mirino sono i curdi: nella provincia sudorientale di Mardin sarebbero state arrestate 21 persone, tra cui 9 esponenti del partito filocurdo HDP, il sindaco e membri del consiglio comunale e della giunta.
Altri esponenti del partito democratico HDP sono stati indagati dalla procura generale in base ad alcune loro dichiarazioni sull'offensiva militare in Siria. Nella dichiarazione incriminata, intitolata “Diamo una voce al Rojava contro la guerra”, avevano condannato l'operazione militare definendo illegittima quella guerra. Quanto basta per farli accusare di “propaganda a favore di organizzazione terroristica” e “pubblica denigrazione dello stato della repubblica turca”.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto