Uno studio del Parlamento europeo fa il punto sui media in Russia e sul loro uso, interno ed internazionale, per sostenere le posizioni del Cremlino durante la guerra in Ucraina
Il campo dell’informazione è diventato uno dei nuovi fronti del conflitto, durante la guerra della Russia in Ucraina. I media – definiti delle “armi” dallo stesso ministro della Difesa russo Sergei Shoigu – vengono utilizzati per rafforzare il sostegno interno e dividere l’opinione pubblica internazionale, come riporta anche un sintetico studio del Parlamento europeo redatto da Maja Bentzen e Martin Russell.
Una campagna mediatica sofisticata
L’amministrazione presidenziale russa tiene regolari incontri politici con i direttori dei principali media, i quali hanno anche “telefoni gialli” in comunicazione diretta con il Cremlino, come riportato dal Moscow Times. La copertura mediatica della guerra in Ucraina da parte dei media russi è stata costantemente faziosa e unilaterale, denunciano Bentzen e Russell, e c’è evidenza che parecchie delle storie di più ampia circolazione – come le morti di bambini nei bombardamenti – per quanto verosimili, siano state fabbricate ad arte.
D’altronde, il capo comunicazione del Cremlino, Dmitri Kiselev, aveva annunciato che “l’era dell’obiettività giornalistica è finita”. Così, le notizie dal conflitto vengono ammantate con un linguaggio emotivo carico di allusioni storiche, che risuonano con il settantesimo anniversario della vittoria sovietica nella Seconda guerra mondiale. Come già tipico della propaganda sovietica, nel raccontare tali storie ci si guarda bene dal rischiare di perdere credibilità mettendo in discussione le esperienze quotidiane del pubblico. La recessione economica non viene negata, ma le sue cause e responsabilità vengono esternalizzate.
D’altronde, il panorama mediatico russo crea un’illusione di pluralismo, con la presenza di media formalmente indipendenti come Echo Moskvy o lenta.ru, in realtà sotto indiretto controllo poiché di proprietà di società parastatali come Gazprom o di oligarchi allineati. Il sistema accetta persino un certo grado di critica interna, purché essa non metta in discussione il ruolo di Putin come salvatore della patria. E d’altronde la Russia si è dimostrata capace di sfruttare anche internet e le reti sociali a fini di propaganda, come illustrato dalle “fabbriche di troll” utilizzate per distorcere le discussioni online e far passare la linea ufficiale sugli eventi.
Strumenti variegati di influenza internazionale
Il canale televisivo di informazione sugli eventi mondiali RT (fino al 2009 Russia Today) è il principale strumento informativo globale in mano al Cremlino. RT si presenta come una piattaforma per punti di vista provocatori e originali (da cui anche lo slogan “Question more”) e si occupa di questioni che hanno una propria legittimità – dal fracking alle politiche d’austerità durante l’eurocrisi, dal deficit democratico europeo alla sorveglianza dell’NSA, da Occupy Wall Street all’indipendentismo scozzese e catalano – e che raccolgono l'interesse di un’audience mista di ecologisti, attivisti per i diritti civili, euroscettici, indipendentisti, antagonisti, complottisti, estrema destra e altri gruppi marginalizzati – esattamente le stesse voci, sottolineano gli autori del report del Parlamento europeo, le cui controparti in Russia vengono ignorate dai media domestici.
Oltre alle tre lingue attuali (inglese, spagnolo e arabo), RT punta ad avviare trasmissioni in tedesco e francese nel 2016, grazie ad un aumento del 40% del proprio budget, espandendo ulteriormente la sua audience potenziale.
Oltre a RT, i canali multimediali controllati dal governo quali Sputnik e Russia Beyond The Headlines (RBTH) pubblicano notizie plurilingue, talvolta citate perfino da media occidentali come il New York Times e il Telegraph, che permettono così alla linea ufficiale del Cremlino di trovare spazio. Nel frattempo, una rete di ONG filorusse in molteplici paesi europei, talune con legami diretti con il Cremlino, cercando di suscitare simpatia per il regime russo.
Quanto è efficace la politica informativa russa?
In Russia il Cremlino ha stabilito di fatto un monopolio sull’informazione. Il telegiornale della prima rete raggiunge l’82% dei cittadini, per il 43% dei quali la televisione è l’unica fonte d’informazione. Media indipendenti come Dozhd TV, Novaya Gazeta e radio Ekho Moskvy hanno audience molto piccole e restano sotto costante pressione. La maggior parte dei russi si dichiara convinta della versione degli eventi presentata dai media statali: il 70% li ritiene obiettivi, e l’83% incolpa la parte ucraina e occidentale per il conflitto in corso.
Anche nel resto dello spazio post-sovietico, i media russi controllati dal Cremlino mantengono una posizione d’influenza. Le televisioni russe, trasmesse direttamente o ritrasmesse da canali locali, raggiungono 4 milioni di telespettatori nei paesi baltici. Tra questi ultimi, un numero doppio rispetto alla media dei cittadini baltici sostiene la Russia nel conflitto ucraino. Lituania, Ucraina e Moldavia hanno bandito i canali russi dai propri territori, per prevenire tali effetti.
Nel resto del mondo, RT ha raggiunto un’audience globale, con 2 milioni di telespettatori nel Regno Unito, 3 milioni negli Stati Uniti, e come primo canale europeo in Sud Africa. Il suo canale youtube ha 1,5 milioni di abbonati, il doppio rispetto a CNN e Al Jazeera. Ciò tuttavia non è bastato per prevenire un deterioramento generalizzato dell’immagine della Russia all’estero.
Allo stesso tempo, la Russia arriva a influenzare anche la rete TV paneuropea Euronews, finanziata per il 36% dall’UE. Il canale in lingua ucraina, infatti, era stato rilevato dall’oligarca filorusso Dmytro Firtash – prima che Kiev ne revocasse la licenza di trasmissione.
La risposta europea alla propaganda russa
I media occidentali in lingua russa non hanno la stessa penetrazione di RT in occidente. Solo il 5% dei russi si informa tramite Euronews, e meno del 2% si sintonizzano su Radio Liberty, Deutsche Welle o BBC World Service – quest’ultima, poi, dal 2011 trasmette solo online.
La Lettonia e altri paesi europei hanno proposto la creazione di un canale indipendente di qualità in lingua russa, che possa trasmettere anche programmi d’intrattenimento, in modo da competere con i popolari canali russofoni come PBK. Al summit del Partenariato orientale a Riga, nel maggio 2015, lo European Endowment for Democracy (EED) ha presentato le proprie raccomandazioni per un piano d’azione sulla comunicazione strategica, che includa un centro regionale d’informazione per lo scambio di materiali tra media russofoni, un centro di produzione giornalistica e un centro di eccellenza sul mercato dei media nella regione, che vengano finanziati a lungo termine da un fondo multi-donatore. Secondo Peter Pomerantsev, “la gente spesso non si fida di nessuna fonte d’informazione – russa, occidentale o locale. Abbiamo bisogno di ricostruire fiducia nel giornalismo di qualità”, come primo passo per la ricostruzione di un pluralismo dell’informazione nella sfera pubblica in lingua russa in Europa orientale.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto
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