Il referendum catalano tra Belgrado, Zagabria e Sarajevo

2 ottobre 2017

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I media dei paesi del sud-est Europa hanno seguito attentamente la cronaca del referendum catalano, sottolineando come la questione "indipendenza" sia decisamente delicata. Particolarmente accanito il dibattito sui social media bosniaci.

Ieri, nell'ex villaggio olimpico Mojmilo di Sarajevo in piazza Barcellona, sotto al murale creato in solidarietà alle vittime dell'attentato avvenuto lungo la Rambla il 17 agosto, alcuni cittadini bosniaci hanno manifestato in solidarietà ai cittadini catalani e contro le violenze della polizia. Spinti, come ha scritto l'attore Mladen Jeličić nel suo post sui social, dal forte legame tra le due città: "Vi invito a partecipare a sostegno dei catalani perché Barcellona ci ha aiutati innumerevoli volte. Ricordo che il sindaco Pasqual Maragall nel 1992 dichiarò Sarajevo nono distretto di Barcellona solo per dare la possibilità agli atleti bosniaci di partecipare alle Olimpiadi di quell'estate, nonostante la guerra". Ma in ricordo anche dei tanti aiuti umanitari inviati dai cittadini di Barcellona e la ricostruzione di molti luoghi della capitale bosniaca, come lo stadio olimpico Zetra. Nel silenzio delle rappresentanze politiche del paese, si è invece discusso animatamente sui profili social di alcuni media del paese, come Radio Sarajevo , Klix.ba e Oslobodjenje , dove il dibattito tra lettori si è intrecciato con le ferite e le divisioni del passato.

Mentre in Croazia ieri si assisteva al silenzio del governo, il quotidiano online Index  poneva la domanda "L'Istria ha diritto a chiedere l'indipendenza dalla Croazia?", seguita da un'analisi dell'impianto legislativo croato, il lancio di un sondaggio online e interviste ai cittadini per strada , la cui maggioranza si è dichiarata per un aumento dell'autonomia della regione ma non per l'indipendenza. Index ha inoltre chiesto all'ex pluri-ambasciatore Ivica Maštruko, sociologo e docente di scienze politiche, se prevede un'escalation e se si può paragonare il caso con quello croato e kosovaro: "Il caso catalano non si può paragonare a quello croato del passato, mentre sul Kosovo qualche somiglianza esiste. Non a caso la Spagna non ne ha riconosciuto l'indipendenza, sebbene ci siano tra i due diverse condizioni storiche e politiche. Rispetto a cosa accadrà, penso che la comunità internazionale sosterrà la Spagna ma è difficile prevedere come si svilupperà la situazione".

Silenzio per ora sul fronte politico, dove stamattina solo Davor Bernardić , presidente del Partito Socialdemocratico (SDP) ha denunciato via twitter le violenze della polizia spagnola e la mancanza totale di reazioni da parte di altri politici croati, in primis il premier Andrej Plenković e la presidente della Repubblica della Croazia Kolinda Grabar Kitarović.

In Serbia, la posizione è stata espressa ieri dal ministro degli Esteri, Ivica Dačić, con una netta dichiarazione ufficiale: "La Serbia sostiene l'integrità territoriale e la sovranità nazionale della Spagna. La nostra posizione è chiara e di principio, la Spagna è uno dei più grandi amici della Serbia". Di contro Nenad Čanak, presidente della LSV - Lega socialdemocratica della Vojvodina che ieri era a Barcellona per seguire da vicino il referendum, ha emesso un comunicato a nome del suo partito a sostegno del diritto dei catalani a esprimersi, sottolineando che il rispetto di principi democratici è importante in Spagna come nel resto d'Europa e denunciando il mancato intervento dell'Ue.

Una questione che secondo il vicepresidente del Centro per la politica internazionale, Dragan Đukanović, intervenuto stamane al Gr della Tv nazionale serba RTS , rischia di far tremare l'Unione: "Anche quella penisola è stata colpita dalla 'sindrome della balcanizzazione' e la crisi colpirà a domino l'Unione europea, dopo la brexit e la crisi economica. Mi auguro che l'Ue, assumendo il ruolo di mediatore tra il governo centrale spagnolo e quello catalano, si impegni quindi nel dare una risposta razionale che porti al calo della tensione in Spagna e indichi la strada per una soluzione democratica della crisi".

Oggi si è espresso invece il presidente serbo , Aleksandar Vučić, che sul referendum di ieri ha risposto alla stampa rivolgendosi all'Ue: "La domanda di tutti i cittadini serbi all'Unione europea è come mai nel caso della Catalogna si ritiene illegale il referendum sull'indipendenza mentre nel caso del Kosovo è stata accettata come legale la separazione, persino senza referendum, e 22 paesi dell'Ue l'hanno riconosciuta violando il diritto europeo". Inoltre Vučić, a seguito delle dichiarazioni della Commissione europea secondo le quali il caso catalano non ha a che fare con quello kosovaro, ha indetto un'urgente consultazione per oggi pomeriggio presso la presidenza con tutti i membri del governo e dei rappresentanti delle agenzie di sicurezza.