Impunità dei crimini contro i giornalisti, una scelta politica?
2 novembre 2017
696 è il numero esatto di professionisti dell’informazione uccisi dal 2007 ad oggi nel mondo, secondo i dati raccolti dal Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ) .
L’impunità di nove crimini su dieci non segnala soltanto la fiacchezza della giustizia, ma nella maggior parte dei casi il disinteresse della politica. Numerosi sono invece gli strumenti internazionali predisposti per far luce sul problema e contrastarlo. Nel 2013 le Nazioni Unite hanno designato il 2 novembre come Giornata Internazionale per porre fine all’impunità dei crimini contro i giornalisti e dal 2014 Index on Censorship raccoglie in una mappa le violazioni o le minacce subite dai giornalisti in Europa. L’ultimo eclatante caso è quello della giornalista d’inchiesta maltese Daphne Caruana Galizia, fatta esplodere dentro la sua macchina lo scorso 16 ottobre. Altre storie meno note hanno tuttavia segnato l’anno che deve ancora finire.
Il giornalista azero Afgan Mukhtarli sparisce il 29 maggio scorso a Tbilisi, città in cui si è rifugiato nel 2015 per sfuggire alle autorità azere che lo perseguono per le sue inchieste finanziarie. Riappare il giorno dopo a Baku in stato d’arresto per attraversamento illegale del confine e contrabbando, perché trovato dalla polizia con addosso circa 10mila euro. Mukhtarli viene condannato a tre mesi di detenzione in via quasi immediata. Gli attivisti e giornalisti che in Azerbaijan si sono interessati al caso, mettendo in dubbio l’operato delle forze dell’ordine, sono stati arrestati o indagati. Il sospetto che Mukhtarli sia stato sequestrato e riportato in patria con la complicità delle autorità georgiane è legittimo verso un paese che ha reso prassi la repressione della libertà d’informazione.
In Serbia almeno tre omicidi di giornalisti sono tuttora irrisolti, incluso il quasi ventennale caso del giornalista Slavko Ćuruvija che sembrava essere giunto a un punto di svolta tre anni fa. Emblematica in questo senso è la storia di Tufik Softić, reporter del giornale d’opposizione montenegrino Vijesti. Aggredito brutalmente con mazze da baseball nel 2007, otto anni dopo fa causa allo stato per l’inefficacia delle indagini che - scrive nell’atto giudiziario - lo costringono a vivere in una condizione di costante pericolo: i giudici gli hanno finalmente dato ragione quest’anno, riconoscendogli al momento una compensazione di 7mila euro. Softić è il primo giornalista a uscire vincitore dalla lotta contro l’impunità in Montenegro. Un timido segnale positivo per l’area balcanica, dove è attiva dal 2016 la piattaforma Safe Journalists che raccoglie le denunce dei giornalisti aggrediti.
Oggi 2 novembre saranno lanciate due campagne di sensibilizzazione: #NoImpunity, supportata da Index on Censorship ed #EndImpunity della Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ). L’auto-organizzazione dei professionisti dell’informazione è indispensabile, ma spetta alle istituzioni politiche agire.