E' piena crisi istituzionale in Bosnia Erzegovina, dove il parlamento dell'entità serba, la Republika Srpska, ha respinto gli emendamenti di legge voluti dall'Alto rappresentante che puniscono chi nega il genocidio di Srebrenica. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [1 agosto 2021]
I serbi di Bosnia Erzegovina hanno detto ufficialmente “no” alla nuova legge, imposta lo scorso 23 luglio dall'Alto rappresentante uscente Valentin Inzko, che punisce chi nega o glorifica crimini di guerra e contro l'umanità, compreso il genocidio di 8mila bosgnacchi compiuto nel luglio 1995 a Srebrenica dalle forze serbo-bosniache del generale Ratko Mladić
La risposta negativa da parte serbo-bosniaca è stata compatta, e venerdì scorso il parlamento di Banja Luka ha approvato una legge di “non implementazione” della decisione di Inzko, insieme ad una nuova norma che punisce con pesanti pene detentive chiunque “attenti al buon nome della Republika Srpska”, ad esempio associando il termine genocidio a quello dell'entità stessa.
La tensione – in un paese che resta profondamente diviso dalle ferite del conflitto degli anni '90 - resta quindi molto alta e rischia di trasformarsi in un nuovo vicolo cieco: nei giorni scorsi le istituzioni della Srpska avevano già annunciato un boicottaggio totale di quelle nazionali della Bosnia Erzegovina in segno di protesta contro l'iniziativa di Inzko, che invece era stata salutata positivamente dai rappresentanti bosgnacchi e croati come un “atto di civiltà”.
Il rinnovato muro contro muro coincide con l'arrivo del nuovo Alto rappresentante, il tedesco Christian Schmidt, che il primo agosto ha preso il posto di Inzko, nonostante l'esplicita opposizione di Russia e Cina che nelle settimane scorse hanno tentato – senza successo – di far passare una risoluzione all'ONU per abolire di fatto la carica.
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