L'Unione europea ha introdotto sanzioni contro la Turchia a causa delle dispute con Cipro e Grecia sullo sfruttamento delle risorse energetiche nel Mediterraneo orientale. Le misure approvate sono però leggere e lasciano aperta la strada del dialogo con Ankara. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [13 dicembre 2020]
Sanzioni sì, ma leggere e un periodo di moratorium fino al prossimo marzo, per capire se è ancora possibile la strada del compromesso. Queste le decisioni prese dall'Ue giovedì scorso nei confronti della Turchia del presidente Recep Tayyip Erdoğan.
A causare le nuove misure la disputa tra Turchia, Grecia e Cipro sullo sfruttamento delle significative riserve di idrocarburi scoperte negli ultimi anni nel Mediterraneo orientale, che hanno inasprito i toni nella regione, soprattutto dopo la decisione turca di procedere con le esplorazioni in quelle che Atene e Nicosia ritengono aree di proprio esclusivo interesse economico.
Come previsto, proprio Grecia e Cipro – con l'appoggio esplicito della Francia - spingevano per sanzioni più pesanti, mentre la Germania e un gruppo di altri paesi, Italia compresa, non hanno mai nascosto la preferenza per un approccio più moderato, con l'opzione di organizzare nel prossimo futuro una conferenza internazionale per bilanciare i diversi interessi e fissare chiaramente confini marittimi e zone d'interesse.
L'esito finale del summit UE è quindi prevedibilmente un compromesso: nonostante le proteste di Ankara, alcune sanzioni verranno applicate ad individui e compagnie impegnati nelle trivellazioni, ma non ad interi settori dell'economia turca, e nuove decisioni sono state rimandate a marzo, dopo che l'Unione avrà avuto tempo di consultarsi con la nuova amministrazione americana guidata da Joe Biden.
Proprio dagli Stati Uniti potrebbe però arrivare un inasprimento dei toni: secondo voci insistenti, gli USA si apprestano infatti a introdurre sanzioni anti-turche a causa dell'acquisto da parte di Ankara del sistema anti-missile russo S-400.
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