Il cinema bulgaro di animazione dagli esordi al confronto con le grandi scuole russa e americana. L'interesse dell'Occidente per le produzioni di oltre cortina, la nuova parabola introdotta dal libero mercato. Intervista al regista Anri Kulev
Come è iniziata la sua carriera nel mondo del cinema?
E' difficile dire dove si nascondono le radici del mio rapporto con il cinema, forse "nei secoli dei secoli", visto che sono ormai abbastanza anziano ed ho cominciato molti anni fa. Mi sono diplomato a Mosca all'accademia VGIK, come la maggior parte dei cineasti bulgari. Ho iniziato a studiare nel 1969, e ho finito l'accademia nel 1974, nella facoltà di regia per film d'animazione, che all'epoca era molto ricca di stimoli, perché oltre al cinema aveva forti elementi di pittura e di disegno. Ho potuto seguire le lezioni dei migliori pittori dell'epoca, come Pimenov, ad esempio.
Dopo essere tornato in Bulgaria ho lavorato nello studio di produzione di cinema d'animazione "Sofia", dove a partire dal 1974 ho realizzato almeno cinquanta film. Contemporaneamente ho iniziato a lavorare anche a documentari e film per il grande schermo, e oggi continuo ad interessarmi di tutti e tre i tipi di cinema. Dal 1979 ho fatto almeno cinque film per il grande schermo, e più di quindici documentari, alcuni dei quali lungometraggi. Uno dei campi che mi interessano è quello dei film sulla musica e sui musicisti. Un anno fa, ad esempio, ho fatto un film sul virtuoso Samir, un musicista di "zurna", uno strumento a fiato di legno, davvero eccezionale. Dal 1989 sono diventato il direttore della "Kulev Film Productions", una piccola casa di produzione, piccola sia sulla scena europea che su quella bulgara, ma che riesce comunque a produrre cinema.
Per quanto riguarda il cinema d'animazione, molte cose sono cambiate dal 1989: prima il sistema era basato su un enorme studio di produzione, che ogni anno portava a termine almeno 50-60 titoli. Esisteva poi un grande festival, che si teneva ogni anno a Varna. In generale c'erano commissioni che mantenevano il film d'animazione bulgaro ad un livello elevato. All'epoca conobbi anche molti autori italiani, come Bruno Bozzetto e il gruppo di Siena, dove sono stato anche invitato come parte della giuria al festival, che spero esista ancora.
Dopo l'89 questo sistema è completamente crollato, e lentamente con moltissime difficoltà si è arrivati ad un modello francese, ma più probabilmente europeo, in cui si viene appunto finanziati attraverso un Centro di Cinematografia nazionale, a cui ogni autore presenta progetti, e si ricevono in genere fondi che coprono l'80% del budget, mentre il resto deve provenire da altre fonti. Le cose vanno avanti comunque, un anno fa ho finito un film d'animazione dal titolo "Parzala" (Lo straccio), due anni fa ho realizzato invece un film per il grande schermo, su una storia di Svetoslav Stratiev, un nostro grande autore, che purtroppo è scomparso, e che si intitola "Vrabtzite prez oktomvri" (Passeri in ottobre).
Quali sono stati i modelli di riferimento del cinema d'animazione bulgaro?
Il cinema d'animazione in Bulgaria muove i suoi primi passi negli anni '30, quando sono stati fatti i primi "esperimenti", in quella che potremmo chiamare la pubblicità di allora. Allora venne infatti proposta la sottoscrizione di un enorme prestito di guerra, e per reclamizzarlo alcuni artisti realizzarono brevi cartoons. Dopo la guerra, negli anni '50, è iniziato un processo di produzione più serio. Allora alcuni importanti artisti, tra cui Stoyan Penev, hanno iniziato a lavorare in questo campo.
Il vero punto di partenza del cinema d'animazione in Bulgaria corrisponde però al lavoro di Todor Dinov, che viene considerato, e con ragione, il "padre" di quest'arte nel nostro paese. Anche Dinov si è diplomato a Mosca, e il suo primo film "Krali Marko" (Re Marko), è sotto un forte influsso sia russo che americano, una produzione enorme alla Disney. Presto però ha iniziato a sviluppare un suo stile personale, insieme a giovani artisti come Stoyan Dukov e Ivan Veselinov, che pongono le basi per quella che negli anni '70 verrà definita la "scuola bulgara" dell'animazione.
In quegli anni cominciò a lavorare anche Donyo Donev, che ha creato film molto interessanti. La "scuola bulgara" è spontanea, con alcuni elementi di carattere nazionale, e non subisce più di tanto l'influenza esterna, ed è anzi in qualche modo sia anti-russa che anti-americana. Si riteneva che Disney fosse qualcosa di diverso, di estraneo, commerciale, nel cinema bulgaro invece si raccontano storie legate alla vita sociale, con una sottile vena di ironia anche nei confronti del potere. In seguito si è presentata alla ribalta la mia generazione, fatta di un gruppo di persone che ha studiato in Russia all'inizio degli anni '70, e dopo di noi gli studenti proprio di Dinov e di Donev, che insegnavano al VITIZ. C'era quindi un continuo ricambio, che continua anche oggi: dal VITIZ escono ogni anno 5-6 autori di animazione. Io insegno da diciotto anni alla "Nov Balgarski Universitet", e anche da lì ogni anno escono buoni professionisti.
C'è quindi una certa continuità, una tradizione che, naturalmente, è stata messa in crisi con il cambio di regime, quando i grandi studi sono stati chiusi e ognuno ha iniziato a lavorare per conto suo. Non c'è più un controllo di qualità, e ormai pochi scrittori lavorano per il cinema d'animazione, i giovani non fanno più cinema perchè è un investimento troppo oneroso, soprattutto in termini di tempo, e preferiscono lavorare nel campo pubblicitario.
Mi può raccontare com'era la vita professionale all'interno dei vecchi studi statali "Sofia"?
All'interno dello studio lavoravano circa 250 persone, di cui 10-15 erano registi e altrettanti sceneggiatori. C'era un consiglio artistico, attraverso cui passavano tutti i progetti presentati da registi e sceneggiatori. C'erano poi artisti, animatori ecc., tutta la complessa struttura che rende possibile questa forma di espressione cinematografica. Allora la nostra scuola, oltre che sui successi personali, si basava anche sulla grande curiosità che l'Occidente mostrava per quanto succedeva dall'altra parte del muro di Berlino. Questa curiosità, che veniva soprattutto dalla Francia, ma anche dall'Italia e dalla Germania, ha fatto sì che in moltissimi festival raccogliessimo molti premi, ad esempio ad Ottawa e a Nancy, a Zagabria e a Hiroshima. Questo ci dava una buona dose di orgoglio professionale. All'epoca, poi, i film d'animazione erano visti e c'erano alcuni cinema in cui si proiettavano. La televisione era co-produttore di buona parte dei progetti, cosa che ad onor del vero succede anche oggi.
Dopo l'89 tutto è cambiato, e anche l'interesse dell'Occidente è scemato. E' la "staccionata" a rendere interessante quello che succede dall'altra parte, nel momento in cui questa è scomparsa, anche noi siamo diventati meno interessanti.
Lei, personalmente, come ha vissuto i primi anni della transizione?
E' stato un periodo molto difficile, chi non c'è passato non lo può capire fino in fondo. La mia generazione, quella di coloro che al tempo del cambio di regime avevano 30-40 anni, io allora avevo precisamente 40 anni, è stata fortunata, perchè noi eravamo ancora in grado di adattarci in qualche modo ai cambiamenti ed andare avanti. Chi aveva 50 o 60 anni invece era davvero troppo confuso dai cambiamenti avvenuti. Io ho dovuto passare prima attraverso la creazione di una nuova cornice economica, e poi è seguita la creazione della "Kulev Films Productions" come soggetto giuridico in grado di lavorare col Centro di Cinematografia. Per me non è stato difficile abituarmi, visto che ho lavorato per tutta la vita, ma il periodo in cui ci siamo trovati a vivere era difficile. E non che oggi le cose siano più facili. I fondi sono limitati, e molte sono le richieste di finanziamento, l'interesse verso il cinema bulgaro è molto basso, e i potenziali produttori sono solo due: il Centro di Cinematografia e la Televisione Nazionale Bulgara. Le centinaia di nuove televisioni apparse sul mercato negli ultimi anni, anche quelle più ricche come "Nova Televiziya" e "bTV" non lo finanziano e per "sostegno alla produzione nazionale" intendono la realizzazione di reality show e cose del genere.
Il regime comunista investiva molte risorse nel campo cinematografico. Che posto veniva riservato al cinema d'animazione all'interno di questa politica complessiva?
La percezione, basata anche sulla propaganda dell'epoca, è quella che il cinema d'animazione avesse un ruolo assolutamente centrale, direi primario. Questo perché era quello meglio "spendibile" sul mercato internazionale, soprattutto dei festival. Il cinema per il grande schermo per quanto potesse essere di qualità, era locale, chiuso e limitato da una lingua "esotica" come il bulgaro, raramente tradotto e mostrato all'estero.
Anche il cinema documentario era molto buono, e naturalmente c'erano ottimi film per il grande schermo. Come dicevo, però, la propaganda insisteva nel presentare il cinema d'animazione come il più importante, e non a caso il festival di Varna era uno dei quattro festival della SIFA, l'Associazione Internazionale del Cinema d'Animazione, che rappresentava un ottimo palcoscenico per la produzione bulgara.
Esistevano forme di censura ideologica per il cinema d'animazione?
No, per il cinema d'animazione non si può parlare di censura, visto che il regime in realtà non lo stimava nè lo comprendeva. La censura ideologica era invece diretta principalmente verso il cinema per il grande schermo, perchè si riteneva che fosse il più "potente" nel dialogo con il pubblico. Il cinema d'animazione era invece più intellettuale, se vogliamo, e la censura non se ne interessava. Se prendete un film come "Veselyakat" (Lo spensierato), da me realizzato nel 1986, si vede che nessun rappresentante della censura di Stato ha colto le tante metafore presenti, non erano in grado di farlo. Si capisce che sono intervenuti su qualche inquadratura, ad esempio se c'era una donna nuda o cose del genere, ma si trattava di una censura naive.
Lei, nella sua carriera, ha avuto esperienza diretta di censura?
Sì, mi è successo col mio primo film per il grande schermo, realizzato nel 1979 insieme a Boris Hristov, intitolato "Smartat na zaeka" (La morte del coniglio). Il film fu censurato e non fu mai proiettato in sala, fu letteramente cancellato per dieci anni. Allora a capo della cinematografia c'era Nikola Nenov, una persona intrisa di ideologia fino al midollo, che ha rovinato non pochi giovani autori. Per molti anni io e Boris Hristov non potemmo lavorare nel campo del cinema per il grande schermo, mentre ci lasciarono continuare con i film d'animazione. La realtà, naturalmente, anche allora non era in bianco e nero, ma piena di sfumature. All'interno del consiglio che affondò il film, c'erano anche registi, colleghi, che lo difesero.
Ed al momento esiste una qualche forma di censura?
Assolutamente no, almeno se parliamo di censura ideologica. D'altra parte, però, talvolta il controllo economico che viene esercitato oggi talvolta appare molto più spaventoso della censura ideologica, che potremmo definire naive e contadina, che allora bloccava il cinema. Questo perchè oggi, quando non ci sono i soldi, non puoi fare niente. Allora potevi tentare di cavartela in qualche modo, di trovare una strada, di aggirare la censura e riuscivi a lavorare. Oggi senza soldi, non lavori e basta. I budget sono bassissimi, le possibilità risicate.
C'erano influenze reciproche tra le varie cinematografie balcaniche riguardo al cinema d'animazione? E, d'altra parte, ci sono elementi che distinguono i prodotti cinematografici bulgari da quelli dei Paesi vicini?
Ci sono molte influenze reciproche, ma è molto difficile definire quali, perchè si tratta di fenomeni complessi che lavorano sul lungo periodo. L'influenza reciproca era ed è dovuta innanzitutto al fatto che ci conosciamo tutti molto bene: io conosco tutti a Zagabria, e tutti i registi serbi, a partire da Borivoje Nikolic per arrivare ai giovani autori. Forse la cinematografia meno conosciuta, almeno per quanto mi riguarda, è quella rumena, ma avevamo moltissimi contatti in Cecoslovacchia, in Ungheria, in Germania, in Francia ecc.
E' molto difficile dire quali caratteri cinematografici del nostro cinema d'animazione possano essere definiti esclusivamente bulgari. I giovani difficilmente mostrano entusiasmo verso l'aspetto nazionale, perchè vogliono parlare al mondo intero. Per arrivare all'idea di una cinematografia nazionale hai bisogno di anni di esperienza, devi conoscere il tuo Paese. L'unico che lavorava in questa direzione era Donyo Donev, che ha realizzato una serie intitolata "Trimata glupatzi", (I tre sciocchi), che in qualche modo si è diversificata, recuperando elementi del folklore.
Al momento, il cinema bulgaro nel suo complesso, gioca un qualche ruolo all'interno della società?
Un ruolo molto marginale, visto che la società non si interessa del cinema bulgaro. Io credo che oggi, nel Paese, ci sia un gruppo non più grande di tre-quattromila persone che si interessa di cinema bulgaro, e siano le stesse persone che leggono, che vanno al teatro e che vanno ai concerti, e che in definitiva vivono a Sofia ed in qualcuna delle città più grandi.
Ma il pubblico continua a guardare i vecchi film?
Sì, e con grande nostalgia. Ma lì le motivazioni sono tante e diverse. C'è chi vuole rivedere un attore che è scomparso da vent'anni, chi vuole vedere com'era il Paese cinquanta anni fa, altri vogliono semplicemente ricordare la propria giovinezza. Il quotidiano "24 Chasa" ha riproposto in DVD una lunga serie di vecchi film, che sono andati letteralmente a ruba.
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