Mafie

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12/06/2001 -  Anonymous User

L'Osservatorio sui Balcani pubblica oggi due approfondimenti sulle malversazioni nei Balcani. Si tratta di un'inchiesta di Lino Veljak, corrispondente da Zagabria per l'Osservatorio, nel quale viene focalizzata la polemica scatenata dal settimanale di Zagabria "Nacional" circa le collusioni da parte del presidente montenegrino Milo Djukanovic e la malavita balcanica. La conclusione critica di Velijak mira infine a porre l'accento sul futuro degli interi Balcani e sui giochi internazionali. L'altro approfondimento è, invece, un lungo articolo del ricercatore Emilio Cocco, riguardante la gestione delle privatizzazioni in Croazia. In particolare, viene fatto cenno al più che probabile acquisto della Zagrebacka Banka da parte del consorzio italo-tedesco Unicredito-Allianz, inoltre, e più estesamente, vengono analizzate le dubbie operazioni dei magnati dell'economia croata durante il processo di privatizzazione in relazione alle difficoltà della coalizione di centro sinistra, attualmente al governo, nel gestire la difficile eredità della gestione di Tudjman e del suo partito (HDZ).

» Approfondimento: © Il caso "Nacional"

» Approfondimento: © "La rapina del secolo"

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10/06/2001 -  Anonymous User

Domenica alle ore 18.00 le unità della Seconda armata dell'Esercito jugolsavo hanno ripreso possesso del settore C della zona terrestre di sicurezza nella regione della montagna Bogicevica nei pressi di Plava. Si tratta dell'ultima parte di tale zona che era rimasta fuori dal controllo delle forze jugoslave.

Proposta per una soluzione della crisi macedone

09/06/2001 -  Anonymous User

Il presidente macedone, Boris Trajkovski, ha avanzato, venerdì, un piano di soluzione della crisi che imperversa nel paese da oltre quattro mesi, dopo che l'esercito macedone ha ignorato la tregua per il cessate il fuoco proposta dai guerriglieri sferrando un attacco, con elicotteri e artiglieria, alle postazioni dei ribelli nella zona a nord est di Skopje. Si è trattato, come comunica l'agenzia Reuters, del più grosso attacco dopo l'uccisione dei cinque militari macedoni.
Il capo di stato macedone, durante la seduta straordinaria del Parlamento, ha inoltre accusato i ribelli di voler perseguire "la divisione della società e di condurre il paese nel caos". I combattenti affermano invece che non hanno alcuna intenzione di dividere il paese, ma di porre fine alla discriminazione nei confronti della popolazione di etnia albanese (circa il 30% dei poco più di 2 milioni di abitanti complessivi), perpetrata dalla popolazione di etnia macedone, in modo particolare nei settori dell'educazione, dell'impiego e dei diritti alla lingua.
Il piano presentato da Trajkovski è composto da tre punti comprendenti una ridefinizione delle forze di sicurezza, alcune misure per incoraggiare i ribelli al disarmo e un'accelerazione delle riforme politiche verso l'accettazione delle lamentele della popolazione albanese riguardanti la loro discriminazione nel paese. Il piano di Trajkovski è stato benevolmente accettato dall'Alto rappresentante europeo per la politica estera e la sicurezza, Javier Solana, giunto a Skopje nella serata di venerdì. Secondo Solana si tratta di "un ottimo piano ed ha il nostro supporto".Trajkovski ha inoltre espresso la volontà che la polizia e l'esercito vengano posti sotto un medesimo comando, (attualmente la polizia fa riferimento al Ministero dell'Interno e l'esercito al Ministero della Difesa e i due ministri provengono da partiti differenti), dichiarando infine che "non è questo il tempo per le rivalità tra i partiti".
Per una soluzione politica e non militare si sono espressi anche i 19 ministri della difesa dei paesi NATO, riuniti ieri a Bruxelles, e che hanno condannato l'uccisione dei cinque militari macedoni, come "una barbara azione". Il segretario generale della NATO, George Robertson, ha poi ribadito che "non esiste una soluzione militare dello stato esistente" e solo un processo di soluzione politica potrà condurre ad una pace prolungata.


Luka Zanoni,
© Osservatorio sui Balcani;

La reazione macedone: incidenti a Bitola

07/06/2001 -  Anonymous User

Come probabile reazione all'uccisione, da parte dell'UCK, di cinque militari dell'esercito macedone, per tutta la notte scorsa si sono susseguiti gravi incidenti nella città di Bitola. Infatti, tre dei cinque soldati rimasti uccisi ieri erano di Bitola, una delle maggiori città della Macedonia meridionale, dove la presenza albanese è di circa il 10% dei complessivi 80.000 abitanti della città. Molti negozi di albanesi sono stati presi di mira da ripetuti attacchi, parecchi sono stati dati alle fiamme o colpiti alle vetrate, da parte di una folla di manifestanti macedoni. Anche l'abitazione del viceministro della sanità, Muharrem Nexhipi, è stata incendiata. Il viceministro ha detto all'Ansa che i poliziotti non sono intervenuti se non dopo le tre di notte, quando l'ondata di violenza iniziava a scemare.
Come riporta l'IWPR (su un commento di Sime Alusevski, giornalista del settimanale regionale Bitolski Vjesnik) altri incidenti a Bitola, considerata una delle città dove la convivenza tra albanesi e macedoni non ha mai incontrato difficoltà, si erano verificati durante la notte del 30 aprile scorso, a seguito dei funerali di quattro soldati dell'esercito macedone, originari della città. Anche allora i manifestanti distrussero le vetrine dei negozi dei proprietari albanesi, ricordando ad alcuni la "notte dei cristalli". La maggior parte degli esercizi colpiti dagli attacchi di violenza non è stata ancora riparata. Le assicurazioni stentano a stipulare contratti con proprietari albanesi, e solo alcuni sono stati rimborsati dopo gli incidenti.
Alcuni albanesi credono comunque che gli incidenti non siano opera degli abitanti macedoni di Bitola, piuttosto pensano si tratti di un'orchestrazione ad opera di gruppi politici macedoni con base a Skopje, altri addossano invece le responsabilità ai tifosi della squadra di calcio Ckembari. Uno dei militari uccisi ieri faceva, infatti, parte del Ckembari e, sempre secondo il giornalista Sime Alusevski, il fratello del militare ucciso, che lavora come taxista a Bitola, è riuscito ieri ad organizzare un gruppo di duecento taxi che hanno guidato attraverso il centro della città, suonando i clacson e sventolando manifesti anti-albanesi.
Questi continui scontri stanno esasperando la popolazione, che inizia seriamente a preoccuparsi per la propria incolumità e non sono pochi quelli che temono un accrescimento della violenza e delle provocazioni.
Il portavoce del governo, Antonio Milososki, ha dichiarato: ''A questo punto in Macedonia bisogna proclamare lo stato di guerra''. Una proposta apparentemente condivisa anche dal premier, Ljubco Georgievski, e invece finora respinta dal capo dello Stato Boris Trajkovski e da Branko Cernenkovski, ex primo ministro e leader dell'Unione socialdemocratica, importante formazione politica, membro della coalizione governativa in crescente conflitto con il partito del primoministro. (Ansa)
Sia il ministro dell'interno che quello della difesa si sono detti contrari alla proclamazione dello stato di guerra, promettendo "un'immediata e dura risposta delle forze di sicurezza contro i terroristi albanesi responsabili della strage di Tetovo".

Da parte occidentale, l'Alto rappresentate europeo per la politica estera e la sicurezza, Javier Solana, ha reagito negativamente alla proposta avanzata dal premier Georgievski affermando che: "ciò servirebbe solo ai terroristi e non favorirebbe la soluzione della crisi". Dello stesso parere è anche il presidente della UE, Anna Lindh, che durante un colloquio telefonico con Skopje, ha cercato di convincere il presidente Trajkovski e il ministro degli Esteri, Ilonka Mitreva, a trattenersi dal dichiarare lo stato di guerra "perché ciò favorirebbe l'aumento della violenza e fornirebbe una scusa alla continuazione delle azioni dei terroristi, così come l'uccisione di civili". (Sense)

Croazia: ancora casi di corruzione a Pola

25/05/2001 -  Anonymous User

Il Ministro degli interni croato Sime Lucin ha annunciato una serie di azioni che dovrebbero scardinare i vertici del crimine organizzato nel paese (Vecernji list, 18.5). Lo stesso giorno è apparsa sui quotidiani nazionali la notizia dell'arresto di due avvocati e un ex-agente della polizia segreta, accusati di aver fatto da mediatori nella corruzione di alcuni giudici.
Altri nomi eccellenti circolano sulla stampa locale, in particolare nella comunità istriana di Pola: tra questi il presidente della Corte suprema locale Ivan Milanovic, e l'avvocato di Zagabria Anto Nobilo. Il primo ha già dichiarato la sua estraneità ai fatti: "Non ho mai guadagnato nessun denaro al di fuori del salario statale" (Novi list, 19 maggio). Nobilo invece si è difeso accusando il Procuratore della Repubblica di Pola, Radovan Ortynski, di aver estorto false dichiarazioni al suo assistito Miroslav Kutle. Questi, personaggio di fiducia dell'ex-presidente Tudjman e fino al 1999 uomo più ricco del paese, è stato rimesso in libertà il 18 maggio scorso dopo 15 mesi di carcerazione preventiva. Secondo Nobilo, il procuratore Ortynski avrebbe ricattato il prigioniero Kutle chiedendogli di testimoniare contro Ivic Pasalic (attuale capo dell'ala destra radicale interna all'HDZ, e già consigliere principale dell'ex-presidente Tudjman) e contro l'ex-generale Ljubo Cesic Rojs, ambedue sospettati di aver partecipato al saccheggio della ricchezza nazionale. Ortynski ha immediatamente annunciato un'adeguata risposta a queste pesanti accuse.
La cronaca di Pola non è nuova a vicende di corruzione: recentemente infatti il vice-sindaco del capoluogo istriano Mario Quaranta si è dovuto dimettere per lo scandalo provocato dal suo arresto per presunta corruzione. La polizia croata lo avrebbe pescato con ancora in tasca una mazzetta proveniente da un intermediario che lavora per la ditta italiana Chini costruzioni - nota come una delle principali imprese del mattone in Trentino. La cronaca poi non ha seguito molto il caso, stretta com'era tra la polemica sul bilinguismo nella regione e le elezioni amministrative che hanno coinvolto anche Pola. Resta il fatto che molti segnali indicano come la Croazia attuale, pur non raggiungendo i livelli di economia off-shore che si vedono ad esempio in Montenegro, sia attraversata da profondi fenomeni di criminalità economica e di corruzione diffusa. E questo avviene mentre vasti pezzi del paese, dalle risorse turistiche della costa al sistema bancario, stanno finendo in mani straniere - tedesche e italiane in particolare.

La comunità internazionale in Bosnia: tutti i nostri sbagli

12/05/2001 -  Anonymous User

Sono passati più di 5 anni dalla firma degli accordi di Dayton, che al tempo vennero considerati il programma di salvezza per la Bosnia Erzegovina. In realtà, il piano ideato dalla comunità internazionale cominciò ad essere criticato fin dai primi giorni e lo è tutt'oggi. Ultimamente in Bosnia si sta valutando tutto ciò che i Grandi (non) sono riusciti a risolvere. Rispetto alla considerazione di quanto fatto dalla Comunità nternazionale in Bosnia, molto è cambiato dopo gli ultimi incidenti di Mostar.

Non si può dimenticare quanto è accaduto l'8 aprile scorso, quando alcuni collaboratori dell'ufficio dell'Alto Rappresentante in Bosnia (OHR), accompagnati dai carabinieri italiani, vennero picchiati e umiliati da estremisti croati davanti alla famosa "Hercegovacka Banka".

Ma per quale motivo l`operazione nei confronti della banca erzegovese non è riuscita?

Nessuno vuole ammettere il proprio senso di vergogna, ma pare (da fonte anonima) che tutto sia accaduto per un banale errore di coordinamento. Il contingente Sfor francese interpretò male il codice dell'operazione che indicava un'operazione di primo grado (ad alto livello di rischio) scambiandola con un codice simile a quella di un'operazione di terzo grado (livello medio-basso). Così i soldati della Forza Internazionale decisero di non utilizzare tutti i mezzi di difesa necessari, e vennero sopraffatti facilmente dalla folla.

Sembra che l'azione degli estremisti croati abbia rappresentato per la comunità internazionale in Bosnia una vera lezione, attraverso la quale oggi capisca con chi ha veramente a che fare. Al contempo questo fallimento di Mostar è servito come pretesto ad alcuni cronisti per stilare una lista di tutti gli errori commessi dagli internazionali nel periodo post-Dayton. Va detto che in questi cinque anni non si è riusciti a garantire il funzionamento delle istituzioni bosniache e allo stesso tempo, pur spendendo centinaia di migliaia di dollari, l'intervento esterno non è risultato efficace.

E' vero che i soldati dello SFOR alla fine sono riusciti ad entrare nell'Hercegovacka Banka e ad aprirne la cassaforte usando la dinamite; ma forse la vera impresa sarebbe stata quella di arrestare Ante Jelavic (il leader nazionalista croato, tra i princiali fomentatori dei disordini). E da sempre la comunita' internazionale si è mostrata poco efficace nel giudicare i politici bosniaci: "gli internazionali hanno cercato a lungo di proteggere Biljana Plavsic e successivamente Milorad Dodik" dice Chris Benet, capo del International Crisis Group, "mentre nel frattempo non sono stati affrontati i veri problemi della Republika Srpska".

Si ricordi che alla fine del 1999 la stessa signora Plavsic venne invitata a Parigi dal presidente Chirac, in un periodo in cui già si parlava del suo possibile "viaggio" a L'Aja. Già altre volte la diplomazia francese in Bosnia si era dimostrata incauta, come quando la sua diplomatica Froment Maurice dichiarò: "La Bosnia Erzegovina non è un vero stato, e prima o poi la Republika Srpska si unirà alla Jugoslavia. In Francia questo lo chiamiamo diritto all'autodeterminazione".

Non solo: ci è voluto molto tempo per l'arresto di Momcilo Krajisnik. La causa contro di lui era pronta già nel 1996, ma i politici internazionali ordinarono di lasciarlo tranquillo, perchè la sua figura veniva considerata molto importante per il mantenimento della pace nel paese. Simile e` la vicenda di Biljana Plavsic: nel 1998 Gabrielle Krick Mcdonalds, allora Presidente del Tribunale Internazionale a L'Aja, dichiaro` che "il tribunale non potrà dimenticare il ruolo della signora Plavsic nel genocidio". Essendo però considerata una fautrice del cambiamento democratico in Repubblica serba di Bosnia, la Plavsic risulta citata nei processi solo per i baci scambiati con il comandante Arkan a Bijeljina nel 1992. Anche nel suo caso la causa era pronta già da tempo, ma venne resa pubblica solo quando si considerò la vecchia professoressa non più politicamente utile.

Per quanto riguarda la componente croata in Bosnia, si è parlato molto di Jadranko Prlic, ex Ministro degli esteri del governo federale.

Prlic, rispetto alla Plavsic, non si è lasciato mettere politicamente da parte e continua ad occuparsi di politica. E difatti i politici internazionali, non trovando un altro leader croato con le sue stesse
capacità, continuano a collaborare con lui. Una volta, ad una richiesta di spiegazioni in merito posta dal sottoscritto al signor Stocker - allora capo della Croce Rossa in BiH - la risposta fu: "Noi sappiamo che Prlic è responsabile dell'esistenza dei campi di concentramento in Erzegovina, ma nel lavoro con noi è molto valido".

E da allora pare non sia cambiato nulla: lavorare bene per la comunità internazionale significa anche poter rimanere impunito e non doversi assumere la responsabilità delle proprie azioni passate? Chi lo sa, comunque si dice che la causa contro Prlic sia rimasta in sospeso. "Prlic è stato il cervello della Herceg-Bosna, ma non è ancora giunta l'ora del suo arresto" dice una fonte de L'Aja per il settimanale Slobodna Bosna (26.04.2001).

Il tribunale de L'Aja trasloca a Brcko?

11/05/2001 -  Anonymous User

Il destino del Tribunale internazionale per i criminidi guerra commessi in Rwanda ed ex Jugoslavia è sempre
più incerto. Il famoso Tribunale de L`Aja verràsostituito da una nuova Corte Penale Internazionale, mettendo così
in atto le decisioni della Conferenza di Roma svoltasi il 17 luglio 1998. Il nuovo Tribunale è però ancora in fase di organizzazione e nessuno sa quando comincerà a funzionare.

Nel frattempo, per Carla del Ponte - Procuratrice generale del Tribunale de L'Aja -
e per il suo team, il lavoro non manca.
Ultimamente, il processo di cui si parla di più èquello intentato al generale serbo Krstic, mentre
quattro settimane fa si approntava l'arresto diun altro serbo-bosniaco, Dragan Obrenovic, all'epoca
comandante della brigata di Zvornik (RepublikaSrpska).
L'arresto di Obrenovic è legato ad una registrazione
da cui risulta che il generale Krstic ordinò ad Obrenovic di uccidere tutti i musulmani di Srebrenica arrestati. Ad oggi, però, non è ancora stata
confermata l'autenticità della voce registrata.
Intanto in Bosnia si continua a credere che
proprio Obrenovic potrà confermare, o smentire, alcuni fatti riguardanti Srebrenica e le
responsabilità del generale Krstic, ma anche quelle diBiljana Plavsic e Momcilo Krajisnik.
Il processo contro i due ex-leader della Republika
Srpska viene portato avanti dal giudice Marc Harmon, lo stesso che realizzòil processo contro il generale croato Tihomir Blaskic.
Il procuratore generale de L'Aja considera i processi contro
Plavsic e Krajisnik molto importanti. Carla del Ponte ritiene infatti che questi due casi siano molto preziosi per la costruzione della piramide delle
responsabilità di Slobodan Milosevic.
Certo, mancano ancora tantissimi elementi per costruiretale piramide, ma sembra anche che la
stessa signora Del Ponte non sia ancora pronta peravviare il caso, forse anche un po' spaventata dalle
possibili responsabilità che ricadrebbero su di lei se il processo contro Milosevic non dovesse risultare ben fatto.

Intanto, si stanno accelerando i preparativi per l'inizio delle attività della nuova Corte Penale Internazionale. Quest'idea gode
dell'appoggio di Gran Bretagna, Germania, Canada e ultimamente anche di paesi come Francia e Iran.
Secondo alcune informazioni, non confermate, al L'Aja sono
già pronte 200 nuove cause da avviare.
Dato che il nuovo Tribunale Permanente si occuperà di processi relativi non solo a
crimini di guerra, ma anche di quelli legati a terrorismo,crimine organizzato e narcomafia, sembra che all'Aja non
si avrà tempo per risolvere tutti i casi in agenda. Ed èper questo che si parla della possibile organizzazione di
"una piccola Aja" con sede in Bosnia Erzegovina.
Inizialmente è stata proposta la città di Sarajevo ma, dato il parere contrario dichiarato dai serbi, oggi si ipotizza come possibile sede il distretto di
Brcko.
Esperti de L'Aja avrebbero il compito di controllare il funzionamento di questotribunale, così come procuratori e giudici de L'Aja
seguirebbero e controllerebbero tutte le inchieste avviate.

Incontri diplomatici contro la 'Grande Albania'

10/05/2001 -  Anonymous User

Incontri tra politici per chiarire la situazione macedone. Da "Le Monde Diplomatique".