L'analisi del quotidiano Vremja Novostej sul riconoscimento da parte russa dell'indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud. Le possibili conseguenze a livello regionale e internazionale
Di: Ivan Sukhov, per Vremja Novostej, 26 agosto 2008 (titolo originale: "Чистосердечное признание")
Traduzione per Osservatorio Caucaso: Davide Cremaschi
Il presidente russo Dmitrij Medvedev ha dichiarato nella giornata di ieri che la Russia riconosce formalmente l'indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud ndt
Entrambe le camere del parlamento russo - il Consiglio della Federazione e la Duma di Stato - nel giro di poche ore hanno adottato all'unanimità, nella giornata di lunedì, un appello al Presidente Dmitrij Medvedev con la raccomandazione di riconoscere l'indipendenza delle repubbliche auto-proclamate dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud. Non si tratta del primo documento che contiene un'ampia parte sull'annosa lotta dei popoli abkhazo ed sud-osseto per la sovranità delle proprie formazioni statuali. Una presa di posizione a riguardo era stata votata dai parlamentari russi non prima dello scorso mese di marzo. Ma nel contesto del conflitto militare con la Georgia la votazione di ieri, forse per la prima volta nella storia delle relazioni di Mosca con Sukhumi e Tskhinvali, è sembrata l'avvio della procedura per il loro riconoscimento.
Nella prassi internazionale non esiste alcun regolamento preciso che definisca la procedura di riconoscimento degli stati. In base alla Costituzione russa alla pronuncia dei parlamentari deve corrispondere una risposta del capo dello Stato. Se questi decidesse di emanare un decreto conforme al voto del Parlamento, l'Abkhazia e l'Ossezia del Sud potrebbero considerarsi riconosciute quanto meno da uno degli stati del globo.
Se tale decreto presidenziale verrà emanato è difficile per ora dirlo. Il problema è che, una volta avviata la procedura per il riconoscimento ufficiale dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud - che dal punto di vista del diritto internazionale sono ad oggi parte integrante della Georgia - Mosca potrebbe venire accusata, in sostanza, di violare uno dei principi chiave della risoluzione pacifica della recente crisi del Caucaso meridionale. Quegli stessi principi che sono stati avanzati da Dmitrij Medvedev e dal suo omologo francese Nicolas Sarkozy. Un punto rilevante di questo memorandum, su cui si basa la proposta avanzata il 20 agosto dalla Russia per una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla Georgia, è il dibattito internazionale sul futuro status dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud. La discussione a livello internazionale non è stata ancora avviata, ma il parlamento russo ha già pienamente espresso, in maniera univoca, il proprio punto di vista sulla questione.
In realtà quando questo principio (enunciato nel sesto punto del piano di risoluzione russo-francese) è stato sottoposto alla ratifica di Tbilisi, il presidente georgiano ha richiesto di sottrarre alla discussione internazionale la questione dello status, accettando il dibattito solo se di fatto circoscritto alle questioni della stabilità e sicurezza dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud. La questione è subito diventata estremamente concreta. La Georgia ed i suoi partner occidentali hanno deciso di difendere il principio dell'integrità territoriale georgiana. Alla Russia non rimane che da dimostrare se sia ancora disposta ad agire nel quadro di questi principi, oppure se intenda non rispettarli più. Entrambi i rami del parlamento russo ieri hanno scelto questa seconda opzione. A giudicare dalla reazione contenuta dei partner di Mosca nella Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), il numero di paesi che si possono considerare come sostenitori dell'indipendenza abkhaza e sud-osseta è veramente scarso. Il Cremlino ha per ora diverse ragioni per contare sul sostegno della Bielorussia. Gli altri potenziali sostenitori della sovranità si possono considerare ben più scomodi. Anche solo dal punto di vista degli investimenti dall'estero, difficilmente le due repubbliche potrebbero immaginare un avvenire roseo una volta riconosciute, tanto per dire, da Cuba, dal Venezuela e dalla Siria. Appare altrettanto improbabile, del resto, una spaccatura dell'arena internazionale.
Le grandi potenze occidentali, come era nelle attese, hanno fatto intendere ieri di non aver apprezzato l'iniziativa dei deputati russi. L'amministrazione di George Bush ha dichiarato di ritenere "inaccettabile" la decisione della Duma di Stato e del Consiglio della Federazione di sostenere il riconoscimento dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia quali stati autonomi, sovrani ed indipendenti. "E' per noi un fatto inaccettabile" - ha dichiarato lunedì a Washington il portavoce del Dipartimento di Stato Robert Wood.
Il ministero degli Esteri britannico, stando alle dichiarazioni rilasciate all'agenzia di informazione RIA Novosti da una portavoce, è convinto che le richieste della Duma di Stato al Presidente della Federazione russa e alla Comunità internazionale per il riconoscimento dell'indipendenza dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud saranno causa di ulteriore tensione nella regione e che rafforzeranno i dubbi ed i sospetti della comunità internazionale sulle vere ragioni del comportamento della Russia. "Questo fatto arrecherà una forte tensione nell'area. Noi invitiamo il governo russo a rispettare i propri impegni e ad astenersi da azioni che possano aumentare il livello già alto di instabilità" - ha riferito all'agenzia l'interlocutrice britannica. Il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, nel corso di una conversazione telefonica con il capo del ministero degli Esteri russo Sergej Lavrov, ha invitato le autorità russe a trattare con estrema attenzione il riconoscimento dell'indipendenza dell'Abkhazia e dell'Ossezia, alla luce della pesante situazione in Caucaso.
Secondo molti esperti, tuttavia, un certo indugio nella procedura di riconoscimento potrebbe al contrario tornare utile alla Russia e ai due pretendenti all'indipendenza. La partecipazione della comunità internazionale nella procedura di risoluzione dei conflitti presto o tardi porterebbe nelle due repubbliche all'organizzazione di un referendum sul proprio status. Una referendum che, a differenza di tutti i precedenti (nel 1991, 1992 e 2006 in Ossezia del Sud e nel 1999 in Abkhazia), avrebbe valore non solo all'interno, ma costituirebbe forse un legittimo fondamento per il futuro "divorzio" delle repubbliche dalla Georgia.
Quanto questa (contrapposta) visione sia propria della dirigenza russa sarà chiaro solo dopo la presa di posizione del Presidente Medvedev nei confronti della raccomandazione del parlamento. Lo stesso Presidente, a tale proposito, ha incontrato ieri a Sochi il presidente moldavo Vladimir Voronin. Medvedev ritiene che l'aggravarsi della situazione nelle zone del conflitto georgiano-abkahzo e georgiano-sudosseto si sia verificato perché "la dirigenza georgiana ha perso la testa". Ciò che ne è seguito è un "serio avvertimento per tutti", ha voluto chiarire il Presidente russo così alludendo, con ogni probabilità, al conflitto che ha luogo in Moldavia con la repubblica non riconosciuta della Transnistria.
Va sottolineato che Dmitrij Medvedev non ha chiesto ai parlamentari russi di pronunciarsi per l'indipendenza dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud. Si è limitato ad informare le camere sull'aumento del contingente dei soldati russi di interposizione in entrambe le regioni in conflitto, affinchè i parlamentari ratificassero questa decisione. Naturalmente nessuno si è messo a discutere. Ma è tutta la procedura che in modo molto evidente ha illustrato la qualità del parlamentarismo russo. Le camere si riunivano in sessione straordinaria, interrompendo le ferie estive con una settimana di anticipo. Sebbene la scadenza anticipata sia dovuta allo scoppio della crisi in Georgia dell'8 agosto, per la seduta straordinaria si sono comunque dovute attendere tre settimane. Di conseguenza il consenso all'aumento della presenza militare è stato deciso a cose fatte.
Secondo il presidente del Consiglio della Federazione, Sergej Mironov, da un punto di vista giuridico la procedura è impeccabile, non richiedendo la partecipazione di alcun altro paese. Questo sebbene nessuna delle due operazioni di interposizione, nella cornice delle quali le truppe russe hanno operato fino all'8 agosto, si siano mai potute in alcun modo considerare unilaterali. In Ossezia del Sud la Russia "manteneva la pace" in collaborazione con la Georgia. In Abkhazia invece operava in autonomia, ma sempre nel quadro di un mandato della CSI. Per ora non è stata presa alcuna decisione formale sul cambio di regime di tali operazioni. Nonostante ciò il parlamento russo ha deliberato di accordare l'aumento delle truppe.
I parlamentari infine non hanno preso in esame nella seduta di ieri lunedì, ndt nessuna cifra concreta circa il numero aggiuntivo di militari da assegnare al nuovo organigramma. Le cifre sono state rese note alla vigilia del voto dal vice-capo di Stato maggiore Anatolij Nogovizyn. Stando a quanto da lui dichiarato, in Ossezia del Sud dovrebbero rimanere 452 soldati russi; in Abkhazia ne resteranno 2.142. Paradossalmente queste cifre sono persino inferiori a quelle che spettavano ai contingenti russi su entrambi i mandati. L'organico dei militari del battaglione russo nella compagine delle Forze Miste per il Supporto alla Pace (SSPM) in Ossezia del Sud consisteva di 519 unità. Oltre a quello russo, nella compagine dell'SSPM rientravano altri due battaglioni: uno georgiano e l'altro osseto. La Russia per giunta poteva evidentemente considerare il battaglione osseto come proprio. Anche in Abkhazia la Russia aveva diritto di mantenere fino a 3.000 "caschi blu".
Una tale diminuzione nello schieramento di truppe potrebbe significare che il comando russo consideri inesorabile un cambio di indirizzo nell'operazione di interposizione. Un piano che la Georgia dal 12 agosto scorso per bocca del presidente ha definito "una sostanziale occupazione". Potrebbe venire meno la stessa necessità di un'operazione di interposizione - con tutte le limitazioni che essa comporta - qualora la Russia riconoscesse definitivamente l'indipendenza dell'Abkhazia e del'Ossezia del Sud. In questo caso la sua presenza militare nelle repubbliche potrà essere regolata non più da accordi internazionali, bensì da accordi bilaterali tra Mosca, Sukhumi e Tskhinvali. E' già molto tempo che gli stessi governi non riconosciuti ingaggiano militari russi. Una parte delle infrastrutture per il loro ritorno sono state ricostruite da capo, mentre una parte si è conservata dai tempi delle Forze armate dell'Unione Sovietica, quando esisteva il distretto militare del Caucaso del Sud.
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