Angelina Jolie e Brad Pitt a Sarajevo (foto SFF)

Angelina Jolie e Brad Pitt a Sarajevo (foto SFF )

Chiude la 17sima edizione del Film Festival più acclamato dei Balcani. Il direttore del festival di Sarajevo assegna all’attrice Jolie il premio d’onore. Grande successo di pubblico e ottimo livello dei film in concorso. Miglior film: “Atmen – Breathing” dell’austriaco Karl Markovics

01/08/2011 -  Nicola Falcinella Sarajevo

Il sorriso di Angelina Jolie e Brad Pitt ha sigillato il 17° Sarajevo Film Festival (Sff) chiuso sabato sera. La coppia di star è arrivata a sorpresa per la cerimonia finale, per ricevere il premio d’onore “Cuore di Sarajevo” che il direttore Mirsad Purivatra ha consegnato all’attrice. Una conferma del legame tra la Jolie e la città, ma anche una sorta di ricompensa dopo che l’attrice non ha potuto girare in Bosnia il suo film da regista.

Il suo debutto, “In the Land of Blood and Honey” Zana Marjanović, Goran Kostić, Nikola Đuričko, Branko Đurić e Rade Šerbedžija, è stato girato in Ungheria dopo che le autorità bosniache hanno cambiato idea sul progetto. La pellicola, molto attesa, racconta una storia d’amore durante la guerra e sarà nei cinema americani per Natale.

Il premio onorario si aggiunge a quello attribuito, nella serata inaugurale, al regista iraniano perseguitato in patria Jafar Panahi.

La manifestazione si è chiusa nel segno del successo di spettatori, di presenze di addetti ai lavori, di livello dei film e di visibilità. Le giurie hanno premiato Austria, Bulgaria, Bosnia e Croazia senza grandi sorprese, mentre i premi del pubblico sono stati meno prevedibili.

I lungometraggi

Tra i lungometraggi in concorso miglior film è stato votato “Atmen – Breathing” dell’austriaco Karl Markovics, già premiato a Cannes per la Quinzaine des realisateurs. Anche il protagonista Thomas Schubert è stato premiato come miglior attore.

Premio speciale della giuria al bel “Avè” del bulgaro Konstantin Bojanov, anche questo già passato sulla Croisette. Miglior attrice l’affascinante e giovanissima Ada Condeescu per il romeno “Loverboy” di Catalin Mitulescu.

Fuori dai premi anche l’unico film in prima mondiale della competizione (dove sette opere su otto erano di esordienti), lo sloveno “Izlet – A Trip” di Nejc Gazvoda che pure ha convinto molto. Una storia semplice e insidiosa realizzata bene con tre soli personaggi. Živa, Andrej e Gregor, sono tre giovani intorno ai 25 anni, vecchi amici del liceo. Si ritrovano dopo tempo per trascorrere insieme una breve vacanza al mare. La prima dice di essere in partenza per un periodo di studio all’estero, il secondo è gay insoddisfatto e arrabbiato col mondo, il terzo un militare in missione in Afghanistan. Se le prime scene sembrano sovraccariche e recitate sopra le righe alla ricerca della risata, la vicenda si fa più interessante e coinvolgente man mano che le cose si complicano, che riaffiora l’attrazione tra Gregor e Živa, che quest’ultima rivela la sua malattia e riemergono dal passato fatti spiacevoli e mai chiariti. Il regista ha freschezza, riesce a sorprendere ed emozionare con l’ausilio di bravi interpreti (Nina Rakovez, Jure Hennigman e Luka Cimprič) e si toglie il gusto di mettere in bocca ai protagonisti due battute anti-italiane.

I corti

Tra i cortometraggi la giuria presieduta dal macedone Milcho Manchevski (il cui “Majki” è stato proposto fuori competizione) ha premiato “Mezzanine – Mezanin” del croato Dalibor Matanić, con menzioni speciali a “Take Two - Vtori dubal” della bulgara Nadejda Koseva e “Dove sei, amor mio” dell’altro croato Veljko Popović.

I documentari

Nella competizione documentari (in giuria anche il critico italiano Luciano Barisone, direttore di Visions du Réel a Nyon, e la regista macedone Biljana Garvanljeva) ha vinto il bosniaco Nedžad Begović con “ Mobitel – A Cellphone Movie”. Un lavoro con un linguaggio originale e innovativo e girato interamente con un telefono cellulare. Altra particolarità il fatto che il regista parlasse di se stesso, anche se tra i 23 titoli in lizza anche altri (il bulgaro “Rules of Single Life” di Tonislav Hristo, il serbo “Run for Life” di Mladen Matičević, il croato “Ratni Reporter” di Silvestar Kolbas e il montenegrino “Heroj našeg doba – A Hero for Our Time” di Šeki Radončić) vedevano in scena il documentarista.

Begović parte dalla volontà di utilizzare un cellulare per filmare le sue giornate e registrare le sue conversazioni mentre segue un periodo di cure dopo un problema di salute: deve camminare molto, stare a dieta e sottoporsi a esami periodici. Nel frattempo sente amici, colleghi, la madre, la moglie e la figlia discutendo di tante cose. A intervallare le telefonate immagini di vita quotidiana o scritte ironiche o paradossali sui muri della città.

Human Rights è andato a “Ecumenopolis: City Without Limits / Ekümenopolis: ucu olmayan şehir” del turco Imre Azem, una denuncia delle speculazioni edizilie e dell’ingordigia dei costruttori che stato stravolgendo Istanbul. Questo documentario è risultato il secondo nella preferenze del pubblico, che ha premiato l’inglese “Ljubav prema knigama – Sarajevska priča” di Sam Hobkinson, racconto dell’incendio della Biblioteca nazionale della città. Terzo nel gradimento “Orkestar” di Pjer Žalica, film sulla Plavi Orkestar di Sarajevo proposto nel programma dell’arena principale.

Tra i lungometraggi di finzione gli spettatori hanno votato l'irlandese “The Guard” di John Michael McDonagh (lo sceneggiatore di "Svegliati Ned"), seguito dalla commedia francese “Le donne del sesto piano” di Philippe Le Guay, “Cairo 678” dell’egiziano Mohamed Diab e l’inglese “Jane Eyre” di Cary Joji Fukunaga con Mia Wasikowska e Michael Fassbender che è stato ospite del festival. Tra gli altri nomi di prestigio che hanno arricchito la settimana di Sff Charlotte Rampling per la Katrin Cartlidge Foundation e Wim Wenders con l’emozionante documentario 3D “Pina”.


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