Verrà presentata oggi al Consiglio di sicurezza dell’Onu una proposta di risoluzione sul genocidio di Srebrenica, la cui votazione è prevista per il prossimo 2 maggio. Come prevedibile non sono mancate accese polemiche sia in Serbia che in Republika Srpska
(Originariamente pubblicato dalla Deutsche Welle , il 16 aprile 2024)
La proposta di risoluzione prevede, tra l’altro, che l’11 luglio venga proclamato Giornata internazionale della memoria del genocidio di Srebrenica del 1995. Nella risoluzione si condanna la negazione del genocidio e l’esaltazione dei criminali di guerra e si invitano gli stati membri dell’Onu a preservare la verità accertata, anche attraverso il sistema scolastico, per prevenire il revisionismo ed evitare nuovi genocidi.
Nel testo della risoluzione si sottolinea poi quanto sia importante portare a termine il processo di ricerca e identificazione delle vittime del genocidio, al contempo continuando a perseguire penalmente i responsabili. Si invitano gli stati membri dell’Onu a rispettare gli impegni assunti nell’ambito della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948.
L’opinione delle vittime
La proposta di risoluzione sul genocidio di Srebrenica ha suscitato forti reazioni da parte dei politici serbi che temono che la risoluzione possa essere sfruttata per cancellare la Republika Srpska [una delle due entità costitutive della Bosnia Erzegovina]. Timori che, secondo Murat Tahirović, presidente dell’Associazione delle vittime e dei testimoni dei genocidi , sono del tutto infondati.
“L’approvazione della risoluzione sul genocidio di Srebrenica sarebbe semplicemente un atto di civiltà. Così ogni anno, l’11 luglio, oltre 190 paesi membri delle Nazioni Unite renderebbero omaggio alle vittime”, spiega Tahirović.
La risoluzione – come precisa Tahirović – è frutto di un lungo processo che ha coinvolto diversi attori, in primis le madri di Srebrenica e Munira Subašić, presidente dell’Associazione delle madri delle enclave di Srebrenica e Žepa, ma anche Denis Bećirović, presidente della Presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina, e Zlatko Lagumdžija, ambasciatore della BiH all’Onu.
“La risoluzione – anziché sfociare in uno di quegli scenari di cui parlano Aleksandar Vučić e Milorad Dodik cercando di spaventare non solo la popolazione serba, ma anche quella di altri paesi della regione – offrirà un’occasione per avviare processi di riconciliazione e catarsi”, sottolinea Tahirović.
Un’iniziativa tedesca
Stando a quanto riportato dai media bosniaco-erzegovesi, la risoluzione – alla cui stesura hanno partecipato diversi paesi dell’Onu – è stata elaborata su iniziativa della Germania e del Ruanda.
Il politologo tedesco Bodo Weber conferma che il progetto di risoluzione è frutto di una lunga attività di lobbying da parte delle associazioni di Srebrenica, precisando però che il documento non è parte integrante della politica tedesca nei confronti della Bosnia Erzegovina.
Si tratta – come sottolinea il politologo – del secondo tentativo di approvare una risoluzione sul genocidio di Srebrenica. La prima risoluzione, proposta nel 2015, non è stata adottata a causa della contrarietà degli alleati della Serbia nel Consiglio di sicurezza dell’Onu.
“Le motivazioni e il contenuto della risoluzione non hanno nulla a che vedere con le accuse isteriche e le teorie del complotto che arrivano da Banja Luka e Belgrado”, afferma Weber.
Stando alle sue parole, sia Milorad Dodik che Aleksandar Vučić danno segni di “nervosismo”, seppur per motivi diversi: Dodik è agitato per le modifiche della legge elettorale imposte dall’Alto rappresentante in BiH Christian Schmidt, a turbare Vučić invece sono i brogli elettorali del dicembre dello scorso anno.
“Vučić e Dodik mostrano forti segni di nervosismo politico – spiega Weber – e quest’ultimo sembra anche assai insicuro. Il presidente della Republika Srpska semplicemente non sa dove sbattere la testa. Questo clima potrebbe portare all’acuirsi delle tensioni in BiH”.
Nel frattempo Dodik ha annunciato che l’Assemblea popolare della Republika Srpska adotterà un rapporto della commissione del governo della RS sui fatti accaduti a Srebrenica nel 1995. Il presidente della RS ha anche invitato i cittadini a scendere in piazza a Banja Luka per protestare contro la risoluzione dell’Onu su Srebrenica.
Bodo Weber è scettico riguardo alla possibilità che la risoluzione porti ad un cambiamento della politica serba nei confronti del genocidio di Srebrenica e delle guerre degli anni Novanta.
“Tale svolta non potrà avvenire prima di risolvere definitivamente alcune questioni ancora aperte nei Balcani occidentali. Penso al riconoscimento reciproco di Pristina e Belgrado e ad una riforma dell’attuale ordinamento costituzionale della BiH, sancito dagli Accordi di Dayton, che ponga fine all’egemonia delle élite etnonazionali”, spiega il politologo, sottolineando che tale obiettivo presuppone anche la disponibilità dell’Unione Europea e degli Stati Uniti a cambiare il loro atteggiamento nei confronti del Balcani occidentali.
L’ascesa del “mondo serbo”
Per Sead Turčalo, decano della Facoltà di Scienze politiche di Sarajevo, l’attuale dibattito sulla risoluzione su Srebrenica si svolge in un clima caratterizzato dall’ascesa dell’ideologia del “mondo serbo”, dimostrando che la regione ex jugoslava è ancora intrappolata “nel vortice del revisionismo storico”.
In un suo commento pubblicato sul portale Tačno, intitolato “Il sentiero pericoloso del ‘mondo serbo’: negazione del genocidio, revisionismo storico e secessionisno”, il professor Turčalo scrive che la negazione del genocidio è parte integrante di “una più ampia strategia volta ad alterare il futuro della regione”.
“L’obiettivo è cancellare la responsabilità storica e capovolgere la narrazione sul passato”, sostiene Turčalo, specificando che i leader di Serbia e Republika Srpska osservano la costruzione del futuro dalla prospettiva del mondo serbo. Una visione che, in occasione del prossimo Sinodo pasquale, dovrebbe essere trasformata in una “versione sofisticata dell’ideologia della Grande Serbia”.
Sfruttare la risoluzione per scopi politici
La proposta tedesca di approvare una risoluzione su Srebrenica non ha colto di sorpresa Dušan Janjić, direttore del Forum per le relazioni interetniche, il quale colloca l’iniziativa in “un continuum della politica tedesca, soprattutto quella dei verdi e dei liberali”.
Per Janjić, la risoluzione è espressione di una sincera empatia per le vittime del genocidio di Srebrenica e mira a stabilizzare la regione.
Soffermandosi poi sulle critiche che la leadesrship serba rivolge alla Germania come uno dei paesi promotori della risoluzione, Janjić spiega che quelli che oggi governano la Serbia erano contrari alla politica tedesca anche durante la guerra in BiH. “Parliamo di persone che appartenevano, o erano vicine agli ambienti politici su cui grava la responsabilità per il genocidio di Srebrenica”.
La Serbia di oggi è lontana da quella politica e da quella catarsi che nella Germania del secondo dopoguerra aveva portato alle scuse di Willy Brandt. La leadership di Belgrado, come quella di Banja Luka, cerca di evitare di essere nuovamente messa in relazione al genocidio di Srebrenica ed è per questo – come sottolinea Janjić – che è contraria alla risoluzione.
“Opponendosi alla risoluzione su Srebrenica e all’adesione del Kosovo al Consiglio d’Europa, Vučić persegue un obiettivo politico e propagandistico ben preciso, quello di corteggiare la destra, anche perché non ha mai goduto di grande popolarità nel cosiddetto blocco civico”, spiega Janjić.
Il direttore del Forum per le relazioni interetniche sottolinea che durante la guerra in BiH l’attuale presidente della Serbia era membro del Partito radicale serbo (SRS) di Šešelj, mentre Ivica Dačić, che attualmente ricopre la carica di ministro degli Esteri, era uno stretto collaboratore di Milošević. “Sia Vučić che Dačić ora vogliono impedire l’adozione della risoluzione sul genocidio di Srebrenica per poter riscrivere l’intera storia di quel periodo, compresi i fatti di Srebrenica”.
La forza degli etnonazionalismi non va sottovalutata
La risoluzione su Srebrenica, secondo Janjić, non può portare ad una nuova crisi nei Balcani, anche se potrebbe diventare oggetto di varie interpretazioni di chi definisce la Republika Srpska “un’entità fondata sul genocidio”.
“Tale scenario andrebbe a vantaggio di Vučić e Dodik che cercano di dare un’immagine di sé come dei principali protettori del popolo serbo e della Republika Srpska”, spiega Janjić, soffermandosi anche sull’aspetto giuridico della questione.
La Corte internazionale di giustizia ha infatti stabilito che la Serbia, pur non essendo direttamente responsabile del genocidio di Srebrenica, è responsabile di non averlo impedito. Però gli etnonazionalisti – come sostiene Janjić – continuano a sfruttare il discorso sulla responsabilità collettiva dei serbi.
“Non bisogna sottovalutare il potere degli etnonazionalisti e la loro capacità di provocare conflitti armati, ad esempio con la scusa di voler ‘difendere’ Dodik e la Republika Srpska”, afferma Janjić, precisando che in tal caso verrebbero mobilitate le unità speciali della polizia, addestrate in Russia, oppure alcune formazioni paramilitari, come quelle che abbiamo visto a Banjska, in Kosovo.
La risoluzione su Srebrenica minaccia la Republika Srpska?
Aleksandar Vučić sostiene che dopo un’eventuale approvazione della risoluzione su Srebrenica arriverà anche la richiesta di abolire la Republika Srpska “partendo dall’idea che non posso esistere entità politiche fondate sul genocidio”.
Goran Marković, professore di diritto costituzionale all’Università di Istočno Sarajevo, spiega che la risoluzione su Srebrenica non può cancellare la Republika Srpska.
“È un’ipotesi irrealistica. L’Accordo di Dayton stabilisce che la Bosnia Erzegovina è composta da due entità, quindi l’ordinamento del paese non può essere modificato senza cambiare l’intero accordo di pace. Un’eventuale risoluzione [che minacci la Republika Srpska] non avrebbe alcuna valenza giuridica”, conclude Marković.
Una risoluzione basata sulle sentenze del Tribunale dell’Aja
La proposta di risoluzione sul genocidio di Srebrenica trova fondamento nelle sentenze del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia, ma anche in quelle della Corte della Bosnia Erzegovina. Le sentenze hanno stabilito che il genocidio contro i bosgnacchi a Srebrenica e nei villaggi circostanti fu commesso dai membri dell’Esercito e del ministero dell’Interno della Republika Srpska e da alcune unità paramilitari, tra cui la formazione serba “Škorpioni”.
Radovan Karadžić, ex presidente della RS, e Ratko Mladić, ex comandante dell’esercito della RS sono stati condannati in secondo grado per il genocidio di Srebrenica. Quanto alla responsabilità della Serbia, Jovica Stanišić e Franko Simatović, ex funzionari dei servizi segreti serbi, sono stati condannati per diversi crimini di guerra commessi in BiH, compresa la strage di Trnovo, dove nel 1995 furono giustiziati alcuni ragazzi e giovani uomini catturati a Srebrenica.
Nel luglio del 1995 a Srebrenica furono uccisi oltre ottomila bosgnacchi.
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