Nel 2017 nasceva a Zagabria lo “Zicer”, il Centro per l’innovazione, spazio del comune destinato a sviluppare e ad accompagnare imprese innovative. Lo Zicer ospita oggi un’ottantina di aziende e rappresenta il fiore all’occhiello della città. Ne abbiamo parlato con il suo direttore, Frane Šesnić
Lo Zicer è una realtà che non ci si aspetta di trovare a Zagabria. Come mai?
Esistiamo da cinque anni, ma tanti ancora si sorprendono quando vengono qui. Ci dicono: “non sapevo che questo posto esistesse!”. Tuttavia, siamo presenti nei media, i risultati ci sono e si vedono (anche all’estero!). Forse, chi occupa i posti chiave, chi decide, non vede ancora il grande potenziale di questo spazio. Eppure, il modello Zicer si può allargare a livello nazionale o anche regionale. Quando abbiamo iniziato, avevamo appena mille metri quadri a disposizione, ospitavamo 5-10 start-up, ora sono quasi un centinaio. In cinque anni, un centinaio di start-up sono passate attraverso lo Zicer. E la nostra “Start-up Factory ”, il nostro programma di accelerazione che crea le imprese a partire dalle idee dei loro fondatori, ha visto la nascita di 80 aziende da zero. Un bel risultato!
Cosa manca alla società croata perché si sviluppino altri spazi come questo?
La Croazia attraversa una fase di transizione, che pare essere diventata una costante. Viene da chiedersi da cosa e verso cosa transitiamo. Innanzitutto, l’eredità socialista ha avuto un impatto sull’imprenditorialità e sulla nostra apertura ai trend mondiali, poi le privatizzazioni degli anni Novanta hanno provocato tante conseguenze negative sulla società – ad esempio, hanno reso l’imprenditorialità qualcosa di spiacevole agli occhi della gente. Ci sono voluti dieci anni perché fare impresa diventasse qualcosa di normale, di positivo, perché cambiasse insomma quell’approccio. Qui, allo Zicer, creiamo una narrativa positiva, facciamo emergere delle storie positive e diamo a chi ha un’idea innovativa una possibilità di successo e soprattutto la capacità di diventare sostenibili. Ovviamente rendere le realtà croate concorrenziali nel mercato globale non è facile – questo è un piccolo paese – ma facciamo la nostra parte. Qui entrano team di un paio di persone ed escono aziende con dieci dipendenti o più. Proprio poco fa è uscita un’impresa con una trentina di persone.
Lei dirige lo Zicer da ormai nove anni. Qual è la storia più bella che ha visto crescere in questo incubatore?
Per me tutte le aziende che accompagniamo sono delle belle sorprese. Ogni impresa, quando riesce a rimanere in vita, pagandosi il proprio stipendio e magari creando qualche posto di lavoro, è una bella sorpresa, un successo, senza che si debba per forza arrivare ad un unicorno (impresa dal valore di un miliardo di dollari, nda.). Essere innovativi, questo è importante. Qui sono nati centinaia di progetti, dalla salute all’intelligenza artificiale, dall’elettronica all’Internet of Things, dai droni al software e alle scarpe sostenibili. I loro mercati vanno dal Giappone agli Stati Uniti, tutto il mondo è insomma il mercato di riferimento delle nostre start-up. E siccome in Croazia non ci sono fondi facili da ottenere, queste società crescono in un modo organico. Questa è la specificità croata, e per questo le aziende sono solide, perché non dipendono dai finanziamenti a fondo perduto.
Veniamo ai finanziamenti. Qui aiutate chi ha un’idea a fondare un’impresa o accompagnate chi ne ha già una. Su che finanziamenti possono contare le start-up croate?
Ci sono i capitali e i finanziamenti a fondo perduto, che spesso bisogna co-finanziare. Negli ultimi due o tre anni c’è più offerta di fondi che vogliono investire nelle start-up, ma le condizioni che offrono sono spesso dure, perché i fondi presenti in Croazia sono ancora pochi. Dall’altro lato, i fondi europei non sono invece adatti ai bisogni delle start-up croate, che spesso non rispettano i requisiti necessari per accedervi. Se hai solo un’idea e cerchi dei fondi per iniziare è impossibile ottenerli. La regola, di solito, è che quando un bando europeo apre, tu non hai i requisiti per partecipare, se invece li hai allora ti serve la liquidità per anticipare la spesa, oppure è richiesto un co-finanziamento del 20-30%. L’unica opzione che ti rimane è la crescita organica, ma il rischio è di rimanere senza liquidità e avere altri problemi, oppure c’è il crowdfunding, la raccolta fondi online, o ancora la ricerca finanziatori diretti.
E le banche? Capiscono il modus operandi delle start-up innovative?
La mia impressione è che le banche si presentino soprattutto per il marketing, ma nella prassi non sono pronte a correre rischi. Anche quando hanno delle garanzie, rimangono molto conservatrici, hanno paura dei rischi. Vedo che anche fuori dalla Croazia, le banche non fanno investimenti importanti. Ma i mezzi alternativi alle banche si stanno sviluppando, anche perché le tariffe e i costi bancari sono spesso molto alti.
Quali sono gli strumenti finanziari offerti dallo Zicer?
Innanzitutto, va detto che allo Zicer accettiamo gruppi in diverse fasi: c’è chi ha solo un’idea, chi ha già una società, chi una società e un prototipo… A seconda dei casi, noi aiutiamo a trovare nuovi mercati, a implementare nuove tecnologie… i bisogni sono diversi, a seconda delle fasi. Quello per cui siamo famosi (e dove siamo più forti) è nei confronti dei più piccoli, ovvero di chi non ha nulla se non un’idea e una visione. Per quanto riguarda gli strumenti finanziari, abbiamo messo in piedi un fondo piccolo da 1,5 milioni di kune (200mila euro) e prestiamo alle start-up che ne fanno richiesta il capitale necessario a passare alla fase successiva della loro attività. Sono piccole somme, diciamo attorno alle 200mila kune (27mila euro), ma importanti per le imprese. Gli interessi sono minimi e le condizioni di accesso sono flessibili. Siamo molto orgogliosi di questo strumento perché fino ad ora tutti i partecipanti sono riusciti a rimborsare il prestito. Vorremmo svilupparlo ulteriormente, ma da soli non possiamo farlo.
Quante persone lavorano allo Zicer e com’è finanziato?
Lo Zicer controlla anche Plavi ured (un punto informazioni e centro risorse per gli imprenditori, nda.) e complessivamente abbiamo 27 dipendenti. Il budget è di poco superiore a 10 milioni di kune l’anno, circa la metà (6 milioni) è garantita dalla città di Zagabria, mentre l’altra metà arriva da progetti e altre attività. Partecipiamo a progetti Interreg , Horizon , e altri bandi nazionali. Lo stesso spazio in cui si trova lo Zicer oggi, così come i suoi laboratori, sono stati arredati cinque anni fa grazie a dei fondi europei.
Collaborate con il governo croato o con altri hub sparsi nella regione?
È difficile proporre cose al governo. Manca la continuità tra un esecutivo e l’altro, ogni nuovo governo pensa di essere migliore del precedente. Per quanto riguarda le collaborazioni con altri hub, sì, collaboriamo con realtà simili in Slovenia, in Austria, ma anche in India, in America. Sono però collaborazioni bilaterali, poi ogni centro lavora per sé. Quello che manca sono le discussioni strategiche, ad esempio, su come affrontare assieme un mercato più grande o su come condividere le innovazioni tecnologiche. A livello europeo, c’è la strategia Digital green ma è un concetto vago, bisognerebbe piuttosto creare ecosistemi per la creazione… noi facciamo il massimo di quello che possiamo e con buoni risultati: tutto quello che succede in Croazia, in materia di innovazione, ha un qualche legame con lo Zicer, o perché i mentori hanno lavorato qui, o perché c’è stata una qualche collaborazione a un certo punto.
Quali sono i vostri prossimi obiettivi? So che si parlava di un ampliamento dello Zicer, ma il progetto è poi stato posticipato.
Sì, il comune ha deciso di rimandare l’ampliamento. C’era un problema di liquidità, con la pandemia, il terremoto… ma restiamo fiduciosi, anche la nuova amministrazione guarda positivamente a quello che facciamo qui. Per il resto, sopravvivere alla pandemia non è stato facile né per noi, né per le start-up. Quindi a breve termine il nostro obiettivo è di continuare a fare quello che facciamo, accompagnare e sostenere le imprese e collegarle con partner e investitori. Le aziende che nascono qui reggeranno l’economia di domani, ed è importante che ognuno trovi il suo posto sul mercato, in modo sostenibile. Le domande di ingresso non mancano. Questo è un posto dinamico e c’è sempre un bel turnover di aziende che arrivano e che partono.
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Work4Future" cofinanziato dall’Unione europea (UE). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina "Work4Future"
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