In Grecia vince la tornata elettorale Nuova Democrazia, che ha ora i numeri per un governo di coalizione con il Pasok. Ma è proprio vero che il futuro dell'Europa dipenda così tanto dalla Grecia? Un commento del nostro inviato
Alla fine, l'establishment UE ha avuto quello che voleva dagli elettori greci: un po' di tempo in più. I risultati delle politiche di ieri, “le più importanti della storia moderna della Grecia” portano un solo elemento di vera novità, rispetto a quelle abortite di un mese e mezzo fa. I conservatori di Nuova Democrazia, guidata da Antonis Samaras, hanno oggi i numeri per formare un fragile governo di coalizione con i socialisti del Pasok, (che però potrebbero scegliere la strada del sostegno esterno), e forse la Sinistra Democratica di Fotis Kouvelis. Un esecutivo che nasce con scarsissime possibilità di vedere la fine del mandato, e forse la fine dell'anno.
Il problema, ora, è vedere cosa vorrà o saprà fare l'Unione europea del tempo che i greci hanno deciso di concedere “turandosi il naso”, e mandando nei palazzi del potere le stesse facce, definite con una buona dose di ipocrisia “responsabili” da molte cancellerie europee, che hanno portato il paese allo sfascio economico e sociale. Prepararsi comunque a staccare la spina alla Grecia, come in molti sostengono, tentando di minimizzare i costi della dolorosa amputazione? Continuare a navigare a vista? Oppure fare il grande salto e tentare di dotarsi di quegli strumenti di unità politica dell'Unione che fino ad oggi le sono così drammaticamente mancati?
Ieri l'UE e i media europei hanno dimostrato ancora uno strabismo poco rassicurante. Molti i miti emersi dalla narrazione delle elezioni elleniche. Come quello del “destino dell'UE nelle mani degli elettori greci”. Una proposizione falsa: non sarà la periferia a decidere il destino di Unione e moneta unica, ma il centro, in un senso o nell'altro. E se poi davvero l'architettura dell'intero progetto europeo è così sgangherata da venir messa ogni volta in discussione da qualche migliaia di voti, non mi sembra che si possa “tirare un sospiro di sollievo”, come titolato da alcuni quotidiani italiani. Il voto in Grecia è sicuramente un momento importante. Non bisogna però perdere di vista il contesto più ampio.
O quello dei due schieramenti “pro e contro l'euro e l'Europa”. Si può considerare Syriza un movimento immaturo e opportunista, e il suo fermo rifiuto del memorandum con la “troika” come un pericoloso azzardo: definirla però “sinistra anti-euro” è semplicemente una grossolana semplificazione, che non aiuta a capire meglio l'intricata situazione. I greci (elettori di Syriza compresi) non vogliono la dracma, vogliono l'euro. E desiderano restare in Europa. Ma vogliono un'Europa diversa, senza ideologie economiche moralizzatrici e punitive e con un dibattito vero su come salvare la barca prima che affondi.
La Grecia, intanto, dopo il voto, continua a navigare in acque agitate. Ieri sera, al centro stampa di Zappeio, a due passi dal parlamento, Samaras, forte del 30% dei voti (erano il 19% un mese e mezzo fa) ha parlato di “grande vittoria per la Grecia e l'Europa”, davanti ad un numero impressionante di giornalisti arrivati dai cinque continenti. Samaras ha promesso crescita, sviluppo e una revisione dei termini del pacchetto di salvataggio che, come ormai riconoscono anche i più rigidi sostenitori dell'austerità, è insostenibile e sta affondando la società e l'economia greche.
Un programma però difficile da realizzare: Nuova Democrazia si è alienata le simpatie di gran parte dei greci, anche di molti di quelli che, turbati dall'incubo di bancomat in tilt e caos generalizzato, ieri hanno votato per i conservatori. Una scelta obbligata, fatta senza alcun entusiasmo. Nuova Democrazia dovrà inoltre cooperare con un alleato riluttante e ideologicamente distante, mentre Syriza ha i numeri in parlamento e la forza politica per fare opposizione dura. Lo scontro sociale tornerà a radicalizzarsi, tornando probabilmente anche sulle strade.
Proprio per questo lo sconfitto di ieri, il leader di Syriza Alexis Tsipras è, sotto molti punti di vista, il principale vincitore di queste consultazioni. Ha aumentato ancora una volta sensibilmente i voti della coalizione portandola a toccare il 27%, una cifra da capogiro per un movimento che, fino a poco tempo fa, navigava ai margini della politica greca. Tsipras ha prevedibilmente rigettato la proposta di Nuova Democrazia e Pasok di entrare in un governo di salvezza nazionale: politicamente non avrebbe alcun vantaggio ad associare Syriza ad un nuovo governo dei partiti tradizionali. E con una situazione così instabile, nuove elezioni potrebbero essere molto vicine.
Il leader di Syriza è convinto
che il tempo giochi a suo favore.
E' giovane, e può aspettare ancora. Il suo sorriso
a urne chiuse era un sorriso vero
La vera sfida per Tsipras è attrezzare la variegata coalizione che guida, nata con la vocazione all'opposizione e fino a ieri dai numeri piccoli, in una macchina davvero pronta a guidare il paese. Dargli sostanza, e un programma più solido di quello improvvisato stavolta, con l'esplosione dei consensi che ha preso in contropiede tutti, Tsipras compreso. Il leader di Syriza è convinto che il tempo giochi a suo favore. E' giovane, e può aspettare ancora. Il suo sorriso a urne chiuse era un sorriso vero.
Nel frattempo, nonostante il moltiplicarsi delle azioni violente nei confronti degli immigrati e il triste spettacolo del portavoce del partito che prende a schiaffi le proprie opponenti in diretta tv, i neo-nazisti di Alba Dorata confermano il risultato del 6 maggio, sfiorando il 7%. Un risultato che fa tramontare in fretta l'effimera speranza che il supporto al partito di Nikolaos Michaloliakos fosse un fuoco di paglia, un grido di protesta stridente ma isolato per punire e spaventare un establishment ormai tragicamente delegittimato.
Il segreto della crescita di Alba Dorata si nasconde nel grande tema dell'immigrazione, poco coperto dai media internazionali, tutti concentrati sulle note del referendum “euro – dracma”, ma sentitissimo dai greci e cavalcato spregiudicatamente un po' da tutti i partiti. Il dramma greco acquista quindi stabilmente un nuovo imprevedibile elemento di rischio. Un rischio venato di nero.
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