Attraverso il Mediterraneo - © davide bonaldo/Shutterstock

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Spinte dalle difficoltà economiche, le opinioni pubbliche europee hanno assunto in questi anni posizioni sempre più scettiche su migranti e richiedenti asilo, un fenomeno estremamente visibile in paesi "in prima linea", come Grecia e Cipro

10/07/2024 -  Mary Drosopoulos Salonicco

Ci sono voluti anni di dibattiti e disaccordi affinché l’Unione europea adottasse il nuovo Patto sulla migrazione e l'asilo lo scorso 14 maggio, solo tre settimane prima delle elezioni per il Parlamento europeo, svoltesi dal 6 al 9 giugno.

Non ci poteva essere momento più critico per adottare il Patto. Per molti analisti, approvando questa riforma epocale poco prima delle elezioni, l’UE ha cercato di rispondere alle preoccupazioni degli elettori riguardo alla politica migratoria europea, ma anche di arginare l’ondata di sentimenti anti-immigrazione che ormai sta prendendo il sopravvento in Europa.

Il Patto introduce una serie di regole per gestire la migrazione nell’ambito di un sistema europeo comune. In parole povere, sono previste procedure più rigorose di controllo e screening alle frontiere e criteri più stringenti per il riconoscimento della protezione internazionale.

Uno degli elementi chiave della riforma è l’introduzione di un meccanismo di “solidarietà” per sostenere gli stati membri che si trovano ad affrontare un afflusso travolgente di richiedenti asilo. In pratica, questo significa che i paesi sotto pressione possono chiedere aiuto all’UE e agli altri stati membri sotto forma di “ricollocazioni e trasferimenti di migranti, contributi finanziari o invio del personale di supporto”.

Negli ultimi anni, i partiti che promuovono un’agenda anti-immigrazione hanno guadagnato popolarità in tutta Europa. Diversi fattori hanno contribuito al risentimento dei cittadini europei nei confronti di migranti e richiedenti asilo, e la crisi economica ha funto da catalizzatore.

Stando ai risultati di un sondaggio di Eurobarometro, nel 2023 la prima preoccupazione per il 93% dei cittadini europei è stato l’aumento del costo della vita. Vale la pena sottolineare che le percentuali più alte sono state registrate in Grecia (100%) e Cipro (99%), seguiti da Italia e Portogallo (98%).

Le analisi dimostrano che il fallimento dell’UE nell’affrontare la crisi abitativa ha favorito l’ascesa dei movimenti di destra che sfruttano le disuguaglianze sociali per dare la colpa agli stranieri. Alle prese con un’inflazione che ha raggiunto il livello più alto degli ultimi decenni, gli europei che faticano a sbarcare il lunario guardano con sospetto ai fondi dell’UE destinati ai richiedenti asilo.

Inoltre, dopo l’attentato di Mosca dello scorso 22 marzo, la rinnovata paura del terrorismo estremista ha inciso negativamente sul modo in cui gli europei percepiscono i migranti.

Grecia e Cipro, dalla solidarietà alla fatica

Negli ultimi anni, sia in Grecia che a Cipro, la solidarietà con i rifugiati e i migranti si è pian piano trasformata in stanchezza, scetticismo e xenofobia.

In un contesto caratterizzato dai prezzi talmente alti da rendere insostenibile il costo della vita, i due paesi hanno accolto un gran numero di richiedenti asilo e sfollati dalle aree colpite dai conflitti.

Kyriakos Mitsotakis, primo ministro greco, e Nikos Christodoulidis, presidente cipriota, sono stati molto attivi nel Partito popolare europeo (PPE) e la loro leadership è stata spesso elogiata da Ursula von der Leyen.

La presidente della Commissione europea ha fornito un sostegno fondamentale ai due paesi nell’affrontare le sfide legate al fenomeno migratorio, facendo da contrappeso all’estrema destra.

Ora che è stata nominata per un secondo mandato, da Ursula von der Leyen ci si aspetta che svolga un ruolo cruciale nell’affiancare i due paesi nell’elaborazione di una strategia migratoria più efficace.

Cipro: mancanza di risorse, misure “impopolari” e accordo con il Libano

Ad aprile, il presidente cipriota Nikos Christodoulidis ha dichiarato che il paese sta vivendo “una grave crisi” a causa del crescente afflusso di migranti sull’isola, chiedendo all’UE di intervenire.

Sin dall’inizio della primavera, le condizioni meteorologiche favorevoli hanno facilitato l’arrivo di richiedenti asilo siriani attraverso il Libano. Quando le autorità libanesi hanno focalizzato l’attenzione sull’escalation militare al confine con Israele, i trafficanti di esseri umani hanno sfruttato la situazione per esplorare una nuova rotta marittima, intraprendendo viaggi di dieci ore per raggiungere Cipro – il paese dell’UE più vicino al Libano – con imbarcazioni utilizzate per trasportare principalmente uomini siriani.

Questa dinamica non ha fatto che aggravare le già difficili condizioni sull’isola, che da mesi non riusciva a garantire un’accoglienza adeguata dei richiedenti asilo a causa della mancanza di risorse e strutture.

In un momento delicato, alla vigilia delle elezioni europee, il riemergere di tensioni socio-politiche ha alimentato la narrativa anti-migranti dell’estrema destra.

Sulla scorta della pressione dell’opinione pubblica, Christodoulidis ha annunciato misure in materia migratoria che – come ha affermato – potrebbero rivelarsi “impopolari sia in patria che all’estero”.

Lo scorso 7 aprile, nel corso di un incontro con Ursula von der Leyen a margine del congresso del partito Nuova Democrazia (ND), Christodoulidis ha chiesto, tra l’altro, che la Siria venga inserita nella lista dei paesi sicuri e di fornire un ulteriore sostegno finanziario alle autorità libanesi per tenere i due milioni di rifugiati siriani nel paese.

Von der Leyen e Christodoulidis, invitati dal premier greco in occasione del 50° anniversario della fondazione del principale partito di governo in Grecia, hanno concordato innanzitutto su un piano, sostenuto dall’UE, per aiutare Cipro a contenere i flussi migratori, discutendo anche del contenuto dei messaggi da inviare alla leadership libanese.

Quest’ultima si è rivelata una questione di grande importanza diplomatica. Qualche giorno dopo, il presidente cipriota si è infatti recato in visita ufficiale a Beirut con la sicurezza di un leader che esprime non solo la posizione del proprio paese, ma anche quella dell’UE.

Stando ai dati pubblicati dall’UNHCR, relativi al mese di maggio 2024, la maggior parte dei rifugiati arrivati a Cipro proviene da tre paesi: Siria, Iran e Afghanistan. In un comunicato diffuso lo scorso 12 giugno, l’UNHCR ha espresso preoccupazione per le conseguenze di “una serie di azioni che stanno effettivamente restringendo lo spazio di protezione a Cipro”.

Il riferimento è al summenzionato piano adottato dal governo cipriota, nello specifico alla decisione di smettere di esaminare le domande di asilo dei richiedenti siriani a partire da metà aprile e alla ripresa della campagna di arresti dei richiedenti che hanno espresso il desiderio di presentare la domanda dopo quella data, per poi sottoporli a procedure di rimpatrio.

Grecia: ritardi, lacune e riforme post-voto

Commentando lo sconcertante tasso di astensionismo registrato alle elezioni europee in Grecia, il premier Mitsotakis ha affermato di aver “colto il messaggio”, promettendo di intraprendere tutte le azioni necessarie per riconquistare la fiducia dei cittadini. L’astensionismo (arrivato al 60%) è un chiaro indicatore del malcontento della società greca rispetto all’attuale panorama politico. La questione migratoria è stata senza dubbio una delle patate bollenti tra le mani del governo greco.

Stando agli ultimi dati diffusi dal ministero delle Migrazioni greco, nell’aprile di quest’anno gli afghani rappresentavano la prima nazionalità tra i richiedenti asilo in Grecia, seguiti da siriani ed egiziani. Nel frattempo, la situazione umanitaria è rimasta critica. Diverse ong che aiutano i rifugiati hanno accusato il governo di Atene di sabotare le loro attività indugiando nel mobilitare risorse europee.

Nello specifico, da metà maggio, centinaia di richiedenti asilo in Grecia si trovano a dover fare i conti con gravi lacune nelle procedure di accoglienza e di esame delle richieste di protezione a causa della sospensione dei servizi erogati dall’organizzazione Metadrasi , una delle principali ong che forniscono servizi di interpretariato ai rifugiati.

Metadrasi ha emesso un comunicato, accusando pubblicamente il ministero delle Migrazioni di non voler erogare risorse europee destinate alle organizzazioni che lavorano con i rifugiati. Gravi ritardi, a quanto pare, sono conseguenza delle procedure burocratiche, ma anche di una cattiva comunicazione tra il ministero e le organizzazioni che operano sul campo.

Gli interpreti che lavorano per Metadrasi sono, per la maggior parte, rifugiati e richiedenti asilo che hanno ricevuto una formazione specifica per poter fornire servizi di mediazione culturale nella propria lingua madre. Il fatto che l’organizzazione non sia in grado di pagare i loro stipendi a causa dei ritardi del ministero significa che gli operatori umanitari vivono in un limbo avendo perso la loro principale – e spesso l’unica – fonte di reddito, mentre i beneficiari sono “perduti nella traduzione”.

Con la scusa di voler mantenere la promessa di ascoltare il popolo greco, il premier Mitsotakis ha fatto un rimpasto di governo subito dopo le elezioni europee, mandando a casa quattro ministri, tra cui anche Dimitris Kairidis, responsabile del dicastero delle Migrazioni.

Va ricordato che Kairidis aveva annunciato che il 2024 sarebbe stato “l’anno della migrazione legale”: nel dicembre 2023 l’ormai ex ministro aveva introdotto un emendamento che prevede la possibilità per i migranti (compresi quelli che sono entrati nel paese in modo irregolare) di ottenere un permesso di soggiorno, a condizione che abbiamo risieduto e lavorato in Grecia da almeno tre anni e che non abbiano commesso reati.

Lo scopo annunciato di questa modifica epocale, approvata con 262 voti a favore, da un lato è quello di rispondere alle esigenze del datori di lavoro greci alle prese con la carenza di manodopera, e dall’altro di facilitare l’accesso dei migranti al mercato del lavoro.

Il nuovo ministro delle Migrazioni è Nikos Panagiotopoulos, politico con un background formativo a in giurisprudenza e relazioni internazionali.


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