Montenegro, fine del governo Abazović
22 agosto 2022
È stato il governo più breve della storia politica del Montenegro. L’esecutivo guidato da Dritan Abazović del partito URA è durato 115 giorni in tutto. Abazović è stato il primo premier del Montenegro membro di una minoranza nazionale.
Si era insediato nell’aprile di quest’anno grazie al sostegno del Partito democratico dei socialisti (DPS) del presidente Milo Đukanović, dopo la caduta del governo di Zdravko Krivokapić uscito vincitore delle elezioni del 2020, le stesse che posero fine al governo trentennale di Đukanović. Abazović era stato vicepremier nel governo Krivokapić e allo stesso tempo fu uno dei suoi maggiori detrattori tanto da votargli la sfiducia, insieme al DPS, lo scorso febbraio.
Venerdì 19 agosto è arrivato però il turno anche di Dritan Abazović, il suo governo non ha superato la mozione di sfiducia mossa proprio dal DPS e sostenuta da parte degli altri partiti della maggioranza. 50 voti a favore della sfiducia e 1 contrario sul totale di 81 deputati del parlamento montenegrino.
Oltre al DPS di Đukanović hanno votato contro il governo i Democratici di Aleksa Bečić, il partito socialdemocratico, il Partito bosgnacco, l’Unione democratica degli albanesi e Prava Crna Gora. L’unico voto a favore dell’esecutivo è stato quello della presidente del parlamento Danijela Đurović, del Partito socialista popolare. Gli altri partiti del cosiddetto fronte filo serbo, Fronte democratico, Partito socialista popolare, Demos, e URA di Abazović non hanno partecipato al voto.
Il governo Abazović proseguirà a svolgere le funzioni tecniche fino all’insediamento di un nuovo esecutivo. Nei prossimi giorni dovrebbero iniziare i colloqui per trovare una nuova maggioranza, in caso di fallimento il paese tornerà alle urne.
Il motivo ufficiale per la sfiducia al governo Abazović è l’accordo siglato ad inizio agosto con la Chiesa ortodossa serba. Un accordo di cui si è molto discusso sui media montenegrini per buona parte dell’estate. Si tratta del cosiddetto “accordo fondamentale” che regola i rapporti della Chiesa ortodossa serba e ne riconosce la presenza e continuità in Montenegro dal 1219. Un accordo appoggiato dai partiti filoserbi nel parlamento montenegrino e osteggiato dagli altri che lo vedono come un’ingerenza di Belgrado e della Chiesa ortodossa serba nel paese, oltre che un ostacolo al progresso europeista del Montenegro. Accuse che Abazović ha rigettato interamente durante l'acceso dibattito che ha portato alla sua sfiducia. Il premier uscente non ha risparmiato bordate al DPS e allo stesso presidente Đukanović, accusandoli di avere relazioni con la criminalità organizzata.
Va ricordato che un ruolo importante nella caduta di Đukanović alle elezioni dell’agosto di due anni fa lo giocarono proprio le proteste guidate dalla Chiesa serba ortodossa.