Il modo in cui viene rappresentato un popolo nell’istruzione formale rivela molto sulla sua condizione. Anche quando è presente nei libri scolastici nel sud est Europa, la storia dei rom viene spesso ignorata o raccontata in modo da perpetuare stereotipi e convinzioni errate
I cosiddetti “popoli senza terra”, arrivati in Europa dall’India settentrionale nel XIV secolo, oggi sono ufficialmente chiamati Rom e Viaggianti, due termini, adottati dal Consiglio d'Europa , che abbracciano una moltitudine di gruppi etnici, così suddivisi: Rom, Sinti/Manush, Calé, Kalé, Romanichel, Boyash/Rudari; Egiziani dei Balcani (Egiziani e Ashkali) e gruppi orientali (Dom, Lom e Abdal); Viaggianti, jenish, popolazioni indicate come “nomadi” e persone che si autodefiniscono “zingari”.
Quella del popolo rom in Europa è una storia di sofferenza. Per secoli, i rom furono ridotti a schiavi da famiglie nobili e stati, fino a quando, nel XIX secolo, la schiavitù non venne finalmente abolita. La libertà però non ha mai comportato l’uguaglianza. L’assimilazione forzata, le espulsioni violente e gli orrori dell’Olocausto – in cui hanno perso la vita tra 220mila e 1,5 milioni di rom – hanno lasciato cicatrici profonde. I rom hanno continuato a subire discriminazioni sistematiche anche dopo la Seconda guerra mondiale, persistendo però nel coltivare il loro patrimonio culturale attraverso la musica, la danza e la narrazione. Oggi la comunità rom continua la sua battaglia per il riconoscimento e l’uguaglianza.
Cosa dicono i libri di storia in Romania del popolo rom?
Durante il regime comunista di Nicolae Ceauşescu nei libri di testo non c’era quasi alcun riferimento ai rom. Nel tentativo di promuovere un’identità nazionale compatta, incentrata sul popolo romeno, le esperienze e il contributo dei rom, come anche di altre minoranze nazionali, vennero tralasciati dai libri di storia. Un’esclusione ideata con l’intento di sminuire la diversità etnica e promuovere una versione monolitica dell’identità romena. Lo scopo delle politiche assimilazioniste era quello di spingere le comunità rom ad abbandonare le proprie pratiche culturali, rendendo i rom ancora più invisibili nel discorso ufficiale e perpetuando vecchi stereotipi e discriminazioni che ancora persistono.
Dopo la caduta del comunismo, il sistema educativo romeno fu condizionato dal lento passaggio verso la democrazia, caratterizzato da continue riforme e frequenti cambiamenti. Negli anni di transizione, la tendenza dell’individuo a volgersi al proprio gruppo etnico portò all’avvio di un processo di categorizzazione sociale su base etnica, determinando ulteriori discriminazioni.
Oggi il ministero dell’Istruzione romeno prevede la possibilità di scegliere tra i vari libri di testo per ogni materia. L’offerta è molto variegata in termini di qualità e approccio: se alcuni libri scolastici restano incentrati su narrazioni tradizionali, altri danno spazio anche a prospettive più moderne e inclusive. Gli insegnanti, in linea di principio, possono scegliere i libri che ritengono più adatti ai propri studenti. La libertà di scelta è molto gradita, però questa flessibilità porta ad alcune incongruenze.
Ne è prova un libro di storia per le scuole superiori (edizione Gimnasium), pubblicato nel 2007. Pur essendo stato uno dei primi libri scolastici a menzionare la schiavitù dei rom, il testo affronta l’argomento ricorrendo a stereotipi e collegando la posizione dei rom alla loro “arretratezza”.
“Sin dal loro arrivo in queste terre – si afferma nel libro – i rom erano considerati un popolo inferiore a causa del loro stile di vita arretrato e del loro aspetto fisico. Quindi, sin dall’inizio, furono emarginati e isolati”. Questa narrazione implicitamente incolpa la comunità rom per il trattamento subito nel corso della storia.
Ci è voluto tempo per sviluppare prospettive più attinenti alla realtà nell’insegnamento della storia. Solo nel 2020 sono stati pubblicati alcuni libri di testo più completi, molti dei quali però ancora relegati ad una prospettiva distorta, mantenendo toni nazionalisti e sminuendo l’esperienza della schiavitù e dello sterminio dei rom. Questa rivisitazione selettiva della storia evidenzia quanto sia ancora attuale la sfida di promuovere narrazioni equilibrate nell’insegnamento della storia.
Oggi gli studenti delle superiori in Romania apprendono da un libro di testo (editore ART) che i Rom "ridotti in schiavitù” hanno vissuto in povertà, praticando i loro mestieri e mantenendo il loro stile di vita tradizionale. Questa rappresentazione, estrapolata dal contesto, riflette i pregiudizi e rischia di condurre a facili generalizzazioni. In uno degli esercizi contenuti nel libro si chiede agli studenti di organizzare "un dibattito sull'impatto dei pregiudizi su una comunità" rom. Pur affrontando la questione dei pregiudizi, l’esercizio risulta riduttivo, ignorando l'impatto della schiavitù ed evitando di proporre riflessioni critiche che favoriscano una vera comprensione storica.
In un altro libro di testo (edito da CD Press) si parla dei Rom nel medioevo come di persone "sottoposte ad ogni forma di ingiustizia e abusi da parte dei loro padroni", sostenendo però che i rom "vivevano tra i romeni, integrati nella società medievale".
Quanto all'Olocausto dei Rom, leggiamo (nella versione del libro di testo di Niculescu) che "molti sono stati deportati, alcuni sono morti a causa del regime di detenzione". I libri di testo non forniscono maggiori dettagli che possano facilitare una migliore comprensione del contesto storico.
Affrontare la storia dei Rom non significa solo parlare di schiavitù, deportazione e genocidio, ma anche dare visibilità a quelli che hanno superato questi traumi. Come suggerisce Luiza Medeleanu, esperta di educazione interculturale, gli studenti romeni dovrebbero imparare di più su persone come Anna Frank, ma anche Constantin Anica, un giovane sopravvissuto all'Olocausto dei Rom, per poter promuovere empatia e dialogo.
Tuttavia, come sottolinea l'insegnante Ioan Cristian Caravană, la storia insegnata nelle scuole romene è ancora "una storia ufficiale, da imparare a memoria. Le lezioni, anziché incoraggiare il pensiero critico, presentano una narrazione prestabilita che limita una comprensione più profonda". Discutere di fenomeni storici, come il razzismo, permetterebbe di comprendere la loro persistenza, contribuendo a rompere il circolo vizioso dell’esclusione sociale. La scuola è il luogo migliore per raccontare storie significative e avviare dibattiti, anche per incoraggiare gli adolescenti rom ad esplorare le proprie radici e la propria storia per aumentare l'autostima.
Per Vintilă Mihăilescu, noto antropologo romeno, l'insegnamento della storia ha un forte impatto sul senso di appartenenza degli studenti. Quando i libri di testo si concentrano solo sugli eroi romeni, ignorando la storia del popolo Rom, rischiano di trasmettere agli studenti rom un messaggio negativo, facendoli sentire esclusi. Mihăilescu credeva nella promozione del pensiero critico, invitando gli studenti a porre domande difficili e ad affrontare tutti gli aspetti della loro storia nazionale, comprese le questioni scomode che sfidano le narrazioni tradizionali.
Nello specifico, concentrandosi sulla storia del popolo rom, bisognerebbe:
- riconoscere i secoli di schiavitù sopportati dai Rom nei territori romeni, un fatto storico spesso sminuito o completamente ignorato nei libri di testo
- parlare dell'Olocausto, durante il quale circa 25mila rom furono deportati, molti dei quali morirono sotto il regime di Antonescu
- mettere in luce la discriminazione persistente e l'esclusione sistematica che i Rom hanno subito nel periodo post-comunista
Quindi, pur avendo compiuto notevoli progressi dopo la caduta del comunismo, affrontando, seppur non estensivamente, la questione rom nei libri di testo per le scuole superiori, l’insegnamento della storia del popolo rom resta facoltativo, lasciando agli insegnanti la scelta di approfondire o meno l’argomento.
Il caso della Grecia
I primi riferimenti alle popolazioni rom nella regione del Peloponneso risalgono al XIV secolo. Nonostante le versioni divergenti che persistono nel mondo accademico sulle rotte e le circostanze della migrazione dei Rom, si ipotizza che il loro arrivo sia conseguenza delle ondate migratorie verso l'Europa centrale, i Balcani e la Grecia – principalmente nelle regioni della Tracia e della Macedonia – condizionate dalla graduale espansione del dominio ottomano ai territori dell'Impero bizantino a cavallo tra il XIV e il XV secolo, un’espansione culminata con la caduta di Costantinopoli nel 1453.
Nonostante la lunga presenza in Grecia, i Rom hanno acquisito i diritti politici solo negli anni '70. Invece la prima mappatura delle comunità rom è stata realizzata nel 1996 (Vassiliadou & Pavli Korre 2011; Μarkou 2013:132). Stando ai dati del 2021, diffusi dal Segretariato generale per la solidarietà sociale e la lotta alla povertà, in Grecia ci sono 117.495 residenti di etnia rom (1,13% della popolazione totale). La maggioranza dei rom greci è di fede ortodossa.
Stando alle stime dell’ufficio UNICEF in Grecia, i Rom restano una minoranza vulnerabile, incontrando difficoltà nell’accesso alla casa, alla salute, all'istruzione e all'occupazione. Negli ultimi decenni, il ministero dell'Istruzione ellenico ha lanciato diverse iniziative per combattere l’analfabetismo e la delinquenza all'interno della comunità rom.
Dagli anni '90, molte università in Grecia hanno avviato programmi pilota con un obiettivo ambizioso: portare i bambini rom dalla strada e dal lavoro minorile alle scuole e all'istruzione (Skourtou 2003: 98). Nello specifico, dal 2015 lo stato promuove diversi corsi extracurricolari rivolti ai bambini rom, simili a quelli ideati nel 2016-2017 per soddisfare le esigenze dei bambini rifugiati nelle scuole greche (Drosopulos 2018).
In un’analisi pubblicata nel 2022, Eleni Mousena, Georgia Aggelidou e Anastasia Vasilopoulou osservano che "gran parte della comunità educativa ritiene che le cause dell'abbandono scolastico dei bambini rom siano legate all’atteggiamento negativo delle loro famiglie nei confronti della scuola e dell'istruzione, mentre i genitori dei bambini rom non sono contenti degli insegnanti e del sistema educativo".
I motivi per cui i bambini rom si sentono esclusi dal sistema scolastico nazionale sono principalmente legati all'assenza di qualsiasi riferimento al popolo rom nei libri di testo, ma anche all’atteggiamento generale dei greci che percepiscono i Rom come "altri", persone problematiche che vivono ai margini della società.
Alterità, esotismo e pseudo-interculturalità
Luna d'agosto di Voula Mastori è uno dei classici della letteratura per bambini greca del dopoguerra. Un titolo tradizionalmente presente nelle "liste di letture" distribuite agli studenti prima delle vacanze di Natale e Pasqua. Pubblicato da Patakis, una delle più importanti case editrici in Grecia, il libro racconta la storia di una ragazza maschiaccio che frequenta l'ultima classe della scuola elementare nella periferia greca.
Con il suo comportamento anticoformista, la protagonista suscita perplessità nella società conservatrice: ad esempio, diventa amica di un giovane lattoniere, un rom che i bambini del quartiere temono e da cui scappano. La presenza di questo personaggio maschile che, contrariamente alla convinzione prevalente, non è né un ladro né un rapitore di bambini, è uno dei riferimenti "meno negativi" agli "zingari" nella letteratura greca per bambini, una letteratura che ha preservato, se non addirittura rafforzato rappresentazioni stereotipate e discriminatorie del popolo rom (Gotovos 2004: 7).
Quanto ai libri di storia e di narrativa utilizzati nelle scuole, i riferimenti alla cultura rom sono completamente assenti. Il popolo rom e la sua lingua sono brevemente menzionati solo nei libri di teatro per le ultime classi della scuola primaria. Si tratta però di riferimenti incompleti e assai convenzionali.
Aggelos Hatzinikolaou è un insegnante in pensione. Avendo trascorso gran parte della sua carriera insegnando a Dendropotamos, il ghetto più famoso di Salonicco, abitato quasi esclusivamente da Rom, ha sviluppato una profonda comprensione della cultura rom nel contesto greco. Interpellato da OBCT, commenta la natura etnocentrica del sistema scolastico greco, dove qualsiasi riferimento a culture che si discostano dalla norma dominante è superficiale e solitamente limitato a elementi folcloristici.
“In nome della presunta promozione del multiculturalismo, come ci si aspetta nelle nostre società globalizzate, ci sono stati tentativi superficiali di ‘includere’ popolazioni considerate ‘altre’, come i Rom, i migranti e i rifugiati. Tuttavia, un dialogo interculturale non può essere sviluppato ricorrendo a stereotipi sul cibo, sulla danza e sulle canzoni, come invece di solito accade. Deve esserci un dialogo molto più profondo, che però manca nel nostro sistema educativo”.
La professoressa Sofia Gavriilidis ha condotto un importante lavoro accademico in ambito pedagogico, evidenziando diversi esempi di libri "pseudo-interculturali" rivolti ai bambini, sia nell'istruzione formale che nella letteratura. Lo "pseudo-interculturalismo" si riferisce ai tentativi di riconoscere altre culture, cadendo però nell’esotismo che sottolinea le differenze anziché evidenziare le caratteristiche condivise, oppure implicando la superiorità della cultura dominante descrivendo "gli altri" come "vittime", allo stesso modo in cui i rifugiati e i migranti vengono associati esclusivamente alla guerra, ai traumi, alla povertà o ad altri fenomeni negativi.
Georgia Kalpazidou è un'attivista, scrittrice e co-fondatrice della ong REVMA (Roma Educational Vocational Maintainable Assistance), con sede ad Ampelokipoi- Menemeni, nella Grecia settentrionale. Dottoranda in linguistica e membro della comunità rom, Georgia aiuta le ragazze ad accedere all'istruzione. Inoltre, per colmare una lacuna nella narrativa greca per bambini, la giovane scrittrice ha pubblicato un libro illustrato per bambini che parla dell'abbandono scolastico tra i giovani rom. Interpellata sulla presenza della cultura rom nei libri di testo, Georgia ha fornito una risposta indicativa della tendenza di cui sopra.
“Questo è un argomento interessante, l’ho approfondito, giungendo alla conclusione che non ci sono riferimenti, a parte alcune immagini stereotipate (seppur non necessariamente negative) in cui gli studenti possono imbattersi leggono i libri di narrativa. Quindi, sono gli insegnanti a decidere se approfondire l'argomento o meno, nei libri scolastici formali non ci sono indicazioni al riguardo”.
In conclusione, volendo fare un confronto tra i due paesi del sud est Europa, Romania e Grecia, sembra che oggi più che mai rappresentare la storia nei libri scolastici sia una sfida complessa. Non si tratta solo di date ed eventi, ma di includere voci, affrontare verità scomode e infrangere prospettive retrograde.
Nonostante la storia del popolo rom sia segnata da difficoltà e resilienza, dalla schiavitù alla sopravvivenza all'Olocausto, questa realtà viene spesso sminuita o trascurata nei libri di testo. Qui emerge spontanea una domanda difficile ma necessaria: come insegnare la storia includendo le esperienze di tutti i popoli?
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito della Collaborative and Investigative Journalism Initiative (CIJI ), un progetto cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina progetto
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!