Armi serbe sono state utilizzate nei recenti scontri tra Azerbaijan e Armenia in Nagorno Karabakh. Baku intima a Belgrado di smettere di vendere armi all'Armenia e, nella vicenda, emerge il nome di un trafficante d'armi sotto sanzioni Usa
(Originariamente pubblicato da Balkan Insight , il 2 ottobre 2020)
Lo scorso 28 settembre il portale Azeri Defense che si occupa di temi di difesa e sicurezza ha pubblicato alcune fotografie che mostrano i resti di un missile a lungo raggio che le forze armene avrebbero sparato con un lanciarazzi BM-21 verso la città azera di Horadiz, situata nei pressi del confine con l’autoproclamata repubblica del Nagorno Karabakh.
La scritta KV-05/19 riportata sul missile indica che l’arma è stata prodotta nel 2019 nella fabbrica statale di armi e munizioni Krušik di Valjevo, in Serbia, mentre la scritta EDePro suggerisce che il motore del missile è stato prodotto da un’altra azienda serba, EDePro di Belgrado.
Alcuni documenti di cui BIRN è venuto in possesso dimostrano che nel 2018 Krušik ha firmato un contratto con l’azienda Vectura Trans, legata al trafficante di armi Slobodan Tešić, per la fornitura di diversi armamenti, tra cui anche alcuni missili a lungo raggio dello stesso tipo di quello lanciato sulla città di Horadiz.
Nel 2017 gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni contro Tešić. Alla fine del 2019 Washington ha inserito nella sua lista nera anche l’azienda Vectura Trans, sostenendo che Tešić avrebbe usato questa azienda, fondata nel 2017, per aggirare le sanzioni statunitensi e continuare a vendere armi.
Nel 2018 Vectura Trans ha acquistato dall’azienda Krušik diversi armamenti, tra cui anche dieci missili G-2000 a lungo raggio per un ammontare complessivo di 34mila dollari. Stando ai documenti di cui BIRN è venuto in possesso, Vectura Trans ha acquistato questi missili con l’intento di esportarli in Armenia.
Doppio gioco
Alla domanda dei giornalisti di BIRN su chi abbia ottenuto l’autorizzazione per l’esportazione dei missili prodotti dall’azienda Krušik, dal ministero del Commercio hanno risposto che ci avrebbero fornito informazioni in merito, ma non lo hanno mai fatto. Nemmeno le aziende Krušik, Vectura Trans e EDePro hanno voluto rispondere alle domande di BIRN.
Alla fine di luglio di quest’anno il ministro del Commercio serbo Rasim Ljajić ha dichiarato che a partire dal 2017 le autorità serbe hanno rilasciato 19 autorizzazioni all’esportazione di armamenti verso l’Armenia, di cui 15 sono state rilasciate all’azienda Vectura Trans, 3 all’azienda Partizan Tech e una all’azienda statale Zastava Oružje. Anche l’azienda Partizan Tech è sottoposta a sanzioni da parte degli Stati Uniti per aver operato per conto di Slobodan Tešić.
Lo scorso 30 luglio il settimanale NIN ha riportato che pochi giorni dopo l’escalation del conflitto tra Armenia e Azerbaijan sul Nagorno Karabakh [il riferimento è all’escalation iniziata lo scorso 12 luglio, ndt] Vectura Trans ha esportato in Armenia alcune armi prodotte da tre fabbriche serbe di proprietà statale, tra cui anche Krušik.
Pur non essendoci alcun embargo sull’esportazione di armi in Azerbaijan e Armenia, la legge serba sull’esportazione e importazione di armi e attrezzature militari prevede che la richiesta per l’esportazione di armi – che deve essere accompagnata dal certificato di uso finale – debba essere respinta se le armi in questione possono “contribuire allo scoppio o al proseguimento di conflitti armati o di altro tipo nel paese dell’uso finale”.
Il caporedattore del portale Azeri Defence Rashad Suleymanov ha affermato che la Serbia ormai da anni vende armamenti all’Armenia, ma che il tipo di armi esportate in Armenia nel luglio di quest’anno suggerisce un ulteriore avvicinamento tra i due paesi.
“Si tratta di armi moderne, cioè di lanciarazzi multipli con un raggio d’azione molto ampio, e questo dimostra che la Serbia ha deciso di appoggiare l’Armenia e i separatisti [del Nagorno Karabakh]”, ha dichiarato Suleymanov a BIRN aggiungendo: “Serbia e Azerbaijan hanno buoni rapporti economici e politici, e i recenti fatti dimostrano che la Serbia fa il doppio gioco”.
Relazioni tra Belgrado e Baku a rischio
Nell’ultimo decennio i rapporti diplomatici tra Serbia e Azerbaijan si sono progressivamente rafforzati, partendo dall’inaugurazione di una statua dell’ex presidente dell’Azerbaijan Heydar Aliyev, collocata nel 2011 nel parco Tašmajdan a Belgrado. Sette anni dopo, nel maggio 2018, il presidente serbo Aleksandar Vučić e il suo omologo azero Ilham Aliyev, figlio di Heydar Aliyev, hanno sottoscritto un accordo di partneriato strategico e una serie di accordi commerciali.
Tuttavia, Baku non è rimasta indifferente di fronte al fatto che la Serbia vende armi all’Armenia.
Il Nagorno Karabakh si staccò dall’Azerbaijan nei primi anni Novanta con la dissoluzione dell’Urss e da allora è controllato da armeni. Dopo la conclusione della guerra [nel 1994], si sono verificate diverse recrudescenze degli scontri, ma l’attuale escalation è la peggiore degli ultimi anni.
Nel luglio di quest’anno il ministro degli Esteri azero Elmar Mammadyarov ha espresso il suo “profondo disappunto e perplessità” riguardo all’esportazione di lanciarazzi e altre armi serbe all’Armenia che, stando alle sue parole, sono state usate per attaccare la polizia azera.
Secondo quanto riportato dai media, il vice ministro degli Esteri azero Khalaf Khalafov ha fatto presente all’ambasciatrice serba a Baku Danica Veinović che il commercio di armi tra Serbia e Armenia “mette a repentaglio le relazioni amichevoli e la cooperazione tra i due paesi [Serbia e Azerbaijan] al più alto livello”.
Replicando a tali affermazioni, il ministro del Commercio serbo Rasim Ljajić ha dichiarato che nel 2020 solo alcune aziende private hanno esportato armi serbe verso l’Armenia, aggiungendo che, in ogni caso, Yerevan non è sottoposta a sanzioni di alcun tipo.
Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente Vučić, affermando che la Serbia ha venduto molte più armi all’Azerbaijan che all’Armenia.
“Sia l’Azerbaijan che l’Armenia sono nostri amici. Negli ultimi anni abbiamo venduto all’Azerbaijan una quantità di armi dieci volte superiore [a quella venduta all’Armenia]”, ha dichiarato Vučić.
Lo scorso 11 agosto, probabilmente con l’intento di riparare i danni, il ministro dell’Interno serbo Nebojša Stefanović si è recato in visita a Baku per discutere di “cooperazione in materia di sicurezza”.
Nonostante le sanzioni , gli affari delle aziende di Tešić
Slobodan Tešić, per anni considerato il più grande trafficante di armi nei Balcani, tra il 2003 e il 2013 figurava sulla lista nera dell’ONU per aver violato l’embargo sull’export di armi verso la Liberia.
Nel 2017 Tešić è stato sottoposto a sanzioni anche da parte degli Stati Uniti. Secondo il Dipartimento del Tesoro statunitense , “Tešić offriva, direttamente o indirettamente, bustarelle e sostegno finanziario ai funzionari”, sperando così di riuscire a concludere contratti per la fornitura di armi.
L’azienda Vectura Trans è finita sotto sanzioni perché “è di proprietà o è controllata [da Tešić], ovvero perché agisce o sostiene di agire, direttamente o indirettamente, per conto di Tešić”.
Nel 2019 il Dipartimento del Tesoro statunitense ha affermato che “Tešić ha utilizzato Vectura Trans per ottenere autorizzazioni all’esportazione, per concludere affari relativi al traffico di armi e per finalizzare contratti di compravendita di armi con un governo straniero”.
Tuttavia, queste rivelazioni e le sanzioni statunitensi non hanno dissuaso le autorità serbe dal continuare a fare affari con Tešić.
Secondo quanto riportato dal settimanale NIN, le aziende controllate da Tešić hanno acquistato armamenti dalla fabbrica Krušik a prezzi di favore.
La quota maggiore di capitale dell’azienda EDePro – che, insieme all’azienda Krušik, ha sviluppato il missile G-2000, presentato alla fiera delle armi di Abu Dhabi nel 2017 – è detenuta da soggetti privati. Fondata nel 1997, EDePro attualmente è gestita da Branislav Jojić, Milivoje Popović, Momčilo Šljukić e Slobodan Petković. Nel 2019 l’azienda statale Yugoimport-SDPR ha acquistato il 2% del capitale sociale di EDePro.
Nonostante sia registrata come azienda impegnata in attività di “ricerca e sviluppo nel settore tecnico e tecnologico”, EDePro ha ottenuto dal governo serbo la licenza di esportazione e importazione di armi e attrezzature militari.
Nel maggio del 2002 le autorità statunitensi rivelarono di avere prove che indicassero un coinvolgimento di alcune aziende jugoslave (cioè serbe e montenegrine) nel programma missilistico di Mu’ammar Gheddafi. Tra queste aziende c’erano anche Yugoimport SDPR, Brunner e Infinity.
Nel rapporto in questione Branislav Jojić, attualmente professore presso la Facoltà di Ingegneria meccanica di Belgrado e uno dei proprietari di EDePro, fu citato come rappresentate legale dell’azienda Yugoimport SDPR. In precedenza Jojić aveva lavorato nell’azienda Infinity ed è stato tra i fondatori dell’azienda Brunner, considerata come un precursore di EDePro per quanto riguarda lo sviluppo di nuove armi.
Un embargo sulle armi non vincolante
Nei primi anni Novanta l’OSCE aveva richiesto un embargo sulla fornitura di armi ai paesi coinvolti nel conflitto del Nagorno Karabakh. Quest'ultimo però è rimasto non legalmente vincolante e negli ultimi tre decenni molti paesi membri dell’OSCE hanno venduto armamenti sia all’Armenia che all’Azerbaijan.
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