Confermata la vittoria della coalizione "Per una Vojvodina europea" al secondo turno delle elezioni provinciali in Vojvodina. In calo i radicali e il partito del premier Kostunica. Il blocco europeista avrà la maggioranza assoluta in parlamento, con 64 seggi su 120
Nella Jugoslavia di Tito il 25 maggio era una data simbolica, il giorno in cui si festeggiava la "Giornata della gioventù", che coincideva con il compleanno dello stesso Maresciallo. I pionieri che 30 anni fa avevano partecipato alle parate che riempivano le vie e le piazze di tutte le città jugoslave, domenica scorsa si sono trovati ad affrontare la gara politica che potrebbe cambiare il loro futuro.
Il 25 maggio i cittadini della Vojvodina hanno partecipato infatti al secondo turno delle elezioni amministrative per l'Assemblea provinciale, dove si è deciso chi saranno i 60 deputati che comporranno la seconda metà dei seggi di governo della Vojvodina.
Dal 2004 si vota secondo un sistema assai complicato: la prima metà dei seggi è assegnata ai partiti che superano lo sbarramento del 5% (secondo il sistema proporzionale che raggruppa l'intera provincia in un unico seggio, mentre i 60 posti rimasti si attribuiscono con un maggioritario secco ai candidati che ottengono almeno il 50% + 1 voto per un totale di 60 seggi elettorali. Nell'Assemblea che conta 120 deputati ci sono poi alcuni posti riservati alle minoranze.
Secondo gli exit pool del Partito democratico DS (Demokratska stranka), la coalizione "Per una Vojvodina europea" composta dal DS e G17+ avrebbe ottenuto ben 41 seggi, mentre il Partito radicale SRS (Srpska Radikalna Stranka) ne ha presi soltanto 5; segue la Coalizione ungherese con 5, la coalizione del Partito democratico della Serbia DSS (Demokratska stranka Srbije) e della Nuova Serbia NS con 2, e infine il Partito socialista serbo SPS, la coalizione "Insieme per la Vojvodina", il Partito liberale democratico LDP e cinque diverse liste civiche hanno ottenuto un seggio ciascuno.
Se i risultati ufficiali, previsti al più tardi per giovedì 29 maggio, confermeranno le previsioni, il Partito democratico avrà la maggioranza assoluta con 64 deputati (23 seggi derivano dal sistema proporzionale) , mentre il SRS ne avrà 25, seguito dalla Coalizione ungherese con 9, la coalizione "Insieme per la Vojvodina" e la coalizione DSS-NS con 6 seggi ciascuno, 5 posti saranno destinati ai vari rappresentanti delle liste civiche, 4 per SPS e uno per LDP.
L'affluenza alle urne si è quasi dimezzata rispetto al primo turno quando ha votato oltre il 61% degli elettori, spinti soprattutto dall'importanza delle elezioni parlamentari avvenute in contemporanea. Anche se il diritto al voto è stato esercitato solo dal 34,92% degli iscritti nelle liste elettorali, questo dato non si discosta molto dal 38,45% dei votanti del 2004. Quello che cambia è senz'altro la struttura del voto.
Il DS ha ottenuto 20 seggi in più rispetto a 4 anni fa, il SRS, invece, ne ha persi 9. A questo fatto sicuramente hanno contribuito i risultati delle recenti elezioni parlamentari, dove il DS aveva vinto contro il SRS di quasi 10 punti. La recente vittoria della coalizione "Per una Vojvodina europea" ha spinto i suoi elettori, tradizionalmente molto meno "disciplinati" dei radicali, a presentarsi anche al secondo turno.
Al calo della popolarità del Partito radicale ha contribuito anche la recente dichiarazione del suo Segretario ufficiale Vojislav Šešelj, sotto processo al Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, con la quale chiedeva lo status di eroe nazionale per Zvezdan Jovanović, accusato di aver ucciso l'ex primo ministro Djindjić nel marzo 2003.
Tradizionalmente, il voto per i radicali si è concentrato soprattutto nelle zone periferiche, abitate dagli ex-rifugiati della Bosnia e della Croazia, mentre nelle regioni del Banato e della Bačka settentrionale hanno preso meno del 20% anche al primo turno.
Non dovrebbe sorprendere neanche l'altra "anomalia" nella distribuzione del voto in Vojvodina, assai diversa dal quadro nazionale: la scarsa fiducia verso il Partito democratico della Serbia, dell'uscente primo ministro Vojislav Koštunica. Per spiegarla, basta ricorrere alla semplice analisi linguistica dei suoi comizi politici: mentre il Kosovo rappresentava la base di ogni discorso, le poche volte in cui si parlava della Vojvodina, essa veniva definita, nella maggior parte dei casi, come "la provincia del nord della Serbia", insistendo in questo modo su un'ottica serbo-centrica e svalutando ogni ipotesi di maggiore autonomia regionale. Il livello dell'autonomia provinciale, fortemente limitato già dal 1989 da parte da Milošević, rischiava dunque nel programma proposto dal DSS di azzerarsi.
In ogni caso, la conclusione delle elezioni provinciali ha un peso importante. Ora l'avvio delle consultazioni per la creazione dei governi locali e si capirà quanto questi ultimi seguiranno o meno la linea delle future coalizioni nazionali.
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