Caffè letterario con Zograf sul battello (foto G. Vale)

Caffè letterario con Zograf sul battello (foto G. Vale)

Quarta ed ultima puntata del viaggio lungo il Danubio organizzato da Confluenze e ViaggieMiraggi. In quest'ultimo tratto di viaggio l'incontro con il noto fumettista serbo Aleksandar Zograf, l'attraversamento dei parchi fluviali e l'arrivo alle Porte di ferro

27/01/2020 -  Giovanni Vale

Saša Rakezić, in arte Aleksandar Zograf, guarda incantato lo scorrere placido del Danubio, un palmo poggiato sotto il mento e il corpo come appeso al parapetto del battello. Siamo ormai lontani dai centri abitati e sulle rive del grande fiume, dove latitano le persone, nidificano gli uccelli e pascolano le mucche. Sulla nostra imbarcazione che scivola lenta verso sud, ci sono lunghi momenti di silenzio in cui ognuno si ferma e, in solitudine, assapora il vento, il sole e un paesaggio che pare senza tempo. Zograf - forse il più famoso dei fumettisti serbi - conosce bene questi luoghi, lui che da sempre abita a Pančevo, una cittadina portuale a Est di Belgrado. "Sono nato e cresciuto in una città tra due fiumi, il Tamiš e il Danubio, quest’ultimo grande e imponente, capace di portarti molto lontano. Mi ricordo che fin da piccolo guardavo al Danubio come a qualcosa di misterioso e di significativo", racconta Zograf.

"Il fiume è un ottimo posto per meditare - prosegue il fumettista, collaboratore tra gli altri di Internazionale - basta concentrare la propria energia mentale sul Danubio e lui trova subito il modo per calmare i tuoi pensieri, forse anche per parlarti". È quello che stanno facendo i nostri compagni di viaggio, mentre noi chiacchieriamo guardando verso la riva. Siamo quasi alla fine del nostro lungo itinerario lungo il Danubio serbo, abbiamo attraversato la Voivodina, Belgrado, la Serbia rurale e ora ci avviciniamo alle Porte di ferro, la nostra ultima tappa al confine con la Romania. Questa navigazione, l’ultima e la più lunga, è dedicata interamente al grande fiume, ai suoi animali e alle sue piante e al suo essere da sempre limes, storica linea di confine, luogo di comunicazione, di incontro e di contaminazione culturale. È lo scenario ideale per parlare con Aleksandar Zograf.

Un fumettista danubiano

"Molte delle mie storie a fumetti riguardano le città danubiane, intrinsecamente legate a questo fiume. È qui che trovo la mia ispirazione e che cerco di capire come il Danubio abbia plasmato questi spazi nel corso dei secoli", spiega Zograf, ora seduto dietro a un tavolino appoggiato sul ponte del battello, il mitico e quasi centenario Kovin, patrimonio culturale della Serbia. A bordo si è ora organizzato un caffè letterario, una conversazione a ruota libera con il fumettista, mentre sullo sfondo scorrono paesaggi idilliaci. Zograf racconta i suoi inizi come giornalista negli anni Ottanta, gli esperimenti con il fumetto e le tematiche iniziali del sogno, del viaggio onirico. Poi, l’arrivo del nazionalismo e infine quello della guerra. "Negli anni Novanta, la realtà era diventata troppo drammatica per occuparsi solo di sogni - ammette Zograf - così ho cominciato a interessarmi alla vita dell’uomo comune. Volevo essere estraneo alla guerra".

Ma il conflitto ritrova Zograf proprio nella sua città natale. Nel 1999, Pančevo finisce tra gli obiettivi militari della Nato, per via della sua raffineria considerata un’infrastruttura strategica. Zograf inizia allora a scrivere le sue «Lettere dalla Serbia». Ogni giorno disegna, scannerizza e invia delle e-mail ad amici in tutto il mondo. "Pančevo era un posto noioso prima della guerra. Poi anche dall’Islanda mi scrivevano per dirmi: sei sulla prima pagina!", racconta Zograf con un filo di ironia. È l’inizio della sua carriera da disegnatore, i suoi fumetti raccontano la quotidianità di una città bombardata e del suo stesso lavoro, portato avanti tra mille ostacoli. "Mancava continuamente l’elettricità, non riuscivo a usare lo scanner e mandavo ogni sera una sola e-mail ad un amico che poi la inoltrava a tutti gli altri", ricorda il fumettista. Con gli anni 2000, iniziano le collaborazioni con i giornali e le riviste e lentamente Zograf scopre il tema del viaggio, "come tentativo per capire l’altro".

"Oggi viaggiare è molto semplice e non per forza costoso, ma paradossalmente, le persone oggi viaggiano molto poco. Anche quando vanno da qualche parte, ad esempio per le vacanze, si trovano in un ambiente sicuro, con l’obiettivo di rilassarsi e spendere il proprio denaro, piuttosto che capire il luogo in cui si trovano", spiega Aleksandar Zograf. Invece, secondo il disegnatore serbo, il viaggio dovrebbe essere "un modo per pensare a come vivono le altre persone, a come vedono il mondo, a cosa sperano…". È questo l’approccio che si ritrova nei suoi ultimi fumetti. "Sono reportage di viaggio", chiosa Zograf, "a volte mi preparo bene sui luoghi che mi appresto a visitare, ma altre volte lascio che le cose accadano da sole e che una città mi sveli da sola la sua storia, che poi trasformo in un fumetto". Il modo in cui stiamo viaggiando non è molto diverso. Alla traccia che seguiamo si aggiunge l’imprevedibile del momento, come il via vai dei motoscafi romeni sull’altra sponda, che annuncia l’avvicinarsi dell’ultima tappa del nostro viaggio.

Le Porte di ferro

Il paradiso dei cigni, la riserva naturale della Deliblatska Peščara che si getta nel Danubio all’altezza della fortezza di Ram, lascia ora il posto ad una chicane di strette, gole, curve improvvise e veri e propri tornanti d’acqua. Siamo alle Porte di ferro, il tratto più rabbioso del Danubio, che l’uomo ha finito per “domare” nel 1972, con la costruzione di una grande diga e centrale elettrica condivisa tra Romania e Serbia. L’acqua del fiume ne è risultata innalzata di 20 metri, con delle conseguenze che oggi paiono semplicemente assurde: villaggi inondati e ricostruiti più in alto, un’intera isola - la Ada Kaleh, un porto franco in mezzo al fiume abitato perlopiù da turchi - perduta per sempre e la stessa Tabula Traiana (realizzata agli inizi del II secolo all’epoca della conquista della Dacia da parte dell’imperatore Traiano) asportata con tutto il blocco di roccia e un tratto della strada romana innalzata di qualche decina di metri.

Vista sul Danubio alle porte di ferro (foto G. Vale)

Vista sul Danubio alle porte di ferro (foto G. Vale)

Questo luogo di scontro tra uomo e natura è ricco di contraddizioni e meraviglie, a cominciare dalla differenza tra la sponda serba e quella romena. Mentre noi proseguiamo il nostro viaggio sull’unica barca a disposizione del parco nazionale di Đjerdap (Đerdapska klisura è il nome serbo per le Porte di ferro), a est sfrecciano battelli e motoscafi di ogni tipo, segno di un turismo fluviale decisamente molto più sviluppato. Attraversiamo una dopo l’altra le gole che hanno per secoli reso molto pericoloso questo tratto del Danubio. Il primo restringimento porta il grande fiume ad una larghezza di appena 230 metri, qualche decina di chilometri più a sud, il grande kazan (dal turco “calderone”) è una strettoia larga appena 150 metri. Qui svetta il faccione, un po’ kitsch, di Decebalo, il re dei Daci nel I secolo. Statua che fu costruita negli anni Novanta, finanziata da un ricco romeno per la modica cifra di un milione di dollari.

Passato e futuro del Danubio

Il nostro ultimo attracco è in riva al fiume, lato serbo, a Donji Milanovac, dove ha sede l’amministrazione del parco nazionale di Đjerdap, un’area che ha attirato l’umanità da tempo immemore. Qualche chilometro più a nord c’è Lepenski Vir, un sito archeologico che visitiamo, culla di una civiltà mesolitica che viveva in riva al Danubio. Le sue statuette, oggi esposte in un modernissimo museo, rappresentano delle figure umane con testa di pesce. Il loro insediamento risale a quasi 10mila anni fa e anch’esso fu trasferito in blocco negli anni Settanta, prima dell’apertura della famosa diga. Da fonte di vita e forse anche di spiritualità, il grande fiume è diventato una forza che produce elettricità. Anche la navigazione fluviale è sparita, quella che aveva fatto la ricchezza della cultura di Vinča (VI-III millennio a.C), 200 km più a nord verso Belgrado.

"C’era un servizio pubblico sul fiume verso la capitale fino agli anni Ottanta, poi hanno costruito la strada", racconta Draško, pescatore e albergatore a cui dobbiamo una magnifica cena di pesca in riva al Danubio. Di pescatori - racconta - ce n’è sempre meno, sia perché il paese, Donji Milanovac conta oggi appena 2.400 abitanti, sia perché con la diga alcune specie sono sparite. "Non possono più fare tutto il percorso, la diga sbarra la strada", spiega Milan. E allora qual è il destino del Danubio in un momento in cui pare che l’uomo possa avere sull’ambiente un impatto come non ha mai avuto in migliaia di anni di storia? Cosa si può sperare nei prossimi decenni? Aleksandar Zograf, lo sguardo sul fiume, ripensa alle civiltà preistorica e non esita. "Spero che impareremo dai nostri antenati e che capiremo di nuovo l’importanza di questo fiume", risponde il fumettista, che conclude "il Danubio, in futuro, deve continuare ad essere quel mezzo di collegamento che unisce le persone da diverse parti dell’Europa".

Zograf

Per anni abbiamo pubblicato qui su OBCT le strisce di Zograf, qui raccolte


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