
Strasburgo, sede del parlamento UE - © olrat/Shutterstock
La mostra temporanea organizzata nella sede di Strasburgo dall'eurodeputato Stefano Cavedagna (Fratelli d'Italia) ha scatenato l'indignazione dei colleghi sloveni e croati per la "totale discrepanza" tra fatti e informazioni riportate
E allora le foibe? Non è certo una novità che gli eccidi del secondo dopoguerra nei territori della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia siano uno dei temi più divisivi in Italia e non solo. Ma lo scontro andato in scena al Parlamento europeo tra gli eurodeputati di Fratelli d'Italia e i colleghi sloveni e croati (socialdemocratici, liberali e Verdi) è forse la dimostrazione più evidente che - almeno sul piano politico - rimane ancora quasi impossibile un confronto non polarizzato, anche a 80 anni di distanza da quegli eventi.
"Potremmo parlare della riconciliazione, su cui abbiamo investito tanto, perché la realtà sul territorio è un'altra cosa rispetto a quella usata dalla politica", ha rivendicato l'eurodeputato sloveno Matjaž Nemec (S&D), mettendo in luce come in un momento delicato per la storia del continente le divisioni esacerbate sul passato possono avere un forte impatto: "Quando l'Ucraina è attaccata da Putin, quando la Groenlandia è sottoposta alle pressanti attenzioni di Trump, l'Europa è la nostra casa comune e dobbiamo badare l'uno all'altro, non commettere gli stessi errori dei nostri nonni".
La mostra contestata
A finire nell'occhio del ciclone è stata la mostra fotografica 'Foibe: Tragedia ed Esodo', organizzata dall'eurodeputato di Fratelli d'Italia Stefano Cavedagna nella sede di Strasburgo del Parlamento europeo. Un'iniziativa che lo stesso promotore aveva definito "un evento senza precedenti" in occasione dell'inaugurazione lo scorso 10 febbraio.
Già qualche settimana prima, tuttavia, erano emerse le prime preoccupazioni da parte di un gruppo di colleghi sloveni e croati, a causa del rischio di narrazione faziosa di una delle parentesi più tragiche e controverse del secondo dopoguerra europeo.
La polemica è però scoppiata solo dopo l'inaugurazione della mostra a margine della sessione plenaria, quando nove eurodeputati hanno inviato una lettera alla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, per chiedere la rimozione dei pannelli espositivi.
"È abbastanza chiaro che esiste una totale discrepanza tra i fatti e le informazioni riportate nei pannelli esposti, nonché una rappresentazione falsa ed estremamente dannosa della storia recente di Slovenia, Italia e Croazia", si legge nel documento, che ricorda come l'antifascismo sia "il fondamento dell'Europa libera e sovrana di oggi".
L'accusa è di "strumentalizzazione" del tema degli eccidi delle foibe per "interessi politici, incuranti dei danni catastrofici causati dalla manipolazione dei fatti storici", con l'obiettivo più ampio di "dividere le persone e consolidare politiche motivate da ideologie".
Come ha spiegato l'eurodeputato sloveno Nemec, "vengono usati numeri non reali". O ancora, in una realtà multietnica quale era stata precedentemente sotto l'Impero austro-ungarico, "non si citano i 23 anni di fascismo" che ha "soffiato sulle tensioni tra popoli che avevano condiviso il territorio per centinaia di anni". Ma soprattutto, "parliamo di una zona molto sensibile anche oggi", ha ricordato il primo firmatario della lettera, ricordando il fatto che "i Balcani sono multietnici e dobbiamo fare molta attenzione quando parliamo della nostra storia comune".
Lo scontro con la destra italiana
Inevitabile la polemica della destra italiana al Parlamento europeo, che ancora una volta ha dimostrato che, quando si parla di foibe come fatto storico, il dibattito si sposta immediatamente sul piano dello scontro politico, con appellativi che spesso stonano con la realtà contemporanea.
"Le foibe sono una tragedia italiana ed europea, e non saranno pochi nostalgici filo-titini a condannarle nuovamente all'oblio", è stato l'attacco del capo-delegazione di Fratelli d'Italia, Carlo Fidanza.
Sulla stessa linea Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo dei Conservatori e riformisti europei (ECR), di cui il partito di Giorgia Meloni fa parte. "Pensavamo che il dolore e le sofferenze di migliaia di italiani del confine orientale, causati dalle violenze dei comunisti titini, fossero una pagina di storia acquisita alla memoria comune", ha commentato l'eurodeputato italiano, accusando i colleghi "del gruppo socialista" (anche se il fronte contrario alla mostra è ben più ampio) di "mettere in discussione tutto questo".
In risposta alle accuse dei colleghi italiani, non ha risparmiato un ulteriore affondo lo sloveno Nemec. "Si tratta di un tema molto sensibile, che parla di un'Europa di altri tempi", mentre "dovremmo avere rispetto delle vittime del dopoguerra, questo nessuno le nega". Eppure è evidente che una certa narrazione nazionalista tenda a escludere "sloveni, serbi, croati e tedeschi" dalla tragedia che ha avuto luogo sul territorio ex-jugoslavo. "È un evento che va raccontato nel modo giusto, come il rapporto della Commissione italo-slovena del 2000 fatto con tanta attenzione", ha aggiunto Nemec.
I rischi per l'Europa
C'è però un punto che va oltre il solito, sterile scontro politico, ed è un'accusa durissima contenuta nella lettera. "È del tutto scandaloso che una minoranza di individui, spinti dall'intenzione di dividere e apparentemente anche di incitare all'odio, abbia la possibilità di dimostrare manipolazioni nell'istituzione centrale dell'Unione europea", ovvero l'Eurocamera.
In altre parole, secondo i nove eurodeputati sloveni e croati, il tema delle foibe è solo una foglia di fico dietro cui si nasconderebbero "nuovi tentativi di smantellamento dei postulati fondamentali dell'UE", a partire dalla protezione dei valori di pace e rispetto reciproco, "cosa possibile solo riconoscendo le verità storiche". Tra queste, la nascita del progetto europeo a partire dalla sconfitta del nazi-fascismo con il suo obiettivo totalitario e di annullamento della convivenza inter-etnica sul continente.
Il modello a cui si dovrebbe guardare, al contrario, è quello della "convivenza pacifica e rispetto" di Nova Gorica-Gorizia Capitale Europea della Cultura 2025. Un progetto che, "soprattutto in un periodo di numerose provocazioni", mostra come sia concretamente possibile "unirci nel nostro impegno risoluto a prendere sempre la direzione del futuro, della coesistenza pacifica e del rispetto", ricordano i nove eurodeputati.
Un messaggio confermato dai presidenti dell'Italia, Sergio Mattarella, e della Slovenia, Nataša Pirc Musar, che, partecipando insieme alla cerimonia di apertura della Capitale Europea della Cultura 2025, hanno dimostrato che le divisioni del passato, gli scontri politicizzati del presente e i rischi per il futuro europeo possano essere superati attraverso il dialogo e l'abbandono delle sirene della propaganda nazionalista.
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