Tra figure in ascesa e personaggi in disgrazia, le cosiddette repubbliche separatiste di Lugansk e Donetsk, federate nella Novorossija, sono un campo di battaglia non solo contro l’esercito di Kiev ma anche al loro interno. Una nostra analisi

24/07/2014 -  Danilo Elia

A voler dire chi guida le repubbliche separatiste tra i personaggi che le affollano si rischia solo di fare un nome già bruciato. Quello che è certo è che l’avvicendamento al potere in corso dietro l’impenetrabile cortina fumogena delle istituzioni delle autoproclamate repubbliche non è ancora terminato.

La Luganskaja Respublika (Lnr) sembra aver avuto fin qui una storia non molto tormentata. Al suo comando c’è sembra saldamente ancorato il “governatore” Valery Bolotov, ma non è detta l’ultima parola. Bolotov è già scampato a un tentativo di assassinio agli inizi di maggio. Inoltre il suo potere sembra in qualche maniera monco, visto che il suo comandante militare, Aleksej Mozgovoj, risponde anche alla Donetskaja Respublika (Dnr), l’altro stato della Novorossija.

Chi comanda nella Dnr è più difficile dirlo. Solo qualche giorno fa avremmo scritto di Denis Pušilin, figura sempre più in vista e “presidente del parlamento” della Dnr. Con i suoi blazer blu elettrico, l’immagine di Pušilin strideva con la folla in mimetica che lo attorniava. A capo del movimento separatista di Donetsk sin dalla prima ora, lo abbiamo visto più volte andare a Mosca a colloquio con personaggi del calibro, e della fatta, dell’ultranazionalista Žirinovskij (per intenderci, quello che alcuni mesi fa aveva fatto il giro della stampa mondiale per aver ordinato ai suoi gorilla di stuprare sul posto una giornalista incinta che gli aveva fatto una domanda scomoda durante una conferenza stampa). Dopo essere sopravvissuto ad almeno due tentativi di farlo fuori, Pušilin sembrava scomparso dalla circolazione sin dall’arrivo a Donetsk delle truppe fuggite da Slovjansk, agli inizi di luglio. Il giorno dopo l’abbattimento del volo Malaysian Airlines MH17, con una lettera inviata da Mosca al parlamento della Dnr, Pušilin ha rassegnato le proprie dimissioni, uscendo mestamente dalla scena di Novorossija.

Il colonnello

Non dev’essere un caso che la scomparsa di Pušilin sia coincisa con l’ingresso in città del colonnello Igor “Strelkov” Girkin. Comandante supremo delle forze separatiste, “ministro della difesa” sia della Dnr che della Lnr, Strelkov è spesso indicato come un “signore della guerra”. Il suo passato è oscuro, ma molte voci lo individuano nel Gru, il servizio segreto militare russo. Asserragliato per mesi nella roccaforte di Slovjansk, era stato lui a liquidare personalmente un altro dei capipopolo della prima ora, il “sindaco del popolo” di Slovjansk, Vyačeslav Ponomarëv. “L’ho fatto arrestare per attività incompatibili con la rivoluzione”, aveva scritto Strelkov sulla sua pagina Vkontakte. “Per ora non posso dire di più”. Da allora non si hanno più notizie di Ponomarëv, e c’è chi scommette che sia morto.

Strelkov è uno che si porta avanti col lavoro. Prima ancora del suo arrivo a Donetsk aveva fatto fare un po’ di pulizia tra i separatisti in città. Una mattina i ceceni del Batalion Vostok, allora sotto il comando del maggiore Aleksandr Khodakovsky (uno dei capi delle forze speciali incaricate da Janukovič di liberare la Maidan nei giorni della rivoluzione), hanno occupato la sede del governo regionale, già occupata dai separatisti, e hanno arrestato gran parte dei suoi componenti. Quando Strelkov è entrato a Donetsk, poi, ha preso il comando del Batalion Vostok e Khodakovsky si è dovuto rintanare con un manipolo di uomini nel sobborgo di Makayevka. Si è anche beccato un’accusa di ammutinamento da Aleksander Dugin, l’ideologo ultranazionalista russo mentore di Novorossija. Ancora a metà luglio, però, Strelkov ha detto che Khodakovsky continua a essere al comando del Batalion Vostok.

Vecchi compagni

Il braccio politico di Strelkov è un suo vecchio compagno e commilitone, Aleksander Borodai. Ricopre la carica di “primo ministro” della Dnr e, dall’uscita di scena di Pušilin, sembra aver dismesso le polo e averne ereditato le giacche. Anche il passato di Borodai è avvolto nel mistero: dice di sé di essere un politologo ed esperto di conflitti, e di aver combattuto la guerra di Transnistria nel 1992 insieme a Strelkov. Non è uno dei separatisti della prima ora, ma la sua figura ha subito un’ascesa rapida e – a quanto sembra – non ancora giunta al suo apice. La sua carica, nella confusione di ruoli e istituzioni, sembra accavallarsi con quella di uno dei fondatori della Dnr, il “governatore” Pavel Gubarev. Lo abbiamo visto difendere goffamente l’esercito separatista dalle accuse dell’ideologo dell’ultrasinistra russa Sergej Kurginjan e girare sotto scorta tra i resti del volo Malaysia. Separatista della prima ora, Gubarev fu arrestato dai servizi di sicurezza di Kiev (Sbu) a marzo e poi liberato in uno scambio di prigionieri (secondo altri, durante un attacco dei miliziani alla sede dell’Sbu dov’era detenuto). I due mesi trascorsi in carcere segnarono l’ascesa di Pušilin, e al suo ritorno dovette faticare un po’ per riconquistare un ruolo e, secondo alcuni, non avrebbe mai recuperato il potere di cui godeva in precedenza. L’ascesa di Borodai non gli ha reso certo le cose più facili, né le recenti dimissioni di Pušilin sembrano essergli venute in aiuto. Nelle più recenti occasioni di rilievo, come la consegna delle scatole nere del volo MH17 ai malesi, di Gubarev non c’era nemmeno l’ombra. È presto per dirlo, ma potrebbe aver già intrapreso la china verso l’uscita di scena.

Un nuovo personaggio

C’è qualche segnale in questo senso. Per esempio, il 9 luglio Strelkov e Borodai hanno tenuto una conferenza stampa senza di lui, in cui hanno tirato fuori dal cilindro un nuovo personaggio, immediatamente nominato “vice primo ministro”. Si tratta di Vladimir Antjufeev, un altro amico di vecchia data dei due. All’epoca della caduta dell’Urss e delle prime rivolte nei Paesi Baltici Antjufeev era a capo delle forze speciali sovietiche a Riga (Omon) ed è ritenuto responsabile degli scontri con i manifestanti del 1991. Ricercato dalla polizia lettone, fece perdere le sue tracce in Russia per poi riapparire sotto falso nome in Transnistria, dove ha ricoperto per anni la carica di ministro della Sicurezza con il presidente Igor Smirnov, prima di essere rimosso dal nuovo presidente Evgenij Ševčuk. Per questo è anche ricercato dalla polizia moldava. Oltre ad avere un passato comune legato a un altro conflitto separatista guidato da Mosca tutti e tre, Strelkov, Borodai e Antjufeev, sono cittadini russi, e non ucraini. “Anzi, c’è di peggio”, ha detto Strelkov durante la conferenza stampa, “non solo russi, persino moscoviti”.


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