Macedonia, cadono le prime teste
13 maggio 2015
Dopo l'incontro di ieri a Skopje tra gli ambasciatori di vari paesi occidentali – che chiedevano responsabilità politica rispetto alla crisi in corso - e i rappresentanti politici macedoni, sia del governo che dell'opposizione, oggi sono arrivate le reazioni visibili con alcune dimissioni eccellenti.
A rassegnare il proprio mandato nelle mani del premier Nikola Gruevski (VMRO-DPMNE) sono stati alcuni dei personaggi politici maggiormente coinvolti nello scandalo intercettazioni, che da mesi scuote la Macedonia: il ministro dell'Interno Gordana Jankulovska, quello dei Trasporti Mile Janakievski nonché il capo dei servizi segreti (e cugino di Gruevski) Sašo Mijalkov.
I tre dimissionari fanno parte del circolo delle persone più vicine a Gruevski, dal quale sono stati associati alla gestione del governo fin dal 2006.
Il premier ha già accettato le dimissioni, ed ha avanzato la proposta di nuovi nomi che dovrebbero essere approvati nella sessione di oggi del parlamento macedone. Agli interni dovrebbe salire Mitko Čavkov, oggi a capo dell'Ufficio di sicurezza pubblica, ai Trasporti Vlado Misajlovski, che oggi dirige l'azienda pubblica che gestisce la rete stradale.
Da parte sua il leader dell'opposizione socialdemocratica, Zoran Zaev, ha già dichiarato che le dimissioni dei ministri non bastano, e che l'obiettivo resta “la fine di Gruevski”. Le proteste che hanno scosso il paese per il momento sono sospese, ma la tensione resta alta.
Intanto, continuano ad emergere nuovi particolari sullo sconto armato di Kumanovo, che lo scorso sabato ha provocato 22 morti e 37 agenti feriti. La polizia macedone ha postato nuovi materiali video su alcune fasi della battaglia.
Moltissime domande sulla gestione dell'operazione, sulla identità e motivazioni alla base del gruppo armato restano però inevase. E c'è chi non nasconde l'ipotesi dell' “inside-job” per distrarre l'opinione pubblica in un momento tanto delicato per il governo.
I cittadini macedoni, di tutte le etnie, hanno già fatto capire che stavolta non sarà facile trascinarli in uno scontro fratricida. I rischi però restano tanti, e la strada della Macedonia verso stabilità e piena democrazia appare ancora lunga.
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