La pandemia Covid-19 sta impattando in maniera significativa sulla stabilità della regione e sul programma di allargamento dell’Unione Europea. Questo è quello che sostengono gli esperti del Weimar Plus Working Group che anche quest’anno si sono riuniti per fare il punto sulla situazione socio-economica e politica nei Balcani occidentali.
Si è tenuto ieri, lunedì 10 maggio, il Consiglio degli Affari Esteri presieduto dall’Alto Rappresentante dell’Unione per la politica estera e la sicurezza Josep Borrell. Il Consiglio, riunitosi a Bruxelles, ha affrontato fra le tematiche principali la questione dei Balcani occidentali, definita una priorità, in cui sono stati discussi gli elementi necessari per procedere all’allargamento nella regione.
Una recente analisi dell'agenzia Onu UNFPA, firmata dalla ricercatrice Alida Vračić e dal giornalista Tim Judah, evidenzia come la pandemia abbia aperto inaspettate opportunità per le aree rurali, anche nel sud-est Europa.
Era già accaduto nel 2008. Quell'anno la Slovenia durante il suo mandato alla presidenza dell'Ue, era riuscita a negoziare un compromesso sulla liberalizzazioni dei visti per i Balcani occidentali.
È trascorso ormai più di un anno dall'avvio della pandemia da Covid-19 e molto è cambiato tanto nelle nostre vite quanto nelle dinamiche globali. Ma – si chiede la ricercatrice Senada Šelo Šabić in un paper pubblicato per la Friedrich-Ebert-Stiftung nel gennaio 2021 – ha impattato in qualche modo sulla politica estera degli stati del sud-est Europa?
Nel sud-est Europa gli appuntamenti elettorali vengono spesso percepiti come mera formalità democratica per – di fatto - confermare alla guida sempre le stesse élite. Secondo le ricercatrici Tena Prelec e Jovana Marović – autrici per conto di BiEPAG del report No longer voting for the devil you know? - le ultime elezioni tenutesi nella regione mettono però in discussione questa convinzione.
Nel 2018, il CEPS , un think tank con sede a Bruxelles che si occupa di affari europei, decise di realizzare uno studio di comparazione tra i paesi dei Balcani e quelli che, ad est, avevano sottoscritto un Accordo di associazione con l'Ue (Ucraina, Georgia e Moldavia) per verificare il loro progressivo allineamento alle normative Ue.
I momenti in cui coloro che hanno limitate possibilità di partecipazione politica alzano la loro voce, spesso si traducono in opportunità di cambiamenti sociali e politici. Le proteste non-violente si sono dimostrate spesso uno strumento legittimo per il miglioramento della società e per portare avanti la transizione democratica di un paese.
Tredici anni dopo la separazione del Kosovo dalla Serbia, i due paesi restano bloccati nel reciproco non riconoscimento, con effetti deleteri per entrambi. Secondo un recente rapporto dell'International Crisis Group le due parti devono andare oltre i dettagli tecnici dei negoziati per affrontare le questioni principali nella loro relazione: l’indipendenza di Pristina e l’influenza di Belgrado sulla minoranza serba del Kosovo.