© Fotokon/Shutterstock

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Le crescenti pressioni politiche e finanziarie minacciano l'indipendenza e l'autonomia editoriale di molti media in Serbia. Abbiamo intervistato Irina Milutinović, ricercatrice senior presso l'Istituto di Studi Europei di Belgrado e co-autrice del rapporto sulla Serbia del Media Pluralism Monitor 2023

13/06/2024 -  Serena Epis

Nel capitolo dedicato alla Serbia del Media Pluralism Monitor 2023 , si legge che l'indipendenza editoriale è una delle aree in cui la Serbia registra i rischi più elevati. Quali sono le principali minacce all'autonomia editoriale nel Paese? 

I giornalisti subiscono varie forme di pressione, soprattutto di natura politica e finanziaria. I capiredattori e direttori indipendenti in Serbia sono un'eccezione, piuttosto che la regola. Di solito sono nominati dai proprietari dei media, che scelgono tra i loro fedeli in modo da poter controllare il lavoro dei giornalisti dall'interno attraverso meccanismi di censura “morbida”. 

Le minacce legali rappresentano una fonte costante di pressione, così come le campagne diffamatorie spesso avviate da autorità e rappresentanti pubblici e che prendono di mira soprattutto i giornalisti investigativi o critici del governo, etichettandoli come nemici del Paese. 

Le pressioni politiche vengono esercitate anche attraverso il condizionamento economico: la pubblicità e i sussidi statali diretti sono spesso assegnati attraverso meccanismi politicamente distorti e non trasparenti. I media filogovernativi sono i maggiori beneficiari di questo tipo di sostegno, compresi i tabloid, nonostante spesso non rispettino il codice deontologico. 

Infine, la grande maggioranza delle emittenti televisive e radiofoniche, così come della carta stampata, appartiene a società che sono sotto il controllo diretto o indiretto di soggetti vicini al partito al potere.

Che impatto ha tutto ciò sulla professione dei giornalisti e sulla qualità del loro lavoro? 

Innanzitutto, vorrei sottolineare che il mercato dei media in Serbia è altamente concentrato e polarizzato: i media filogovernativi sono più grandi, più numerosi e più influenti, mentre quelli più critici hanno una copertura minore e un'influenza pubblica proporzionalmente più debole. Inoltre, i media filogovernativi tendono a strumentalizzare le questioni di interesse pubblico per favorire la dialettica del “noi contro di loro”, dove con “noi” si identificano solitamente i patrioti, mentre  con “loro” i traditori. 

Un'altra caratteristica importante del panorama mediatico è lo scarso pluralismo dei contenuti, in quanto la maggior parte dei media tende ad adottare e sostenere l'agenda politica del governo senza alcun approccio critico. Le voci critiche rimangono quindi emarginate e perdono la capacità di contribuire ai processi democratici: non c'è dibattito né trasferimento dal basso delle loro proposte rispetto alle decisioni del governo. 

Questa situazione influisce sulla fiducia dei cittadini nel settore? 

In generale, i cittadini mostrano bassi livelli di fiducia nei media. L'alfabetizzazione mediatica in Serbia non è buona. La maggior parte dei cittadini che vivono in zone meno centrali subisce una forte influenza da parte dei media filogovernativi. L'emittente pubblica RTS ha grande influenza ed è percepita come il media più affidabile del Paese. 

Negli ultimi tempi, notiamo un numero sempre più grande di persone che si informano attraverso le piattaforme online. A questo proposito, è importante notare che lo spazio digitale in Serbia è caratterizzato da comunicazioni aggressive, minacce e insulti, e il numero di attacchi online ai giornalisti è aumentato, soprattutto attraverso i social network. 

Inoltre, negli ultimi anni sono stati aperti nuovi portali internet senza una regolare registrazione: la maggior parte di essi non pubblica il colophon, quindi non si sa chi li finanzi e chi ne sia il proprietario. Un grosso problema è che questo tipo di portali agiscono come principali diffusori di disinformazione e notizie false. 

D'altra parte, alcuni media digitali sono diventati i veri motori di voci alternative. Questi portali si occupano solitamente di giornalismo investigativo e analitico, offrono punti di vista diversificati e danno spazio a voci e argomenti che non si trovano nei media tradizionali, come la corruzione o la criminalità interna, i problemi delle comunità locali, i diritti umani, l'ecologia, ecc. Sono meno esposti alle interferenze politiche, quindi hanno un maggiore potenziale per funzionare come piattaforme per il dibattito democratico.

Nell'ambito del processo di integrazione nell'UE, la Serbia deve allinearsi alle norme comunitarie, comprese quelle sulla libertà dei media. Come valuterebbe il quadro giuridico del Paese per quanto riguarda il settore dei media?

Nell'ottobre dello scorso anno, l'Assemblea nazionale serba ha introdotto due nuove leggi sui media: la Legge sull'informazione pubblica e sui media e la Legge sui media elettronici, le cui disposizioni mirano ad attuare gli obiettivi della Strategia sui media adottata nel 2020. 

Vanno segnalati alcuni sviluppi positivi. Ad esempio, la Legge sull'informazione pubblica e i media regolamenta in modo più dettagliato il processo di cofinanziamento dei media e gli aiuti di Stato. Per quanto riguarda la Legge sui media elettronici, essa introduce alcune disposizioni che potenzialmente rafforzano l'indipendenza dell'Autorità di regolamentazione dei media elettronici (REM) e altre che prescrivono un processo più trasparente per l'assegnazione di fondi pubblici.

Tuttavia, non tutte le disposizioni delle nuove leggi sono armonizzate con la Strategia sui media e con la Direttiva sui servizi di media audiovisivi dell'UE.

Riguardo l'indipendenza editoriale, ad esempio, particolarmente preoccupante è il ritorno dello Stato nella proprietà dei media. Secondo la Legge sull'informazione pubblica e sui media, le società statali possono finanziare o acquisire organi di stampa. Una pratica vietata dalla stessa Strategia per i media, che al contrario riconosce che l'eliminazione di ogni forma di partecipazione statale nella proprietà dei media è un fattore chiave per il miglioramento della libertà dei media nel Paese. 

Ritiene che il processo di integrazione nell'UE abbia un impatto positivo sulla tutela della libertà dei media nel Paese?

È difficile dirlo. È vero che il governo intraprende occasionalmente alcune riforme normative come parte del processo di adesione all'UE. Ma in pratica, le norme adottate vengono gradualmente ignorate, per cui il partito al potere riesce a trovare il modo di mantenere e persino rafforzare il proprio controllo su quasi tutto il panorama mediatico.

Nel complesso, ritengo che la situazione odierna non sia migliore rispetto, ad esempio, a dieci anni fa, quando è iniziato formalmente il processo negoziale. Penso che l'UE dovrebbe riconoscere onestamente che il governo serbo ha raggiunto i limiti della sua volontà di far avanzare la Serbia lungo il percorso di adesione all'UE.

Anche se non prendiamo in considerazione il Kosovo o la questione delle sanzioni alla Russia, lo Stato di diritto e la libertà dei media in Serbia sono considerate aree problematiche che hanno bloccato l'apertura di nuovi cluster negoziali.

Le istituzioni sono controllate  dal principale partito di governo e dal Presidente stesso. A questo punto, riconoscere che il modello attuale è insostenibile se la Serbia vuole avvicinarsi all'adesione all'UE sembra essere il primo passo.

A tal proposito, l'UE dovrebbe sviluppare relazioni più forti con i principali partiti di opposizione in Serbia, inviando ai cittadini serbi il segnale che in Serbia ci sono altri importanti attori e partner politici e che l'élite al potere non può continuare a fingere di mantenere la Serbia sul percorso di adesione all'UE.

 

Questa pubblicazione è il risultato delle attività svolte nell'ambito del Media Freedom Rapid Response e di ATLIB - Transnational Advocacy for Freedom of Information in the Western Balkans, un progetto cofinanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Le posizioni contenute in questa pubblicazione sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni delle istituzioni co-finanziatrici.


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